Semplificazione: è la parola scelta dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico nel suo discorso all'assemblea di Confcommercio. C'è "c'è troppa certificazione da compilare" per accedere agli incentivi e anche al codice degli appalti "dobbiamo togliere qualcosa" perché "è diventato così complicato che terrorizza". Sul fronte della lotta all'evasione fiducia agli imprenditori: "Invertiremo l'onere della prova". Ai lavoratori "va garantito un salario minimo"
“La ricetta per fare decollare le imprese che creano lavoro, sviluppo, nuove tecnologie nella loro crescita è lasciarle in pace“. Sono le parole scelte da Luigi Di Maio per illustrare all’assemblea di Confcommercio il manifesto del governo Conte per gli imprenditori.
“La mia grande preghiera al Parlamento, che si avvia a partire con i suoi lavori presumibilmente entro la prossima settimana, è non bombardate i cittadini di leggi, semmai alleggeriteli. Ce ne sono fin troppe”, ha detto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico riecheggiando una delle grandi battaglie condotta negli scorsi anni dalla Lega alleata di governo, quella per la semplificazione. Alla quale il governo Berlusconi IV dedicò persino un ministero guidato dal leghista Roberto Calderoli dal 2008 al 2011.
“C’è una questione importante che riguarda l’innovazione – ha argomentato Di Maio – il programma Industria 4.0 va sempre di più semplificato nel suo accesso”. “Dobbiamo prenderci qualche rischio per fare ripartire il paese” a partire “dall’eccessiva burocratizzazione. Bisogna agevolare e semplificare” le modalità “per accedere anche ad altri programmi, al fondo garanzia, a tutto il sistema degli incentivi, per esempio gli sgravi sull’energia per le imprese. Tante persone hanno i requisiti poi mollano perché c’è troppa certificazione da compilare”.
Un problema che riguarda anche il codice degli appalti. “Dovremo lavorare tantissimo sulle infrastrutture e chi sta raccontando l’idea che questo sia il Governo del no alle infrastrutture sbaglia – premette Di Maio – vengo da un’area di questo Paese dove abbiamo bisogno di infrastrutture, di investimenti e conosco bene anche il valore dell’effetto moltiplicatore degli investimenti nelle infrastrutture. L’unica cosa però è che quando si fanno investimenti e si stanziano i soldi si deve creare lavoro. E per farlo non abbiamo bisogno di nuove leggi se mai abbiamo bisogno di togliere qualcosa dal codice degli appalti che è diventato così complicato che terrorizza”.
Da un lato la lotta alla burocrazia, dall’altra la fiducia nei confronti degli imprenditori: “Aboliremo tutti gli strumenti come lo spesometro e il redditometro – ha annunciato il vicepremier – e inseriremo l’inversione dell’onere della prova. Perché siete tutti onesti ed è onere dello Stato provare il contrario“, ha affermato Di Maio strappando un sonoro applauso alla platea e sottolineando che strumenti come lo spesometro hanno “reso schiavi quelli che producono valore”. “Noi – ha aggiunto – incroceremo tutti i dati della P.A.” per dimostrare l’evasione.
“Avete la mia parola qui a Confcommercio che l’Iva non aumenterà e le clausole di salvaguardia saranno disinnescate”, ha annunciato Di Maio, ribadendo che il governo saprà tenere testa a Bruxelles: “Ci teniamo alla tenuta dei conti”, ma “se vogliamo bene all’Italia, e noi le vogliamo bene, se vogliamo portare avanti progetti economici dobbiamo contrattare con Europa le condizioni che l’Italia non può più sostenere, dicendo anche dei no. Non bisogna andare in Europa con la clava a minacciare, ma spiegando che l’Italia pretende di essere rispettata e trattata come gli altri”.
Il ministro ha quindi illustrato i progetti dell’esecutivo per i lavoratori: “Per tutta la generazione fuori dalla contrattazione nazionale va garantito almeno un salario minimo, almeno fino a che non si arriva alla contrattazione”. “Il lavoro nobilita l’uomo fino a che ti dà la soddisfazione di arrivare a fine mese” e invece siamo in un momento in cui “si cerca di lavorare pur guadagnando zero“.
Il Partito Democratico ribadisce le critiche già espresse in Parlamento quando, chiedendo la fiducia alle Camere, il premier Conte aveva annunciato l’abolizione di spesometro e redditometro: “Peccato che siano già stati eliminati dal precedente governo”, afferma Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Pd. “Dov’era Di Maio quando è stata approvata la legge di Bilancio 2018 che ha previsto l’eliminazione dello spesometro a partire dal 1° gennaio 2019? Anche gli studi di settore sono già stati mandati in soffitta e il redditometro di fatto non esiste più da tempo”.
Il centrodestra accoglie con favore le parole del vicepremier: “Prendiamo atto che Di Maio sta già modificando il contratto di governo – dichiara Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato – lasciare piena libertà di impresa salvo i controlli successivi, invertire l’onere della prova sui contenziosi fiscali, realizzare le infrastrutture riformando l’illeggibile Codice degli appalti, che sta bloccando l’attività edilizia e più in generale quella delle imprese, sono proposte di schietta marca Forza Italia e centrodestra”.
Il ministro riscuote persino il plauso di Vincenzo De Luca: “Sul nuovo codice degli appalti Luigi Di Maio ripropone le stesse osservazioni critiche che ho fatto da solo, già da due anni”, ha detto il presidente della Regione Campania – leggo anche della paura dei dirigenti pubblici chiamati a firmare atti. Bene: su entrambe le questioni, mi aspetto modifiche rapide e conseguenti”.