di Giancarlo Chiarucci
Il tempo, solo il tempo darà la ragione a chi oggi la cerca in questo teatro dell’assurdo, dove è permesso offendere ma non restarsene offesi, demoralizzati, delusi, schifati. È il tempo l’unica arma che prevarrà, l’unico strumento che – inviso alle democratiche dittature che oggi qualcuno vanta di difendere – si imporrà con tutta la propria prepotenza, la propria democrazia e la propria giustizia davvero uguale per tutti.
Non è aver impedito un governo scomodo, non è aver reso instabile un Paese già di per sé traballante quanto un sabato sera, non è l’inammissibile giudizio di direzione politica del presidente della Repubblica; è che tu, popolo, non puoi decidere per cose più grandi di te. È atroce, cinica, crudele la sentenza, ma questa è, nient’altro. Ed è a questo punto che viene da soffermarsi su un aspetto triste e demoralizzante: chi difende Sergio Mattarella, chi ne difende il ruolo istituzionale, chi ostenta l’ennesimo hashtag palesando la propria vicinanza al Presidente, urlando ai propri follower un tanto compiaciuto quanto stravagante #IostoconMattarella, perde la grandiosa opportunità di domandarsi: ma Mattarella sta con me?
Se l’incubo di un governo populista, ignorante, incompetente, burino, cafone, pericoloso e stranamente votato è finalmente svanito permettendovi di dormire notti serene – o al massimo un po’ agitate per il finale di quella serie tv, che dà un tocco di nuovo intellettualismo -, una volta svegli resta l’incubo del come tutto ciò sia avvenuto. E di quel come ne siamo vittime tutti. Perché se il come può essere tollerato (a seconda del destinatario), allora siete fuori strada, fuori luogo e fuori dal vostro tempo. Fate parte dei mediocri, di quelli che chiudono un occhio e ridono sgraziatamente quando l’ingiustizia li favorisce, sempre pronti però a dichiararsi fraintesi quando il tempo torna ad aggiustare il tiro.
Non c’è da star felici certo ma neanche preoccupati. Ciò che è appena accaduto è il canto del cigno degli anni 90, di un sistema di potere consolidato negli uffici pubblici, dove chi sa già di avere la pensione non sa inviare un’email; nelle televisioni, nelle radio, nei giornali, dove fa carriera chi rinnega l’etica della propria professione; nelle aziende private, dove la precarietà del lavoratore è un qualcosa a cui brindare; nelle strade, dove la furbizia resta una virtù.
È un sistema con le spalle al muro, che ha dovuto scoprire tutte le proprie carte mostrandosi per ciò che è sempre stato. È il sistema che è stato criticato, odiato, combattuto, fin quando (che lo accettiate o meno) un volgare comico con un gruppo di ignoranti cittadini è riuscito a colpirlo nei suoi punti vitali, dando a chi ha vera e sana passione politica nuovamente la voglia di avere un’idea, seppur contraria, e dando un nuovo lavoro da cercarsi a chi ha sempre e solo avuto interessi politici .
Se foste solo un pizzico meno impegnati a fare ironia con i vostri meme e a difendere (per pigrizia) posizioni di puro pregiudizio ideologico, vi accorgereste – ci accorgeremmo – che siamo vicini e che finalmente in Italia si è tornati ad avere una politica, un dibattito, un sentimento che dà al tempo una nuova speranza e agli anni 90 un’unica certezza: quella di essere finiti.
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