Poche settimane fa il gruppo francese Vivendi è stato scalzato dal comando di Tim dal fondo americano Elliott; è notizia recente l’ingresso nel mercato della telefonia di un altro marchio francese: Iliad.

Già ben radicato in Francia, dove ha raggiunto in pochi anni il 14% di quota di mercato (dopo Orange e Sfr) con 20,2 milioni di abbonati, ha un fatturato di circa 5 miliardi (di cui il 56% nel segmento della telefonia fissa e il 44% nella mobile) e un personale pari a 8,9 mila unità. Il successo di Iliad è legato a offerte molto competitive (5,99 € al mese per telefonate illimitate e 30 giga, per il primo milione di abbonati: è l’annuncio dato in Italia) e a una struttura commerciale semplificata. Unico dubbio è la copertura della rete (Iliad è un operatore “virtuale”, non possedendo ancora una propria rete), ma il fatto che parteciperà all’asta delle frequenze per la rete 5G fa supporre che possa a breve superare questo iniziale handicap.

In Francia le tariffe della telefonia sono scese più che in altri Paesi, quindi è auspicabile che l’arrivo di un nuovo competitor possa comportare lo stesso vantaggio anche da noi, dove la liberalizzazione del mercato ha determinato minori benefici. Al di là del fatto di cronaca, propongo alcune considerazioni di carattere generale.

Il mercato delle Tlc è sceso nell’ultimo anno di circa -5%; ormai anche il mobile ha toccato l’apice degli abbonati e quindi le possibilità di crescita nel segmento della telefonia fissa e mobile sono contenute. Le opportunità di sviluppo sono legate all’erosione delle quote degli altri competitor e ciò può avvenire solo tramite offerte tariffarie vantaggiose per il pubblico, offerte che peraltro riducono i margini economici.

Vi è un altro segmento trainante ed è quello dei servizi. Internet e i contenuti audiovisivi possono costituire il plus vincente. Perché ciò accada si devono avverare due condizioni: che le nostre autostrade digitali si completino velocemente – cioè la cablatura del Paese con la fibra ottica e l’avvio del 5G (su entrambi i fronti siamo come noto in ritardo) – e che siano scelti contenuti veramente forti, come per esempio il calcio. Il giorno che, con qualsiasi device e in qualsiasi località dell’Italia, si potrà comprare e vedere una singola partita, vorrà dire che la convergenza è diventata veramente operativa (il discorso vale anche per le serie televisive, per i film come per qualsiasi programma di successo).

È prevedibile che nel mercato delle Tlc arriveranno altri operatori. Nei settori dove vigeva il monopolio pubblico (spesso coincidenti col “monopolio naturale”), gli elevati costi fissi che anche dopo la liberalizzazione si ponevano come barriera per l’ingresso di altri soggetti e che ancora costituiscono un peso per i vecchi ex monopolisti (si pensi all’elevato numero dei dipendenti), tendono a ridursi grazie anche alle tecnologie e ciò agevola l’ampliamento della concorrenza. Non a caso ora la competizione si basa sui costi variabili, sul marketing e sull’arricchimento delle offerte con i servizi, opzioni sulle quali le medie imprese possono delle volte meglio esprimersi.

Un’ultima considerazione. Saranno in molti, a seguito della vicenda Iliad, a criticare il fatto che siamo diventati terra di conquista delle imprese straniere. Negli anni Novanta, dopo la liberalizzazione, c’erano due imprese nazionali: Telecom e Omnitel (inglobata successivamente in Vodafone). Adesso la grande maggioranza degli operatori sono stranieri. L’italianità, tuttavia, si difende non con anacronistiche e inutili barriere ma solo rafforzando il nostro sistema industriale (è strano come tutti auspicano l’ingresso di capitali esteri, per poi lamentarsi se gli stranieri comprano le nostre imprese o entrano nel mercato!).

Per stemperare la questione ricordo, a mo’ di battuta, che anche ai tifosi non interessa la nazionalità del proprietario della loro squadra di calcio, interessa che vinca!

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