La riforma del regolamento di Dublino “è morta“. La parola fine sul progetto di cambiamento delle regole del sistema di asilo europeo arriva dal segretario di stato all’Asilo belga Theo Francken al termine della prima parte dei lavori del consiglio Affari interni, in programma a Lussemburgo, dove il primo punto della discussione era dedicato proprio alla proposta della Bulgaria sula riforma di Dublino. Dopo che anche la Germania, con le parole del segretario di stato Stephan Mayer, aveva annunciato la sua posizione – “Com’è attualmente non la accettiamo” – sono arrivati, secondo fonti a Lussemburgo citate dall’Ansa, i no di sette Paesi ad accettare il testo di Sofia come base di lavoro per il vertice tra i leader Ue di giugno. Sono: Italia, Spagna, Austria, Romania, Ungheria, Slovenia e Slovacchia. Tre Paesi, Estonia, Polonia e Gran Bretagna, non si sono espressi. Gli altri 18, pur non soddisfatti, lasciano la porta aperta al negoziato.
“Non c’è solo l’Italia ad opporsi, anche i Paesi Visegrad sono contrari, e il governo tedesco critica punti precisi”, aveva detto Mayer in mattinate, specificando però che la Germania “è aperta ad una discussione costruttiva“. Lo scetticismo di Berlino – che insieme a Francia e Commissione Ue sperava di chiudere la partita sui migranti entro fine giugno, quando scadrà il mandato della presidenza bulgara, e subentrerà quella austriaca, molto più intransigente sulla questione – rende ora quasi impossibile trovare un accordo. Tanto che il belga Francken ha auspicato ora un nuovo “approccio australiano” per arrivare ad “uno stop completo dell’immigrazione illegale”, ed un accordo Ue-Tunisia, sul modello di quello fatto con la Turchia, in modo tale che quando i migranti “partiranno dalla Libia potranno essere intercettati in mare e portati in Tunisia”. Una volta che “le frontiere saranno chiuse, tutti i Paesi mostreranno solidarietà – ha detto l’esponente del governo belga – ma questo non accadrà fino a quando la porta è ancora aperta. Prima chiudiamo le frontiere, poi potremo trovare un accordo su chi fa cosa”.
Un accordo che invece è convinta di trovare Vienna, già alla prossima riunione del consiglio Affari interni a Innsbruck, prevista a settembre. Proprio il ministro dell’Interno austriaco, Herbert Kickl, ha detto di considerare l’Italia “un alleato forte” e promesso che quando il suo Paese avrà la presidenza “annuncerò qualcosa come un piccola rivoluzione copernicana” sulla politica di asilo. Kickl ha inoltre aggiunto che, sempre in giornata, sentirà al telefono Matteo Salvini.
Il nuovo capo del Viminale e l’Italia sono rimasti fermi sul voto contrario alla bozza di riforma del regolamento di Dublino presentata da Sofia. Tra i Paesi del Sud Europa solo Grecia, Malta, e Cipro hanno lasciato uno spiraglio ai negoziati, spaccando così il fronte mediterraneo. Il testo passerà ora all’attenzione del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che deciderà come portare avanti la discussione al summit dei leader di fine giugno. “Non dobbiamo risparmiare gli sforzi per continuare ad avanzare con uno spirito costruttivo, questo mese”, ha detto il commissario Ue alla Migrazione Dimitris Avramopoulos all’Ansa. “In passato ci siamo impegnati tutti a concordare su una riforma duratura. Ora dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e portare avanti il lavoro”, ha concluso.
Anche l’Italia contribuisca a “gettare un ponte” tra le istituzioni Ue per favorire uno “spirito di cooperazione che consenta una riforma pragmatica” del sistema d’asilo. È l’appello che arriva invece dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani in una lettera inviata al neo presidente del Consiglio Giuseppe Conte e agli altri leader Ue in vista del vertice di fine mese. “Sarà probabilmente l’ultima possibilità – scrive Tajani – durante questa legislatura” per avviare un negoziato tra Consiglio e Pe e avere una riforma basata sulla solidarietà. “La proposta del Parlamento europeo è l’unica che mette insieme fermezza e solidarietà. E’ su questa base che gli Stati membri e il Consiglio devono lavorare”, ha aggiunto Tajani su Twitter.
“L’Europa ha bisogno di un’intesa sulla riforma di Dublino, ma con le elezioni delle destre in Europa c’è un problema per raggiungere un compromesso oggi. C’è un clima politico più duro“, ha analizzato il ministro alla migrazione svedese Helene Fritzon. “Non si tratta solo dell’Italia”, ha aggiunto. “Abbiamo ancora molte questioni aperte” e “ci sono molti Stati membri che hanno punti di cui vogliono discutere”, ha ammesso anche il ministro alla Migrazione olandese Mark Harbers. “Ci sono cose che anch’io vorrei cambiare nel futuro. Con la discussione di oggi dobbiamo vedere se ci sono soluzioni che possiamo sostenere”, ha precisato Harbers al suo arrivo al consiglio Affari interni Ue.
Il nuovo capo del Viminale Salvini non era a Lussemburgo – impegnato a Roma per la fiducia al nuovo governo – ma aveva già annunciato il no dell’Italia. Viene giudicato insoddisfacente l’equilibrio individuato nel documento tra solidarietà e responsabilità nella gestione dei flussi migratori. La bozza non prevede infatti alcun automatismo nel ricollocamento dei richiedenti asilo, ma contempla scappatoie ‘finanziarie’ e sancisce l’obbligatorietà delle riallocazioni solo in modo graduale e sfumato. Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, parlando al Brussels economic forum, difende le posizioni del nostro Paese, che “merita rispetto e fiducia” perché “ha fatto molto per costruire un’Europa unita”. “Il suo posto è al cuore dell’Ue”, ha aggiunto Juncker.