“Il vento del cambiamento sta soffiando dappertutto”. Il premier Giuseppe Conte non ha avuto neanche il tempo di pronunciare queste parole che sono arrivate novità dalla Cassa Depositi e Prestiti. D’intesa con il numero uno dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, il presidente di Cdp, Claudio Costamagna, ha fatto sapere di essere indisponibile per un secondo mandato. L’annuncio è arrivato a sorpresa perché fino ad una manciata di giorni fa l’ex banchiere di Goldman Sachs si era detto intenzionato a restare alla guida della cassaforte del risparmio postale degli italiani. Lo stesso Guzzetti, il 4 maggio scorso, aveva spiegato all’Ansa che “squadra che vince non si cambia”. Di qui il sostegno per la “riconferma di Costramagna alla presidenza”.

Ma la nascita del governo giallo-verde ha evidentemente cambiato le carte in tavola: Guzzetti ha fatto marcia indietro perché si è convinto che il rinnovo di Costamagna non sarebbe mai passato con il governo Conte. Voluto, assieme a Fabio Gallia, dall’ex premier Matteo Renzi con un colpo di mano, la coppia di banchieri non è del resto in sintonia con il nuovo governo che vorrebbe una Cdp più attiva a sostegno dell‘economia nazionale. “Da quando ci sono io in Cassa abbiamo avuto una solo richiesta – dalla politica – che era quella di investire in Alitalia e abbiamo detto di no”, aveva spiegato Costamagna durante la trasmissione televisiva Otto e mezzo del 3 ottobre 2017. Anche se, è innegabile il fatto che anche sotto la sua gestione, non sono mancate le “operazioni di sistema” come Saipem e Telecom.

Ora, con il nuovo esecutivo, la missione della Cassa potrebbe però ampliarsi ulteriormente visto che, in campagna elettorale, il leader M5s, Luigi Di Maio, aveva annunciato di voler trasformare Cdp in una sorta di banca al servizio del sistema produttivo italiano. Il punto è ora che, per statuto, le Fondazioni bancarie, proprietarie del 15,93% della Cdp, hanno il diritto di nominare il presidente della Cassa. L’operazione, finalizzata a difendere gli interessi dei soci bancari, non è però facile per due ragioni. La prima è che non sarà semplice trovare la quadra con il governo. La seconda è che all’interno dell’Acri c’è uno scontro di potere in atto in vista della scadenza del mandato di Guzzetti nel 2019. A contendere la poltrona di numero dell’Acri ci sarebbe l’ex vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona, che sosterrebbe la candidatura di Massimo Tononi, banchiere trentino ex Mps e Goldman Sachs.

Quanto invece al ruolo di amministratore delegato, che viene espresso dal Tesoro, nelle ultime ore stanno circolando i nomi dell’ex Deutsche bank, Flavio Valeri, del vicepresidente Bei, Dario Scannapieco, e del manager interno, Fabrizio Palermo. Inoltre il ministro leghista Giulia Bongiorno starebbe sostenendo la candidatura dell’ex ad Poste, Massimo Sarmi. Non ci vorrà ancora molto per sapere, alla fine, quali saranno i nomi proposti sia per i vertici che per il consiglio di amministrazione della più importante controllata del Tesoro. Nel giro di pochi giorni, il Tesoro dovrà presentare la lista per il rinnovo del consiglio di Cdp in programma per la prossima assemblea (20 e 28 giugno, in seconda convocazione). E l’elenco sarà certamente un importante indizio del ruolo che il Tesoro vorrà confidare alla Cassa Depositi e Prestiti, cassaforte del risparmio postale degli italiani.

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