“Parte dell’insicurezza in Italia ha la sua origine proprio dal fatto che gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli, nel compito di accogliere così tanti migranti”. Mentre il neoministro dell’Interno Matteo Salvini continua a fare campagna elettorale promettendo “meno sbarchi” e puntando il dito contro le ong che definisce “vice scafisti”, Angela Merkel affronta il tema dei flussi migratori in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine am Sonntag.

“La sicurezza delle frontiere, la politica di asilo comune e la lotta alle ragioni dell’esodo dei migranti sono la vera questione esistenziale per l’Europa”, ha detto la cancelliera, il cui Paese ha accolto un milione di siriani nel 2015 e che figura tra quelli che hanno partecipato più attivamente ai ricollocamenti da Italia e Grecia. “Abbiamo bisogno di un sistema comune dell’asilo e misure comparabili nella decisione su chi rimane e chi no”, ha aggiunto Merkel, secondo la quale Frontex, già trasformata nell’Agenzia per le frontiere, diventerà “nel medio periodo una vera polizia di frontiera con competenze europee” e nel lungo periodo dovrà esserci “un ente europeo per l’asilo”.

Il tema sarà sul tavolo martedì a Lussemburgo nella riunione dei ministri dell’Interno Ue, cui il capo del Viminale non parteciperà perché impegnato con il voto di fiducia in Senato. Tra i temi principali ci sarà la riforma di Dublino, ovvero il sistema d’asilo europeo che attualmente stabilisce l’assegnazione dei migranti al Paese di primo arrivo. E, date le posizioni tuttora inconciliabili sull’ultimo compromesso preparato dalla presidenza bulgara, rischia di trasformarsi in un braccio di forza tra i leader al vertice Ue di fine mese dove debutterà il premier Giuseppe Conte. Bruxelles e Berlino, infatti, spingono per chiudere prima che il dossier finisca nelle mani della presidenza austriaca ‘hardliner’ sui migranti e che non ha quindi nessun interesse ad avanzare.

L’Italia, però, insieme agli altri Paesi del ‘Med’, ha già opposto il suo veto irremovibile, ribadendolo ancora nelle ultime due settimane, alle modifiche peggiorative chieste dai Paesi di Visegrad contrari alla ripartizione dei migranti tra tutti gli Stati membri. E che preferiscono quindi lo status quo, in cui questi restano un problema del Paese in cui sbarcano. E’ stato il ministro Salvini a confermarlo oggi, in visita in Sicilia: “Il governo italiano dirà no alla riforma del regolamento di Dublino e a nuove politiche di asilo, occorre ricontrattare in Ue” il dossier migranti, ha detto il vicepremier parlando dall’hotspot di Pozzallo. E a chi gli ricordava la solidarietà di Germania e Francia, il leader della Lega ha ribattuto: “Aspettiamo che passino dalle parole ai fatti”.

Sono queste le ‘Forche caudine’ della partita migranti da cui dovrà passare il neoministro dell’interno Salvini. Perché se gli aspetti della questione sono molteplici – dal ruolo di Frontex ai rimpatri sino ai fondi Ue – il nodo da cui dipende l’esito del gioco è la modifica del sistema d’asilo europeo. Solo questo, infatti, nell’architettura delle regole Ue sulla migrazione, può fare davvero la differenza sul peso che l’Italia deve sostenere di fronte agli arrivi dei rifugiati. Il compromesso della presidenza bulgara mette insieme elementi della proposta originaria della Commissione ma resta lontano da quella dell’Europarlamento che arriva quasi ad annullare il criterio di primo ingresso. E ha inglobato le pressioni in primis di Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia, che vogliono che la responsabilità per i Paesi di primo ingresso sia di 8 anni contro i massimo 2 chiesti da Italia, Grecia, Spagna, Cipro e Malta.

Altra partita chiave, quella del bilancio Ue per il 2021-2027. E’ qui, infatti, che la Commissione ha proposto da una parte di aumentare di 2,5 volte i fondi per la sicurezza (33 miliardi dai 13 attuali) con un ruolo chiave per l’Agenzia per le frontiere, in modo che abbia le risorse per diventare un vero corpo di ‘guardiacoste Ue’ e abbia più mezzi per i rimpatri, che già oggi effettua (150mila nel 2017). L’aumento dei rimpatri, però, dipende anche dagli accordi bilaterali con i Paesi d’origine, che vogliono in cambio fondi per cooperazione e sviluppo, ma anche dalla rapidità con cui ogni stato membro valuta il dossier di ogni singolo migrante, se economico oppure con diritto all’asilo.

E dall’altra parte, Bruxelles ha previsto per la prima volta il criterio ‘migranti’ per l’assegnazione dei fondi Ue, in modo che vadano più risorse a quei Paesi e regioni che hanno costi più alti dovuti alla gestione dei rifugiati ma anche alla loro integrazione (400 euro per migrante). Una busta che, insieme al nuovo criterio della disoccupazione, consentirebbe all’Italia di essere uno dei pochi stati membri a vedere crescere i soldi targati Ue, con ben +2,4 miliardi rispetto al 2014-2020.

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