Pierre Moscovici, responsabile degli Affari economici, ha smentito l'indiscrezione che esistano "piani B" per gestire un'eventuale uscita dell'Italia dall'euro: "Voci infondate e inopportune. Non devono esserci piani che contraddicano la democrazia". Ma dalla Germania arrivano altri attacchi: l’eurodeputato Csu Markus Ferber evoca la Troika a Roma per "prendere in mano il bilancio"
“Quello che è chiaro è che la democrazia deve avere l’ultima parola, non devono esserci piani qui o là che contraddicano la democrazia. Sono gli italiani che decideranno del loro destino e naturalmente noi rispettiamo tutti il posto dell’Italia come fondatore dell’Europa e come Paese al cuore della zona euro”. L’ultima parola sul “caso Italia” che negli ultimi giorni ha agitato mercati e cancellerie è del commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici. Che non solo sconfessa la famigerata frase di Gunther Oettinger sui mercati che ci “insegneranno come votare“, ma soprattutto si affretta a smentire le affermazioni dell’economista tedesco Daniel Gros. Mercoledì il direttore del think tank di Bruxelles Ceps ha detto all’AdnKronos che la Germania sta già preparando un “piano B” per “isolare e proteggere dal contagio” i Paesi più esposti nel caso l’Italia uscisse dall’euro.
“Il procedimento democratico”, ha aggiunto Moscovici, “è tuttora in corso in Italia e vedremo quando e in che cosa risulterà. Sarebbe inammissibile speculare e ancora di più interferire. Vorrei ricordare qualche dato economico per tirare il collo a queste voci, che io ritengo infondate e inopportune. L’economia italiana emerge da un lungo periodo di crisi: c’è la crescita, prevediamo un calo della disoccupazione quest’anno e il prossimo. Il debito pubblico è su una traiettoria discendente, anche se in misura modesta: questi sono dei miglioramenti veri, che riflettono gli sforzi che sono stati dispiegati dai cittadini e dalle imprese italiane nel corso degli ultimi anni. Bisogna concentrarsi su questi fatti, piuttosto che speculare”. Sullo sfondo restano “le sfide che l’Italia ha di fronte”, che “sono ben note: ridurre il debito pubblico, stimolare la produttività per migliorare la competitività, dare speranze ai giovani e in particolare rimarcare una solidarietà con il Sud del Paese. Ci sono delle frustrazioni, e bisogna comprenderle; c’è della collera, bisogna ascoltarla”.
“Siamo pronti come Commissione europea”, ha poi ribadito, “a lavorare con i nuovi interlocutori quando entreranno in carica: è la nostra intenzione, come con tutti i governi dell’Ue”. Questo perché “è evidente che quello che succede in Italia ha un’importanza capitale per l’Ue, per l’Eurozona, per gli investitori, per il mondo intero: Valdis (Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, ndr) andrà al G7 e l’Italia ne è un membro importante. In questo contesto speculare è più che assurdo: è inammissibile. Non c’è alcun dubbio sul fatto che l’Italia è un grande atout per la zona euro. Dunque – conclude – è la democrazia che deve prevalere, e solo lei. E’ la nostra legge comune”. Dombrovskis ha confermato che Bruxelles “rispetta” i tempi di formazione del governo: “In questa fase non ci impegniamo in alcuna speculazione o in discussioni su ‘che cosa succederebbe se…’ Quello che esamineremo sono le proposte del nuovo governo, che dovranno essere presentate nella forma del programma di stabilità e, potenzialmente, di documento programmatico di bilancio per il 2019”.
Dalla Germania però le speculazioni verbali non si fermano, tutt’altro. L’eurodeputato del partito cristiano sociale bavarese Csu, Markus Ferber, ha affermato che “il peggiore scenario possibile sarebbe che l’Italia non fosse più in grado di pagare perché nessuno gli dà più credito, allora in quel caso la Troika dovrebbe invadere Roma e prendere in mano il bilancio e il ministero delle Finanze. Nel caso dell’Italia – ha proseguito Ferber – si parla di duemila miliardi di debiti, il che farebbe saltare in aria le nostre possibilità in Europa”.
In compenso il ministro tedesco per l’Economia Olaf Scholz non si prefigura il rischio che le prossime elezioni italiane si trasformino in una sorta di referendum sulla permanenza di Roma all’interno della valuta unica. In un’intervista a Reuters, il ministro risponde “No, non mi preoccupa” alla domanda sul timore che il nuovo voto equivalga a una consultazione popolare sull’euro. Scholz ricorda che l’Italia è tra i paesi fondatori dell’Unione e giudica la maggioranza dei cittadini italiani a favore della moneta unica, chiedendo alla zona euro uno sforzo per consolidare l’unione monetaria a dispetto della situazione politica italiana.