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Storia di un presunto manager e dell’immancabile fregatura

La crisi morde, ma soprattutto lascia mordere. E c’è sempre qualcuno che è pronto ad azzannare chi – in difficoltà economiche – non riconosce che dietro le sembianze della nonnina di cappuccetto rosso si cela il lupo cattivo. La scena non è quella della fiaba e, soprattutto, l’epilogo non è a lieto fine.

E’ la storia del sedicente Antonio Martini, presunto manager di una azienda che vuole sponsorizzare associazioni sportive dando un po’ di ossigeno alle sempre affaticate casse di piccole realtà in cui il volontariato non basta mai.

Il tizio, elegante e insospettabile ultrasettantenne, è uno specialista dell’imbroglio. Il suo nome certo non corrisponde a verità e il biglietto di visita che consegna con una gestualità senza dubbio professionale è naturalmente falso.

L’impresa che dice di rappresentare esiste davvero e ovviamente è totalmente estranea alla vicenda. Anzi, proprio questa è essa stessa vittima di un furto di identità (o come già il codice penale prevede agli articoli 494 e seguenti con i reati di sostituzione di persona o falsità personale) e non semplicemente di contraffazione del proprio marchio.

Il “signor” (si fa per dire) Martini contatta piccole organizzazioni dello sport dilettantistico a nome di Blu Trade srl, affermata realtà di chartering nautico con sede a Roma. Il manigoldo (che non opera certamente da solo) ha pianificato la sua azione in ogni dettaglio e in primo luogo ha creato un sito web con tanto di indirizzo di posta elettronica che contribuisce a dare credibilità al suo operato.

Il sito web è il clone di quello vero della società che noleggia imbarcazioni e coincide perfettamente con l’originale. In termini pratici, la banda criminale ha scaricato homepage, pagine collegate, gallerie fotografiche e quant’altro da www.blutradesrl.it e ha piazzato il tutto su un dominio registrato ad hoc in Germania e corrispondente a noleggitrade.it. Il nome è stato registrato il 17 aprile 2018 e – “grazie” alla disciplina in materia di privacy – non è dato sapere chi ne sia il referente o il responsabile tecnico (anche se sicuramente i dati forniti saranno di fantasia).

L’Antonio Martini – agganciato il bersaglio – invita a riscontrare l’attendibilità della struttura imprenditoriale cui appartiene suggerendo di approfittare del web per ogni verifica. I dati riportati online – tranne il numero di telefono, troppo pericoloso in certe circostanze – sono della Blu Trade srl “quella vera” ed eventuali visure camerali o altre consultazioni di archivi pubblici possono solo avvalorare l’affidabilità dell’interlocutore.

Il Martini concorda un appuntamento preliminare dove ha sede l’associazione presa di mira. Dice di alloggiare in un noto albergo della città e di attendere gli interlocutori proprio dinanzi all’ingresso della struttura ricettiva. Arriva qualche minuto in ritardo così che le sue vittime lo vedano effettivamente uscire da quell’hotel dove in realtà lui è entrato solo mezz’ora prima, giusto il tempo per prendere un caffè o per chiedere informazioni su un eventuale futuro soggiorno.

Fatte quattro chiacchiere e trovato un accordo di reciproca soddisfazione si deve passare ai fatti.

Inizia a quel punto un fitto e puntiglioso scambio di messaggi di posta elettronica. Viene inviato un contratto, viene restituito compilato dall’incauto club sportivo, Martini o chi per lui ne corregge l’esemplare ricevuto perché – “esaminato attentamente” – meriterebbe piccole correzioni. Nel giro di due giorni si arriva a combinare un incontro per la consegna vicendevole dell’assegno e della fattura.

Fin qui l’odore della truffa è impercettibile. Ma il mondo della pubblicità lascia spazi a condotte “birichine”. Qualche volta chi paga un’operazione promozionale pretende a titolo personale una sorta di pedaggio e chiede che una percentuale della somma gli venga restituita sottobanco. Se l’arrivo dello sponsor o dell’inserzionista appare provvidenziale, il dover versare un “obolo” (che non è affatto soltanto un obolo) viene ritenuto una sorta di “spesa per la produzione del reddito” e quindi un costo “digeribile” anche se malvolentieri.

L’olfatto di un investigatore non si farebbe trarre in inganno, ma troppe persone perbene e non malpensanti riterrebbero quanto sta accadendo solo una sfumatura di malcostume e degrado sociale.

La scena del crimine è un ufficio che – preso in affitto temporaneo nel capoluogo di provincia – sarebbe la sede territoriale della Blu Trade srl (a questo proposito non si perda lo stupendo “Hotel Gagarin”, uscito nelle sale cinematografiche in questi giorni, e si osservi con attenzione la scena della improbabile “Tindaro Film”).

Nel pomeriggio avanzato i dirigenti sportivi ricevono l’assegno circolare e corrispondono brevi manu quanto preteso dal “Martini”. Peccato che sia tardi per andare a versare il titolo di pagamento in banca, circostanza che risulta fatale.

Il mattino successivo (quando il finto ufficio è stato restituito al locatore) l’impiegato dell’istituto di credito cui l’assegno circolare viene consegnato è costretto a manifestare la propria desolazione nel comunicare che quel pezzo di carta è contraffatto e non vale nulla.

Il sogno di un introito piovuto miracolosamente dal cielo si infrange subito e a chi è caduto in trappola non resta che prendere atto di aver perso non soltanto la sponsorizzazione ma pure il “quantum” dato in contanti – per forzata riconoscenza – al falso mecenate.

La storia, che pare essersi verificata già alcune volte in Toscana, dobbiamo evitare si ripeta ancora.

Nessuno regala nulla, non ci stancheremo mai di ripeterlo. Occhi aperti e piedi per terra sono il primo antidoto.

@Umberto_Rapetto