di Marco Gigante
Il veto opposto dal presidente Mattarella al governo M5s-Lega scombussola da giorni lo scenario politico italiano. Da una parte si assiste alla risalita implacabile dello spread e alle reazioni negative dei mercati; dall’altra alla ricomparsa sulla scena politica di alcuni partiti, come il Pd e Leu, che vedono in questo un momento per tornare alla ribalta. Colpiscono in tale frangente le strategie messe in atto dai leader della Lega e dal M5s.
Luigi Di Maio ha accantonato l’ipotesi di impeachment nei confronti del presidente Mattarella rilanciando nuovamente la proposta di un governo guidato dal professor Giuseppe Conte. Matteo Salvini invece continua a invocare da giorni il ritorno alle urne, consolidando sempre più la sua leadership nel centrodestra. Le strategie dei due partiti sono quindi profondamente diverse: per Di Maio sembra prioritario andare al governo in tempi rapidi, per Salvini l’obiettivo principe è aumentare il proprio consenso elettorale.
Ma sono forse le dichiarazioni dei due leader a dire qualcosa di più sui loro scopi, in particolar modo quelle di Salvini. Se le affermazioni di Di Maio, infatti, sembrano riflettere l’assenza di una precisa linea politica, quelle di Salvini lasciano trapelare una certa dose di malafede. E ciò per varie ragioni. Innanzitutto perché la sua richiesta di tornare al voto “al più presto possibile” si scontra logicamente con la disponibilità offerta dalla Lega ad appoggiare un governo tecnico fino al termine dell’estate. Il che significa che prima di tutelare le ferie degli italiani Salvini vuole garantire la durata dell’insediamento dei neoparlamentari leghisti.
In secondo luogo, perché il suo partito, piaccia o non piaccia, è ancora legato alle scelte di Silvio Berlusconi, il quale difficilmente accetterà senza remore il suo drastico ridimensionamento alle prossime elezioni. Ragion per cui, non è molto difficile ipotizzare che a breve l’ex incandidabile darà il suo assenso alla formazione di un governo transitorio guidato da Carlo Cottarelli. Un’ipotesi che, per quanto in contrasto con le dichiarazioni di Salvini, potrebbe volgersi paradossalmente in suo favore, sia perché gli consentirebbe di mantenere promesse senza conseguenze nell’immediato (ad esempio l’abolizione della Legge Fornero), sia perché, nel caso in cui il Parlamento glielo impedisca, avrebbe modo di inscenare il suo solito piagnisteo sul tradimento del mandato elettorale (che poi è quello che gli riesce meglio).
Insomma, l’eventualità di un governo tecnico di breve durata non danneggerebbe Salvini, ma anzi gli consentirebbe di realizzare parte dei suoi impegni elettorali, con il più il vantaggio di non compromettere l’alleanza con Silvio Berlusconi.
Nel caso dei 5stelle invece lo scenario è molto più controverso. Infatti, anche nel caso in cui il partito pentastellato riuscisse a portare a termine parte degli impegni presi, dovrebbe comunque rendere conto dell’alleanza con la Lega e quindi giustificare davanti a buona parte dell’elettorato le ragioni del suo accordo. Qualora invece dovesse fallire nel suo intento perché, come forse accadrà, la Lega (o pezzi di essa) finirà, insieme con i propri alleati, con l’appoggiare un governo tecnico guidato da Cottarelli, il M5s si ritroverà nuovamente isolato e quindi costretto ad accantonare ogni ipotesi di alleanza con il Carroccio. Il che significa che in futuro non avrà più occasione di governare il Paese. E che quindi, nei prossimi giorni, farà di tutto per ricucire lo strappo istituzionale con il Presidente della Repubblica.
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