I fatti: la mattina del 5 giugno Massimo Bernardini scrive su Twitter un commento che riguarda Laura Pausini ai Wind Music Awards. Eccolo: “Adoro Laura Pausini, la stimo come musicista e cantante, ma la sua ansia di sembrare up to date a tutti i costi a metà dei quaranta mi delude. È tempo di maturità, di dischi importanti senza compromessi. […] Basta ammiccamenti, sei una signora”.

È un’opinione pacata e legittima, di chi si aspetta esclusiva autenticità da un’artista importantissima, quindi influente e dunque preziosa, nel pieno della maturità artistica. Voglio dire: De André alla sua età pubblicò Crêuza de mä; Fossati Macramè. È l’età della piena maturità artistica la metà dei quaranta.

Non è dell’arte di Laura Pausini che voglio parlare in questo scritto, ma c’è bisogno di fare un piccolo inciso. Io credo che Bernardini faccia molto male a riporre le sue speranze nella Pausini, perché ciò che ha sempre fatto la cantante è sfruttare l’icona della ragazza della porta accanto, la melensaggine del pop italiano che va sul sicuro, quella di chi fa le cose “col cuore”. Qui non parlo a caso di “icona”: il pop come quello della Pausini bada solo a costruire qualcosa di riconoscibile e rassicurante, che ben si sposi col successo sul mercato. Quindi è una necessità ineludibile quella di essere up to date (aggiornata alla moda del momento) in un eterno presente. Dunque per me sono speranze riposte malissimo (e i miei paragoni con De André e Fossati sono sensati solo se abitano e interpretano il punto di vista di Bernardini); ma andiamo avanti.

Laura Pausini risponde a Bernardini in questo modo: “Che vergogna leggere una frase del genere da un uomo. Io sono così Massimo. Lo sono in casa come in tv. Canto frasi leggere come più profonde e mature. Mi vesto come una donna di qualsiasi età deve fare, perché è libera di farlo. Senza ammiccamenti. Trovo ingiusto questo commento”.

Al che il povero Bernardini rimane spiazzato. Lui aveva fatto delle osservazioni di natura artistica che “rimproveravano” eccessiva frivolezza a un’artista che secondo lui avrebbe potuto essere più interessante; e invece si ritrova accusato – tra le righe – di maschilismo. Così infatti risponde incredulo: “Che vergogna? Da un uomo? Ho sempre ascoltato la tua musica e seguito i tuoi concerti, il mio è un ragionamento critico a caldo mosso da profonda stima. Credo tu debba al tuo talento e al tuo pubblico di più. Parlo di ammiccamenti artistici, di repertorio. Di vestiti non so nulla”.

Direi che il messaggio iniziale di Bernardini era chiarissimo, e allora la risposta di Laura Pausini diventa – questa sì – inaccettabile. Perché? Perché Laura Pausini è seguita da milioni di fans che in lei vedono anche un esempio comportamentale.  E alludere in un caso come questo a un atteggiamento maschilista da parte di un galantuomo come Bernardini è inaccettabile; ancora di più se i due si conoscono di persona. È insopportabile il fatto di ricorrere così gratuitamente e alla leggera all’accusa di maschilismo (per quanto velata) e ai diritti violati delle donne, dopo lo scandalo Weinstein, il caso Cosby e tutto ciò che è venuto fuori in questi anni: lì c’è il vero dolore, ci sono i veri soprusi, c’è sofferenza vera di chi si è sentita sporca e offesa; non qui, dopo una critica artistica costruttiva di uno dei più pacati e cordiali giornalisti italiani.

Non è sempre tutto un gioco e non tutto si può prendere alla leggera; non si può pensare sempre di stare al centro della scena, col microfono in mano mentre gli altri ti ascoltano idolatranti, dentro il comfort protettivo delle tue canzoni. Fossi in Laura Pausini la prossima volta conterei fino a dieci prima di usare inopportunamente i social network.

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