Antonio Silvio Calò, docente di storia e filosofia al Liceo Classico Canova di Treviso, è un uomo mite, schivo, e ha 57 anni. Dal 2015 si era reso disponibile per ospitare alcuni profughi. E a ottobre sarà premiato come “Cittadino europeo dell'anno”
“Suonino le trombe per questo premio, speriamo che svegli gli animi. Non lo dico per me, ma per il segnale che abbiamo lanciato, qui, dall’Italia”. Il professor Antonio Silvio Calò, docente di storia e filosofia al Liceo Classico Canova di Treviso, è un uomo mite, schivo, e ha 57 anni. Tre anni fa, quando aprì la porta di casa propria a sei extracomunitari non voleva quasi che lo si sapesse in giro. Per non diventare un caso, per non sembrare colui che si metteva in mostra sulla pelle degli extracomunitari richiedenti asilo, seppur aiutandoli. Ma adesso, dopo aver ricevuto una lettera del vicepresidente del Parlamento europeo, Sylvie Guillaume, invita tutti a festeggiare, perché gli è stato conferito il riconoscimento di “Cittadino europeo dell’anno”. Un segnale significativo, con una Unione Europea che non ha sempre aiutato l’Italia a sostenere l’arrivo massiccio di stranieri sulle proprie coste. Oltre a lui, riceveranno lo stesso premio anche la Fondazione bresciana Assistenza Psicodisabili Onlus (Bap), la dottoressa Paola Scagnelli, che è primario e medico volontario in Tanzania, e don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione ‘Casa della carità’.
Calò si è fatto carico, nella propria casa di Povegliano, a una dozzina di chilometri da Treviso, dell’accoglienza diffusa. E lo ha fatto nel modo più semplice. Ha ospitato sei stranieri. In Prefettura, nel 2015, aveva detto: “Se serve aiuto per l’accoglienza, sono disponibile a ospitare un gruppetto di migranti. Voglio dare una mano”. Aveva diverse stanze e una taverna libere. E così aveva predisposto le suppellettili per accogliere sei africani.
È evidente che alle spalle ci sia un retroterra culturale, una sensibilità sociale non comune, in una terra come la Marca trevigiana dove le parole d’ordine leghiste hanno attecchito da sempre. “L’accoglienza è un tema universale. Altrimenti torniamo alla barbarie. C’è in giro un venticello pericoloso, offensivo per le persone”. Il professor Calò non nasconde la soddisfazione. “Sono emozionato e felice, non mi vergogno. Non ho mai sfruttato i giornali, ma ora li sprono a scrivere. Diamo eco a questo premio che dice una cosa importante: l’Italia è anche questo, non solo quello che si è sentito in campagna elettorale”. In questa avventura non avrebbe potuto gettarsi se non avesse avuto l’aiuto della moglie Nicoletta e dei quattro figli che ormai sono adulti.
La consegna del premio avverrà il 9 e 10 ottobre a Bruxelles. Si tratta di un riconoscimento che ogni anno va a progetti o iniziative (al massimo sono 50) che diano un contributo “alla cooperazione europea e alla promozione di valori comuni”. In questo caso un singolo cittadino ha fatto quello che gli Stati membri faticano a fare. Calò andrà a Bruxelles con la moglie e con uno dei sei giovani che ha accolto. Tutti e sei lavorano e sono pronti a lasciare la casa dove sono stati ospitati. Quando avverrà, i loro posti in casa Calò verranno rimpiazzati.
(Foto tratta dal profilo Facebook di Antonio Silvio Calò)