Quasi 7 milioni di aventi diritto chiamati ai seggi che chiuderanno alle 23. Si rinnovano sindaci e consigli anche in 20 capoluoghi (Brescia e Catania i più popolosi) e tra questi uno di Regione (Ancona). E' il primo test elettorale dopo l'insediamento del governo M5s-Lega
Sono quasi 7 milioni gli elettori chiamati alle urne, dalle 7 alle 23, per il rinnovo delle amministrazioni in 761 Comuni italiani. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno (da cui è esclusa la Sicilia perché a statuto speciale), alle 19 l’affluenza registrata è stata del 44 per cento. Alle precedenti elezioni omologhe, alle ore 19, la percentuale era stata del 40,03 per cento. Alle 12 l’affluenza era stata del 19,82 per cento, anche in questo in crescita rispetto alle precedenti amministrative del 2013 (quando però si votava in due giorni). Fra i Comuni al voto c’è Ancona, unico capoluogo di Regione di questa tornata elettorale, insieme ad altri 20 capoluoghi di provincia. Si tratta del primo vero banco di prova per i partiti, dopo le politiche del 4 marzo scorso e la lunga crisi istituzionale che ha portato alla formazione del governo Conte. Nel frattempo un sindaco è già stato eletto prima della chiusura delle urne: Ivan Fustinelli è il primo cittadino di Ponte di Legno (in provincia di Brescia) perché è l’unico candidato in corsa e l’affluenza ha superato il 50 per cento.
Fra le liste nazionali in corsa con il proprio simbolo nei Comuni superiori, sottolinea YouTrend, la più presente è quella del Movimento 5 stelle (89 su 109). Segue Forza Italia (83), mentre il Partito democratico si è presentato spesso con altri nomi. Occhi puntati su alcune città-chiave: è il caso delle roccaforti del Pd Pisa e Siena; di Avellino, Ragusa e Siracusa dove il Movimento 5 stelle può fare incetta di voti; del “caso Catania“, in cui il candidato del centrodestra può vincere al primo turno ma è imputato per peculato e rischia la sospensione. E nei Comuni con più di 15mila abitanti dove nessun candidato riuscirà a ottenere il 50 per cento più uno di voti (eccetto che in Sicilia, dove la soglia è fissata al 40), è previsto il ballottaggio per il 24 giugno.
Il Mezzogiorno al voto tra indagati e voltagabbana – Sono 670 gli aspiranti consiglieri a Siracusa, distribuiti in 19 liste a sostegno di ben 7 sindaci: praticamente un candidato ogni 140 elettori. Alcuni sono coinvolti in “Gettonopoli” (600mila euro di danni per aver incassato illecitamente il gettone delle commissioni consiliari), altri nell’indagine sulle firme false alle elezioni del 2013. Poi c’è il caso di Catania, dove Salvo Pogliese del centrodestra è dato in vantaggio ma è al centro di un processo per peculato. Se condannato, rischia la sospensione per effetto della legge Severino. Complessivamente sono 1 su 3 i Comuni siciliani chiamati alle urne. Il grande assente? Il Pd, il cui simbolo è sparito nei centri più grandi. In Puglia, invece, Brindisi deve fare i conti con la carica di voltagabbana ed ex candidati, all’ombra del vecchio sindaco che patteggiò per corruzione.
Centrosinistra spaccato nelle (ultime) roccaforti rosse – È a Massa, Pisa e Siena che il Partito democratico gioca le sue sfide più importanti. Ma le guerre fratricide andate in scena nei mesi scorsi rischiano di spianare la strada al Movimento 5 stelle e alla Lega. È il caso della città della Torre pendente, dove il partito è stato commissariato e il candidato sindaco è in continuità con la giunta precedente. A Massa i pentastellati cercano l’en plein, dopo la conquista di Carrara di un anno fa, mentre sono assenti a Siena. Ed è proprio questo vuoto (dovuto ai conflitti fra lo storico meet-up locale e i vertici nazionali) che lascerà spazio al probabile ballottaggio fra centrosinistra e centrodestra.
Lega e Forza Italia in cerca il monopolio al Nord – Fra i 103 Comuni lombardi chiamati al voto, la sfida più importante si gioca a Brescia. Qui la forzista Paola Vilardi è in corsa contro il sindaco uscente del centrosinistra Emilio Del Bono e spera di capitalizzare il 40,8 per cento ottenuto dal suo schieramento alle Politiche. In Veneto, invece, due delle città venete più ricche e industrializzate (Vicenza e Treviso) sono in mano ai dem ma potrebbero tornare sotto il controllo del centrodestra.
“Modello Zingaretti” alla prova in Lazio – Fiumicino, Velletri e Santa Marinella. È qui che il centrosinistra, forte dell’unità sulla base del “modello Zingaretti”, mira a mettere un freno al predominio pentastellato e all’avanzata del centrodestra. A Roma, invece, si vota nei Municipi III e VIII, dove alle scorse politiche il M5S ha subito il contraccolpo delle vicende territoriali. Mentre fuori dalla provincia romana ha fatto discutere il caso di Sutri, piccolo centro di 6.600 abitanti, dove il candidato favorito è Vittorio Sgarbi sostenuto da una coalizione civica che va dalla Lega a Rifondazione Comunista.
Salvini: “#oggivotoLega”. Scoppia la polemica – “Buon voto a tutti i cittadini che oggi, fino alle 23, in oltre 700 comuni, hanno la fortuna di poter eleggere il proprio sindaco”, ha scritto su Facebook il leader del Carroccio e ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Se poi arriveranno tanti voti per la Lega, sarà un bel segnale politico a chi fa cortei al grido di ‘Salvini assassino‘ bruciando le nostre bandiere e una risposta chiara a tutti gli intellettualoni, giornalistoni, chiacchieroni e rosiconi della sinistra secondo i quali in 7 giorni avremmo già dovuto rimediare a quasi 7 anni di governi del Pd”. Il post si conclude poi con l’hashtag #oggivotoLega e con un’immagine del simbolo del Carroccio. Immediate le reazioni dell’opposizione, fra cui quella del segretario reggente del Pd Maurizio Martina: “È grave che a seggi aperti per le elezioni comunali proprio il ministro dell’Interno si lanci nell’ennesimo spot elettorale per il suo partito. In nessun paese moderno ciò sarebbe consentito”, ha detto Martina. “Abbiamo due vicepremier che anziché governare nell’interesse generale pensano solo alla propria propaganda di partito e questo segna una deriva pericolosa che non può essere sottovalutata”.