L’ultimo sfregio al tempio del calcio italiano è compiuto. Se verranno confermate le scelte di Lega di Serie A per i diritti tv, Novantesimo Minuto, o 90esimo Minuto (con un pallone rigorosamente al posto dello zero del novanta) sarà cancellato dal palinsesto Rai dopo 48 anni. Certo, siamo sopravvissuti all’addio di Carosello, di Mina e di Flash, a breve ci saluterà perfino Fabio Fazio (scherziamo), ma la scrivania di Paolo Valenti e gli RVM con i gol ancora freschi della serie A sono radici e architrave, pane e companatico, bianco e nero, barlumi di primi colori, della memoria storico televisiva del nostro Paese. Prima che Walter Veltroni ci costruisca un documentario con gli anziani telecronisti sopravvissuti e piangenti a rievocare i momenti in cui Valenti gli passava la linea (e Veltroni ad allungargli una mano per passargli i fazzoletti), meglio riannodare i fili del tempo, recuperare quell’appuntamento fisso di fine pomeriggio domenicale. Un rito collettivo che aveva eguali solo nell’ultima puntata di Fantastico, quello con i biglietti della Lotteria di Capodanno. Già perché a 90esimo oltre ai gol arrivavano anche le quote dei tredici e dei dodici del Totocalcio, altro illustre e amato “congiunto” scomparso. Non esistono volumi a spiegare l’interesse popolare per 90esimo, ma le facce di Valenti, di Giorgio Bubba, Gianni Vasino e Luigi Necco sono rimaste impresse ben più dei ritratti di Fanfani e Nenni.
Pancho di Jack Trombey sparata a mille con sullo sfondo la riempitura accelerata degli spalti; Discomusic di Piero Umiliani sulla carrellata di goal finali; i commenti poetici e bizzarri sul match dei telecronisti delle redazioni RAI regionali; e sempre quella “linea” da ridare a Paolo Valenti che per almeno un decennio di programma se n’è stato là in basso schiacciato dal peso incombente delle pareti dello studio centrale. Poi ancora: il pannello elettronico con nomi delle squadre e risultati dal lettering sottilissimo; i primi attimi delle immagini dei goal che saltano in verticale; le ardite sovrapposizioni in chroma key delle cravatte di Cesare Castellotti da Torino (Teocoli poi ci ha rifatto Gianduia Vettorello e soprattutto Caccamo); il sovraffollamento a fianco e dietro i cronisti di improbabili tifosi usciti da qualche vignetta di Jacovitti.
Novantesimo era il frutto rapido della fretta di andare in onda, la primizia imprecisa che dissetava gli assetati di goal nemmeno un’ora dopo il fischio finale dell’arbitro. A Valenti&Co.si è perdonato di tutto. Da qualche errore tecnico a parecchi servizi che partivano con il commento già iniziato ad azioni mai viste. Una partita (pardon) di giro che sembrava essere servita per le parodie che verranno (vedi Gialappa’s). Perché ad attorniare il sempre bravo e puntuale Valenti c’era un team sempre agile e puntuale, un gruppo di “loro” a cui Paolo Sorrentino avrebbe potuto dedicare un monografico sequel. Tonino Carino da Ascoli con gaffe e attorcigliamento della doppia “gl”; Franco Strippoli referente per tutte le squadre pugliesi con e senza riporto; Giampiero Galeazzi con l’Olimpico dietro le sue spalle che diventava ogni domenica sempre più piccolo. Poi ancora l’inestimabile aplomb e simpatia di Luigi Necco al cospetto del Napoli di Maradona; il sarcastico Marcello Giannini da Firenze; quel Ferruccio Gard che oggi scorrazza al Lido di Venezia durante la mostra del cinema e che a Novantesimo indossava sempre inattesi cardigan e golfini tanto per fare il rivoluzionario jolly dai campi veneti, liguri, e perfino lombardi.
Con queste figurine provinciali Novantesimo ha saputo disegnare l’Italia delle tribù pallonare, ha rinchiuso le rivalità calcistiche dentro a due minuti di servizio tv, ha smorzato i toni di processi e moviole prima del bailamme universale di Aldo Biscardi e del VAR. Una naïveté televisiva che vicino ai laccati servizi sul calcio di oggi ridona magia al calcio giocato di allora che era davvero un’altra cosa: campi impraticabili, acquazzoni memorabili, calze arrotolate che sembrano scomparire nel fango, i portieri che si incazzano ad ogni gol come nei film di Fantozzi. Una disciplina epica e coraggiosa, una performance pionieristica prima di tutto di sostanza, ovviamente senza avere mai un primo piano dei giocatori. Perché a Novantesimo Minuto il campo visivo di un’unica telecamera (altro che i droni) poteva finire impallato dai tetti delle panchine a bordo campo.