Può un figlio, a 29 anni di età, pretendere che il genitore, seppur facoltoso, contribuisca al suo mantenimento? No, perché è ormai arrivato a un punto della sua vita in cui deve darsi da fare, pensare a costruirsi un futuro autonomo, anziché dipendere da chi lo ha generato e che è ormai diventato anziano. Così hanno stabilito i giudici del Tribunale di Padova, esaminando in grado di appello la contesa giudiziaria che vedeva contrapposti un imprenditore piuttosto facoltoso di Fiesso d’Artico, e il figlio, ormai ventinovenne, che era nato dalla relazione dell’uomo con la sua terza compagna.
Inizialmente il figlio non era stato nemmeno riconosciuto dall’imprenditore. C’era voluto l’esame del Dna per stabilire l’effettiva paternità naturale. Fino a circa 25 anni di età il padre non aveva mantenuto il ragazzo, che poteva contare sulla madre e sull’aiuto economico dei nonni materni. Nel 2014 il giovane aveva fatto causa al padre naturale, chiedendogli 230mila euro per le spese sostenute per gli studi universitari e per un successivo master. Assistito dall’avvocato padovano Stefano Marrone, l’uomo aveva replicato di non essere tenuto a mantenere ancora il figlio. Il primo round della causa si era concluso con una sentenza che stabiliva l’obbligo del padre a versare un assegno mensile di 300 euro al figlio.
Nient’affatto soddisfatto, quest’ultimo ha rilanciato, chiedendo in sede di appello che l’assegno fosse portato a 900 euro mensili. L’epilogo davanti al Tribunale di Padova è stato diverso dalle aspettative del giovane ormai diventato un uomo. I giudici non hanno soltanto respinto la richiesta di triplicare l’assegno, ma hanno addirittura sconfessato l’originario decreto del 2014 riguardante i 300 euro mensili. Il padre non pagherà più nulla e non sarà tenuto al mantenimento del figlio diventato maggiorenne da più di dieci anni.
Intervistato da Il Gazzettino l’avvocato Marrone ha commentato: “Dopo 4 anni la giustizia ha riconosciuto il buon diritto del padre a vedere il proprio figlio provvedere in modo autonomo a sé stesso. Perché a 29 anni un figlio ha il dovere di rimboccarsi le maniche senza gravare ancora sui genitori”. Il padre imprenditore è ormai novantenne e le sue condizioni economiche sono meno floride di quanto potessero essere anni fa, visto che le sue aziende sono ormai inattive. I giudici si sono soffermati sui tentativi del figlio di crearsi un’indipendenza economica. E hanno concluso che “a 29 anni il percorso formativo, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società”. E quindi il mantenimento da parte del genitore non può più essere considerato un obbligo.