Il giudice Massimo Battistini ha detto "no" alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura nei confronti di dodici persone, tra cui l’ex patron di Malagrotta, Manlio Cerroni, accusate, a vario titolo, di fattispecie che vanno dall’omicidio colposo alle lesioni colpose
Otto mesi di nuove indagini in relazione ad una serie di casi soggetti affetti da tumore registrati a Roma, nella zona di Malagrotta e Ponte Galeria, vicino alle discariche, nel periodo compreso tra il 2007 e il 2015. Il giudice Massimo Battistini ha detto “no” alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura nei confronti di dodici persone, tra cui l’ex patron di Malagrotta, Manlio Cerroni, accusate, a vario titolo, di fattispecie che vanno dall’omicidio colposo alle lesioni colpose.
Per il gip, che ha dato ai pm Alberto Galanti e Carlo Villani altri 8 mesi di tempo per effettuare nuovi accertamenti, “dagli atti acquisiti emerge che l’area di Malagrotta è sede di molteplici attività antropiche – è detto nel provvedimento di opposizione alla archiviazione – che diverse sono le fonti di inquinamento e che le morti o le lesioni derivate alle persone residenti o svolgenti attività lavorativa nell’area potrebbero scaturire non solo dalla contaminazione dei terreni e delle falde acquifere circostanti“. Per il giudice è quindi necessario “accertare se attualmente vi siano delle significative divergenze tra l’area di interesse per le indagini (Malagrotta ndr.) e le altre zone della città” per quanto riguarda il tasso di mortalità. L’attività di indagine era stata avviata nel 2012 alla luce di denunce presentate dai parenti di quattro persone morte di tumore tra il 2008 e il 2010. L’attività istruttoria si è, quindi, allargata ad altri casi legati a disturbi disfunzionali alla tiroide, problemi cardiocircolatori e respiratori. La discarica è chiusa da quattro anni.
Tre mesi fa invece era stata pronunciata la requisitoria nell’ambito del processo che portò all’arresto nel 2014 proprio di Cerroni. Per l’imprenditore l’accusa ha chiesto sei anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti. “Le infiltrazioni del gruppo gestito da Manlio Cerroni arrivavano ovunque”, secondo l’accusa. “Lui determinava l’emergenza rifiuti e lui si proponeva come unica soluzione ad essa. Omertà, controllo di territorio e istituzioni erano funzionali a mantenere il potere del gruppo”.