Infine c’è la tragedia universale del Sud del mondo che reclama la sua fetta di sole. Mamadou Coulibaly per giocare in serie A parte dal Senegal, poi passa il Marocco, la Spagna, la Francia, infine l’Italia a Livorno. Una panchina o un prato al posto del letto, il freddo che ti mangia le ossa, ogni tanto un pezzo di pane, qualche spicciolo di elemosina, un treno sbagliato per Roma, un campo sportivo, due palleggi da clandestino e poi l’allenatore che si accorge di lui. La casafamiglia, uno straccio di documento per rimanere in Italia, le partite nel Pescara e l’esordio contro il Milan. “Tornassi indietro rifarei ogni cosa, voglio che mi conoscano in ogni angolo della Terra, e ce la voglio fare da solo. Inseguo la mia vita, mi creo le occasioni. Si deve credere ai sogni, Dio è dappertutto e ti può aiutare. Bisogna lottare, sapere dove si trova il tesoro e andarlo a cercare. La mappa è dentro ciascuno di noi, io l’ho scoperta e seguita”.