Eco mobilità

Incidenti stradali, le carcasse di animali investiti non sono più un pericolo. A farle sparire ci pensano gli “spazzini”

Uno studio dell'Università di Cardiff, riferito da Greenreport.it, ha svelato come gabbiani, volpi, gazze e cornacchie provvedano in tempi record a ripulire le strade di città dai resti di "colleghi" meno fortunati, morti in incidenti con le auto. Un aiuto prezioso, perché aumenta la sicurezza

A volte sono le soluzioni più semplici e naturali quelle più funzionali ed economiche. Un po’, se vogliamo, sulla falsariga di ovini e bovini messi al servizio in quel di Roma per la “rasatura” di aiuole e prati comunali. Questa volta però, il “servizio” sociale è più articolato ma passa sotto silenzio: a darne notizia è il portale Greenreport.it, che illustra l’importanza degli animali cosiddetti spazzini.

Spesso detestati e ritenuti portatori di malattie, in realtà gabbiani, corvi, volpi ed altre ancora sono straordinariamente efficienti nel rimuovere in poco tempo dalle strade cittadine le carcasse di altri animali investiti dalle auto: così puntuali da intervenire spesso prima che l’uomo se ne accorga, al punto da introdurre il rischio di una potenziale sottostima del numero effettivo di animali uccisi dalle automobili.

La ricerca che afferma tutto questo è inglese, “Roadkill scavenging behavior in an urban environment” pubblicato sul Journal of Urban Ecology da una squadra di ricercatori dell’università di Cardiff. I rilevamenti hanno impiegato numerose telecamere per monitorare i movimenti su sei siti nei quartieri residenziali e in sei luoghi all’interno di parchi e giardini pubblici della capitale del Galles.

Per simulare le vittime di incidenti i ricercatori hanno posizionato delle teste di pollo vicino a ciascuna telecamera e, di queste 120 carcasse, 90 sono scomparse entro 12 ore. Ecco le specie più presenti nelle aree urbane, i cosiddetti “spazzini”: gabbiano reale, zafferano, cornacchia, gazza, volpe, ma anche cane e gatto domestici. Le teste di pollo sono state in media divorate entro 310 minuti dal loro posizionamento.

Diverse le strategie impiegate dalle diverse specie, prosegue lo studio. I gabbiani cercano per lo più nelle zone residenziali, i corvi frequentavano i parchi; volpi e gatti agiscono solo di notte, mentre gli uccelli sono attivi all’alba e durante le ore diurne. In particolare, i più attivi sono proprio i volatili avendo rimosso dalla strada 51 delle carcasse esca, contro le 28 dei mammiferi. E in 11 casi, l’animale spazzino ha prelevato la carcassa così rapidamente da farla sparire prima che la telecamera iniziasse a riprendere.

Tra i commenti su questa ricerca, gli scienziati hanno evidenziato la probabilità di una sottostima del numero reale delle vittime, proprio perché la maggior parte delle morti della fauna selvatica causate dagli scontri con veicoli si verifica durante la notte o verso l’alba e la “predazione” avviene sostanzialmente nelle prime ore del mattino: il numero degli animali uccisi dalle automobili potrebbe essere realmente da tre a sei volte superiore nella realtà. Il che ha un impatto pesantissimo sulle popolazioni di specie selvatiche, spiega Greenreport.

Inoltre, la stima precisa (che studi come questo contribuiscono a riqualificare) serve per meglio determinare dove realizzare misure di mitigazione come ponti e corridoi verdi, che consentano alla fauna selvatica di attraversare le strade in modo sicuro.

Infine l’aspetto igienico, poiché il prezioso e trascurato servizio ecosistemico dei predatori di carcasse permette di rimuovere potenziali rischi di salute dalle città in tempi più rapidi dei nostri servizi di nettezza urbana; anche se, infelicemente, molte persone continuano a vedere gabbiani, corvi e volpi come specie indesiderabili. La conclusione dello studio gallese è anche più amara: «tutte le specie selvatiche osservate in questo studio sono considerate parassiti nelle città e, in circostanze specifiche, possono essere abbattute; è tanto più ironico che una funzione ecosistemica così vitale, ma spesso trascurata, venga eseguita da alcune delle specie autoctone più pesantemente perseguitate nel Regno Unito». E anche in Italia, aggiunge tristemente Greenreport.