L’editore del Foglio contro la linea del Foglio. Valter Mainetti, presidente di Sorgente Group che edita il quotidiano diretto da Claudio Cerasa, ha inviato una lettera pubblicata sull’edizione di sabato – insieme alla risposta di Cerasa – con il titolo “La voce del padrone“. Mainetti si schiera a favore di una “apertura di credito” nei confronti del governo Conte. E sostiene che dietro “le critiche e gli sberleffi” che sono “saliti di livello” dopo il giuramento del premier e dei ministri c’è “la consorteria di interessi che unisce una parte della “vecchia’’ politica, la burocrazia finanziario-amministrativa e alcuni media“.
Media, continua Mainetti, guidati dalla “convinzione che continuando a screditare il nuovo governo se ne acceleri la fine”. Ma “chi si mette così strenuamente di traverso al radicale cambiamento di metodo e di obiettivi del governo Cinque Stelle-Lega sembra ignorare che un’alternativa a medio termine è quasi impossibile”, argomenta il costruttore-editore, che lo scorso anno ha interrotto le pubblicazioni del settimanale ciellino Tempi (che ora è divenuto un mensile gestito da una cooperativa). “L’opposizione attuale, Pd e Forza Italia, appare sempre più destinata a essere insignificante, sia nei numeri che nei contenuti. Un declino che diventa anche un inaspettato collante per la maggioranza che sostiene il governo Conte. E più la maggioranza è ampia e unita, come hanno dimostrato i voti di fiducia al Senato e alla Camera, più le elezioni si allontanano, più si prospetta una stagione ben difficile per quel sottobosco burocratico, finora vero potere e piaga di questo paese, che imprenditori e cittadini subiscono da tempo”.
E’ vero, continua la lettera, che “nel “Contratto-Piattaforma’’ del nuovo esecutivo ci sono politiche economiche interne ed europee, una gestione dei flussi migratori e uno sviluppo di alleanze internazionali, che possono sembrare pericolosi, ma lo stesso presidente Conte ha inteso rassicurare, riferendosi alla necessità di una gradualità nel rispetto delle coperture finanziarie e della compatibilità con i tradizionali rapporti dell’Italia con le organizzazioni internazionali: bisogna augurarsi che il premier sappia far ragionare su questi punti i suoi azionisti di maggioranza“.
Ma “la “rivoluzione” più importante e temuta è quella che investe soprattutto le gerarchie di potere del paese, dagli ex politici agli ex sindacalisti, sparsi in innumerevoli consigli di amministrazione di enti simil-privati e pubblici. La débâcle dei partiti tradizionali per l’incapacità di innovarsi, come aveva previsto Aldo Moro, ha portato la politica a diventare succube di tali gerarchie. E di fatto impotente, come dimostra l’inefficacia degli ultimi governi nel rispondere alle richieste dei cittadini”. Di qui la considerazione che “è doveroso dare un’apertura di credito a un presidente del Consiglio e nel caso, a Giuseppe Conte”.
Cerasa risponde che Mainetti “ha le sue idee, il Foglio ha le sue”. “Al proprietario della nostra testata piace il governo e dispiace l’opposizione, il rumore che giudica aggressivo dei media. A noi dispiace il governo e piace l’opposizione che ancora non c’è, magari senza indulgere a stupidaggini, con il senso di un’alternativa che va cercata e non è scontato trovare”. Poi la rivendicazione della “identità corsara, liberale, eccentrica” del giornale, “sempre aperta al pluralismo degli interventi e delle opinioni, mai incerta sulla necessità di dire le cose come le pensiamo”. “Sarebbe facile e conformista dire che i nostri padroni sono i lettori“, conclude Cerasa. “No. Chi rischia capitali per tenere insieme la baracca è il professor Mainetti. E’ padrone di una comunità di ribelli disciplinati, che non hanno bisogno di provocare perché ciascuno si considera da sempre dipendente di un editore e padrone di se stesso”.