Più di 400 cittadini manifestanti provenienti da tutta la Puglia, in rappresentanza delle oltre 50 associazioni e comitati che si battono contro l’impianto complessivo del decreto Martina, hanno manifestato ordinatamente e pacificamente, venerdì 25 maggio, a Bari. Si tratta di un decreto del 6 aprile che impone l’uso di pesticidi in mezza regione, dall’asse Adriatico-Jonio Fasano-Taranto fino a S.M. di Leuca, per sterminare la sputacchina (Philaenus spumarius L.), sospetta di essere il vettore del batterio Xylella Fastidiosa ceppo CoDiRO.
Un decreto che ha ad oggetto l’ulteriore piano di eradicazione di migliaia di olivi secolari, millenari e monumentali non censiti, col pretesto di voler arrestare una batteriosi che si suppone – nulla di scientificamente provato in maniera inconfutabile – sia la causa del disseccamento dell’olivo nel basso Salento. Altri sostengono che i sintomi del disseccamento siano causati dalla cattiva gestione agronomica degli uliveti e l’uso eccessivo di sostanze chimiche.
Mentre i dati ufficiali parlano di circa 3000 piante infette su oltre 170.000 campionate, molte in perfette condizioni vegetative in cui è presente il batterio ormai da più di un anno da quando sono iniziati i campionamenti, la stampa generalista e le associazioni di categoria prime fra tutte Coldiretti, Cia e Cno (Consorzio nazionale olivicoltori) lanciano una campagna allarmistica su dati infondati secondo i quali, a seconda delle occasioni, si va da un milione a 10 milioni di olivi infetti.
In realtà le osservazioni empiriche e scientifiche di gruppi di sperimentazione e ricerca avviati in Salento già da un anno e finanziati dalla Regione Puglia rilevano che, dove le piante non sono state capitozzate da chioma e branche, più che di disseccamento si tratta di defoliazione causata da diverse aggressioni patogene, in particolar modo da funghi tracheomicotici, parassiti come il rodilegno giallo (Zeuzera Pyrina) e dal tarlo dell’olivo (fleotribo), tra i tanti patogeni presenti negli arealai salentini.
A conferma di ciò diverse pubblicazioni scientifiche prodotte da oltre un decennio fino a oggi da enti di ricerca universitari e Cnr.
Il contesto ambientale, costituito da decenni di cattive pratiche agricole, uso dissennato di pesticidi (secondo i dati incrociati di Arpa, Ispra e Istat, in Salento si è fatto uso di glifosato in percentuale 5 volte in più rispetto alla media nazionale), i mutamenti climatici in atto da vent’anni, hanno favorito lo stato di desertificazione dei suoli del Salento. Dai rilievi recenti appare evidente che la sostanza organica presente nel tacco d’Italia è al di sotto del 2% e anzi si attesta tra lo 0,2 e lo 0,8% quindi ben al di sotto della soglia di allarme desertificazione stabilita dalla Fao che è del 2%.
In tutta l’area della provincia di Brindisi fino alla Valle d’Itria, compreso Fasano, Monopoli, Martina Franca e fino a Taranto, il fenomeno del disseccamento non è presente, perché le condizioni agro-ambientali non sono precipitate come quelle del Salento.
Un fenomeno, quello dell’abbandono di una coltura fondamentale come l’olivo, innescatasi da quando, sul finire degli anni 90 e tra i primi del 2000 le norme che regolano l’erogazione del contributo pubblico, meglio conosciuto come “Integrazione al reddito per l’olivicoltura”, ha visto cambiare la modalità di erogazione.
All’epoca si è passati dal contributo legato alla produzione a quello legato al numero delle piante in possesso del conduttore dell’oliveto. Contributo che gli olivicoltori percepiscono a condizione che gestiscano l’oliveto nel rispetto del Piano Olivicolo Integrato. Un cambiamento voluto dall’allora ministero delle Politiche Agricole e Forestali in accordo con le maggiori associazioni di categoria e di settore. Un cambiamento di strategia che ha indotto soprattutto gli olivicoltori del basso Salento, alla mancanza di rispetto della “condizionalità” prevista tra l’altro dalle norme europee e italiane inserite nel Piano Agricolo Integrato nazionale e regionale. In assenza pressoché totale di controlli che verificassero l’attuazione della condizionalità, il lassismo ha prodotto il disastro.
Torniamo a Bari. Un corteo variopinto composto da tanti residenti in Puglia, molti dei quali provenienti da tutta Italia ma anche da Germania, Inghilterra, Francia, Belgio, Olanda, Stati Uniti, India, che hanno scelto la Puglia e, in particolar modo, la Valle d’Itria per cambiare vita e per ricongiungersi a madre natura. Il corteo è partito da via Dalmazia, sede regionale della Rai. E’ stato durante il corteo che una delegazione composta da ricercatori di diverse discipline non solo in ambito scientifico, esperti di olivicoltura, hanno consegnato alla direzione regionale della Rai, alla presidenza della Regione Puglia all’ufficio del presidente Michele Emiliano e al Prefetto di Bari dottoressa Marilisa Magno, un documento con parere scientifico motivato con il quale si chiede al governo l’immediata abrogazione del decreto ministeriale. Nel documento puntuale e rigoroso si evidenziano le carenze di natura scientifica sulle quali si fonda il decreto Martina del 13 febbraio 2018 pubblicato su Gazzetta Ufficiale il 6 aprile.
Nei giorni successivi, il 30 maggio a Brindisi, la stessa delegazione, è stata in audizione presso gli Ispettori della Commissione Europea in quanto “portatori di interessi”. Ai commissari sono stati illustrati i diversi punti di vista tecnici, da quello giuridico a quello economico e scientifico. In fine è stato consegnata una richiesta scientifica motivata di spostamento del batterio Xylella Fastidiosa Pauca ceppo CoDiRO, in Alert List in modo tale da poter consentire, liberamente e senza le restrizioni imposte dai decreti Martina emanati del 2014 al 2018 al mondo scientifico di studiare l’eziologia del batterio che, stando alle osservazioni dei 5 anni passati da quando il batterio è stato rilevato ufficialmente in Salento, non sembra essere quel pericoloso patogeno che determina la morte degli olivi.