È oramai a tutti evidente come un certo approccio punitivo nei confronti di migranti e richiedenti asilo costituisca la cifra identitaria fondamentale di questo governo. Va in questo senso riconosciuta a Matteo Salvini la leadership che gli spetta in questa coalizione di destra allargata, volenti o nolenti, anche ai 5 stelle. Non scopro certo l’acqua calda affermando, al riguardo, che quella di Salvini costituisce la personalità politica di maggiore spicco. Al buon Luigi Di Maio saranno lasciate le patate bollenti e sul piano della redistribuzione del reddito – necessaria per far ripartire l’economia nazionale – e non sarà fatto nulla se non in peggio (vedi flat tax). Nessuna seria misura contro la precarietà, che fa troppo comodo alle imprese. Quindi, italiani, accontentatevi di poter primeggiare sugli immigrati. La psicosi della cosiddetta invasione ha prodotto buoni risultati dal punto di vista elettorale. Ed è una ricetta che ha funzionato anche in altri luoghi fondamentali dell’Occidente in crisi, tipo Stati Uniti con la resistibile ascesa di Donald Trump che, infatti, ha trovato un forte feeling con Giuseppe Conte.

Non credo tuttavia che funzionerà ancora a lungo e riuscirà a occultare le contraddizioni sociali che continueranno ad accumularsi e acutizzarsi. Intanto, va tenuto conto del fatto che l’economia italiana si basa in misura crescente sul lavoro dei migranti. Interi settori, come quello agricolo o quello della logistica, occupano già ora in maggioranza migranti. Lasciare questi ultimi senza diritti costituisce un regalo alla parte peggiore della classe imprenditoriale italiana e multinazionale, consentendo a quest’ultima di perpetuare un certo modello italiano che si regge sullo sfruttamento del lavoro non riuscendo a produrre innovazioni che determinino un aumento della produttività.

I migranti, pur lavorando duramente per la nostra economia e il nostro benessere, vengono mantenuti in condizioni di vita disumane e – come insegna la vicenda di Soumaila Sacko, militante dell’Unione sindacale di base – sono vittime delle mafie che si reggono anche sullo sfruttamento brutale del loro lavoro. Conforta, a tale riguardo, la disponibilità di Roberto Fico – presidente della Camera, che costituisce il lato positivo e da preservare e rilanciare della rivoluzione elettorale del 4 marzo – a confrontarsi con i dirigenti di questa importante organizzazione e ad avviare un lavoro conoscitivo e di approfondimento sul tema delle condizioni lavorative dei migranti. Vedremo se, e in che misura, anche Di Maio si confronterà su questo terreno. Ma qualche dubbio è ahinoi lecito, stante la totale subalternità dei 5 stelle al verbo salviniano.

L’organizzazione politica e sindacale dei migranti, insieme ovviamente ai lavoratori indigeni, costituisce pertanto oggi una sfida fondamentale. Sfida che si sconterà frontalmente con l’approccio salviniano al problema. Esiste, infatti, un legame diretto tra retorica antimigranti e sfruttamento dei migranti da parte delle agromafie. Ne viene pregiudicato anche il ruolo internazionale del nostro Paese. Salvini butta a mare, insieme ai migranti, le speranze di un dialogo costruttivo con i Paesi della sponda Sud. Si vedano gli insulti alla Tunisia. Il risultato è quello di rafforzare le peggiori posizioni esistenti all’interno dell’Unione europea, come quel sottosegretario belga che parla apertamente di “aggirare” l’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani, il cui testo lapidario è il seguente: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Occorre organizzare la resistenza.

È certamente positivo che il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, si sia opposto alla disumana decisione salviniana della chiusura dei porti, dando la disponibilità ad accogliere la nave respinta. Un appello è stato lanciato da De Magistris e dai sindaci di Palermo (Leoluca Orlando), di Reggio Calabria (Giuseppe Falcomatà), di Messina (Renato Accorinti), di Taranto (Rinaldo Melucci) e di Livorno (Filippo Nogarin). Sono in gioco delle vite umane, che vanno salvaguardate senza se e senza ma. La disobbedienza non è solo lecita ma doverosa, perché basata su principi normativi superiori.

L’Occidente in crisi, partorendo i Trump e i Salvini rinnega pertanto la parte migliore del suo patrimonio storico in tema di diritti e di libertà. Ciò vale anche per il tema dei diritti civili e delle libertà delle persone. Non a caso, l’oceanica e bellissima manifestazione del Gay pride di Roma ha avuto come bersaglio fondamentale il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, altro illustre esponente del partito di Salvini.

Del resto non ha davvero senso contrapporre (come ha fatto a lungo il Pd) diritti civili e diritti sociali, libertà individuali e libertà collettive. Le persone, in carne e ossa, vanno valutate e valorizzate nella loro interezza. Riscoprire le persone, nelle loro molteplici identità, costituisce oggi l’unica chance di sopravvivenza per un Occidente che non si rassegna a riposare in eterno nei cimiteri delle tristi identità trumpo-salviniane.

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