Il passante della Tav di Firenze e l’ampliamento dell’aeroporto di Peretola non s’hanno da fare. Si potrebbe sintetizzare con questi due “no” il dossier che il Movimento 5 Stelle toscano consegnerà al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che ha ripetuto in queste ore che le grandi opere “vanno valutate una per una secondo il parametro costi-benefici”. Così adesso il governo Conte potrebbe mettere nel mirino le due infrastrutture su cui il centrosinistra ha impostato le politiche di sviluppo e di trasporto di Firenze negli ultimi trent’anni. Il contenuto del report è stato anticipato giovedì dalla Nazione e il sindaco Dario Nardella lo ha definito “un atto di guerra contro Firenze”. Il presidente della Regione Enrico Rossi invece ha chiesto subito un incontro ufficiale a Toninelli nel “principio di continuità” sulle grandi opere da realizzare in Toscana. Ma la presa di posizione del M5s potrebbe anche portare alla prima spaccatura tra i due contraenti dell’accordo di governo. “Dopo 40 anni di discussione Peretola deve diventare finalmente un aeroporto serio – dice al Corriere Fiorentino il segretario regionale del Carroccio, il senatore Manuel Vescovi – un business airport di livello europeo”.
Il report, su cui è a lavoro il consigliere regionale M5s Giacomo Giannarelli, avrà come oggetto tutte le “grandi opere inutili” in fase di progettazione o già avviate anche gli investimenti da fare sulle piccole e medie infrastrutture, come la manutenzione delle strade provinciali o il potenziamento della rete idraulica. Ma sul sottoattraversamento Tav e sulla nuova pista dell’aeroporto Vespucci, l’approccio sarà quello di un no “propositivo”. Nel dossier infatti saranno indicate le soluzioni alternative a opere che Giannarelli definisce “senza capo né coda”: al posto del grande scavo di 450 per 60 metri il M5s aprirà un concorso internazionale di idee mentre sull’aeroporto punterà, più che sull’ampliamento, sulla messa in sicurezza di Peretola e su un sistema di trasporti più efficace con lo scalo di Pisa, ancora oggi principale hub toscano con 5 milioni di passeggeri nel 2017 (2,5 quelli di Firenze). Sulla linea 4 della tramvia, invece, il Movimento 5 Stelle farà marcia indietro rispetto all’opposizione degli ultimi anni perché quel progetto rientra nell’idea di mobilità sostenibile immaginata dai grillini. “Oggi viviamo in una situazione in cui tutte le grandi opere fiorentine sono bloccate indipendentemente dalle scelte politiche – spiega al fattoquotidiano.it Giannarelli – e quindi non si può dare la colpa di questo a chi ha un’altra idea di sviluppo della città e della Regione. Poi noi ci mettiamo il carico da novanta ma il nuovo governo non stravolgerà le competenze degli enti locali e neppure vuole imporre decisioni dall’alto: però milioni di persone, anche in Toscana, ci hanno chiesto di dire no a queste grandi opere inutili e noi le ascolteremo”.
La notizia del dossier ha provocato la reazione stizzita del sindaco di Firenze Dario Nardella, tra i principali promotori delle due opere: “Credo che un governo che decida di bloccare il Paese, azzerare opere e fermare cantieri, sarebbe un governo nemico dell’Italia – spiega – Io non posso credere che ci sia la voglia di fermare le lancette di Firenze, perché sarebbe qualcosa che i fiorentini non vogliono e per questo sono pronto a incontrare chiunque: abbiamo le nostre ragioni, sono stati firmati documenti, stanziati soldi destinati ai fiorentini che non si possono azzerare. Sarebbe un atto di guerra contro di loro”. Giovedì gli ha fatto eco il governatore Enrico Rossi, che si è detto preoccupato anche per il futuro dell’Autostrada Tirrenica Livorno-Civitavecchia: “Alcuni vogliono una visione bucolica della Toscana ma noi non siamo interessati a riaprire le vie della transumanza, visto che a Roma ora c’è attenzione al ruolo delle pecore” ironizza.
La nascita del progetto del Tav a Firenze risale al 1995 e da allora sono già stati spesi 774 milioni di euro. Poi due anni fa, con una mossa inaspettata, l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi decise di abbandonare il progetto della grande stazione ideata dall’architetto Norman Foster lasciando invariato solo il tunnel sotterraneo che avrebbe dovuto collegare Milano con Roma. Il costo complessivo dell’opera è di circa 800 milioni, di cui 300 già spesi per i lavori della ditta Condotte spa che da diversi mesi si trova sull’orlo del fallimento e il cui presidente è stato arrestato a marzo per una presunta tangente sugli appalti dell’autostrada Siracusa-Gela. In caso di stop all’opera, le penali da pagare ammonterebbero a circa 50 milioni, un decimo rispetto ai 500 che servirebbero per completare il passante ferroviario. Se il governo dovesse bloccare il nuovo aeroporto, invece, non ci sarebbe alcun costo ulteriore per il semplice fatto che non è ancora stato indetto alcun appalto di gara sui lavori. Ad oggi infatti l’opera è al palo e si attende la risposta del Tar sul ricorso dei Comitati del No sul decreto di Valutazione Impatto Ambientale con cui il ministero dell’Ambiente a dicembre ha dato il disco verde. Il masterplan presentato nel 2015 prevedeva un costo complessivo di 365 milioni ma per i Comitati la realizzazione della nuova pista costerebbe almeno il doppio.
Chi non ci sta a vedere scritta la parola “fine” sulle due opere è il presidente di Confindustria Firenze Luigi Salvadori: “E’ facile aizzare le folle per dire che c’è il pericolo ma poi bisogna spiegare alla gente quali sono le conseguenze economiche e sociali di una scelta di questo tipo – dice al fatto.it – il nuovo aeroporto vale un punto di Pil a livello di Città Metropolitana e porterebbe 5mila posti di lavoro in più. Poi se si vuole mettere le mani sull’aeroporto bisogna farlo bene altrimenti lo chiudiamo con la conseguenza che si mandano a casa 2200 lavoratori. Si può sempre vivere nelle capanne ma l’importante dirlo e prendersene le responsabilità”.