Contro di lui, nella squadra avversaria, i bianconeri che vincono di tutto, da sempre e per sempre, c’è Gianluigi Buffon. Il portierone della Nazionale e della Juventus che sembra lì da quando hanno inventato il calcio. Ebbene Buffon ha sofferto di depressione. La chiama “alienazione totale”. Un buco nero di ansia che ovatta ogni coro da stadio e spinge ad una paura recondita fino a chiedere all’allenatore di far scaldare il secondo portiere a pochi minuti prima di un match importantissimo. Poi arriva il quadro di Chagall, La Passeggiata, visto per caso in un museo di Torino. È il 2004 inizia la rinascita di Buffon. “Il mio percorso è passato attraverso una bella introspezione, senza maschere, scavando nel profondo di quel mio stato catatonico. Non ero più il solito guascone, la vivacità di pensiero che mi aveva sempre contraddistinto stava diventando un ricordo. Scompariva. Nell’ultimo anno avevo perso la gioia di vivere, non davo più sollecitazioni al mio cervello per sottrarlo alla fissazione in cui era caduto. Il quadro di Chagall mi ha insegnato che anche le piccole cose avrebbero potuto, piano piano, trascinarmi fuori da quella melma. Ho iniziato a leggere tanti libri. Mi sono anche iscritto a un corso di chitarra”. Con un unico consiglio da parte del re dei portieri: non prendete tutti i medicinali che vi prescrivono.