“Il governo di cambiamento non è il cambiamento del governo, sono due cose distinte. Il problema è vedere cosa c’è nel cambiamento. La flotta borbonica faceva ‘ammuina‘ ed era uno dei suoi elementi forti, ma non era utile nella guerra”. A dirlo è l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, durante un’intervista pubblica a Repubblica delle Idee, la festa di Repubblica in corso a Bologna. Prodi si chiede: “Il cambiamento su quale programma? Qual è il compromesso reale di questo accordo? Non condanno mai le cose prima, ma constato che ci sono blocchi di pensiero assolutamente inconciliabili al governo assieme. Credo che questa sia una soluzione di destra“. Pensa sia di destra?, gli chiede uno degli intervistatori, il direttore di Repubblica Mario Calabresi. “Ah, perché, come lo chiamate, di centro?” ha ribattuto sarcastico il Professore. Ma l’ironia non si è fermata perché quando gli è stato fatto notare che negli ultimi anni ha governato un’area tradizionalmente di sinistra, ha replicato con un’altra domanda retorica: “Ah sì?”. Poi, tornando serio: “Questo discorso che non c’è più sinistra e destra non ha senso, è una definizione generica. Ci sono decisioni in economia e politica che sono di destra”. D’altro lato “sono in crisi irreversibile vari partiti, in tutta Europa”, ma “sinistra e destra, nei fatti, esistono ancora”. Così come esistono temi come sanità, welfare, scuola, ha aggiunto. E il centrosinistra ha mancato nelle politiche sociali? “Se l’unità di misura è disuguaglianza, la sensazione è che a questo si sia dedicato poco. La sensazione è che il welfare sia in ritirata. Si è interrotto l’ascensore sociale“.
Resta, comunque, il problema del Pd. Si chiede Prodi: “Come fa a esserci opposizione senza alternativa? Ora io vedo un’opposizione, ma non vedo un’alternativa”. “E’ chiaro – ha aggiunto rispondendo all’altro intervistatore, il direttore dell’Espresso Marco Damilano – che se vuoi offrire un’alternativa devi aprire un largo dibattito collettivo nel Paese, bisogna discutere a fondo”. Per il due volte capo del governo “se con i sindacati, con le ong, con Confindustria, con gli imprenditori non cominci a discutere in modo approfondito, le cose non accadono. Ma quando è che è avvenuto questo? Non voglio essere nostalgico dell’Ulivo, quando mi rimproveravano perché avevamo un programma di 243 pagine, ma era perché si era discusso mesi e mesi del contenuto. Dietro c’era una discussione sul Paese”. La democrazia, ha concluso il ragionamento, “se perde quest’aspetto non è più attrattiva”.
Quanto al suo destino personale, “io sono totalmente fuori – dice Prodi – in politica o si sta fuori o si sta dentro, stare in mezzo all’uscio si soffre soltanto. Ma ciò che mi consola in questi anni è che il prezzo del rottame è molto salito”. “Io sono un’osservatore non partecipante”, aggiunge. E la sua famosa tenda dov’è? “E’ ancora sulle spalle”.