“Ruspa!!!!! Quando torneremo al governo, raderemo al suolo uno per uno tutti ‘sti maledetti campi Rom“. Era il 2015, Matteo Salvini non era ancora il capo del Viminale, ma la sua campagna l’aveva già intrapresa da un pezzo. Forse non sapeva che diversi esponenti del gruppo etnico che da anni ha eletto a bersaglio politico hanno dato una mano ai suoi candidati a procacciarsi voti in campagna elettorale, e non solo in qualità di obiettivo delle sue intemerate. Perché nell’ordinanza con le 25 misure di custodia cautelare che hanno decapitato il clan Di Silvio a Latina gli inquirenti scrivono che due degli arrestati facevano “attività di propaganda elettorale” per la lista di Salvini alle amministrative del 2016 a Terracina.
Il trait-d’union tra il Carroccio e la maxi operazione condotta dalla polizia nel capoluogo pontino si chiama Agostino Riccardo, detto Balò, finito in carcere con l’accusa di far parte di “un’associazione di tipo mafioso facente capo a Di Silvio Armando detto “Lallà“, ovvero colui il quale la Direzione distrettuale antimafia considera il capo del clan che spadroneggia da anni a Latina esercitando un controllo capillare del territorio (“strada per strada, quartiere per quartiere”, spiegava in conferenza stampa il procuratore aggiunto Michele Prestipino) tra traffico di droga, estorsioni e riciclaggio di denaro.
Il 4 giugno 2016 la polizia di Terracina trovava, all’interno del parcheggio del McDonald’s che sorge lungo la Pontina tra Latina e Terracina, Riccardo in compagnia di due pregiudicati locali: Gianluca D’amico, finito ai domiciliari nell’operazione di questa mattina, e Matteo Lombardi, “soggetto – si legge nell’ordinanza – sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno”. Nell’auto di quest’ultimo gli agenti rinvenivano “numerosi manifesti riguardanti i candidati alle elezioni amministrative di Latina e Terracina, nonché materiale utilizzato per l’affissione”. Questi i nomi dei candidati annotati agli agenti quel giorno: “Per Latina: Elsa Calandrini Lungo, “Cuori Italiani“; e per la “Lista Salvini” il candidato Francesco Zicchieri“. Per Terracina invece Gianluca Corradini, Gina Cetrone, e Tramentozzi lista “Sì Cambia”.
Una circostanza imbarazzante per Salvini perché, dopo un passato in Alleanza Nazionale, Zicchieri (estraneo all’indagine) è diventato un fedelissimo del segretario del Carroccio: già consigliere comunale a Terracina, a marzo è stato eletto alla Camera, dove ad aprile è stato eletto vicepresidente del gruppo della Lega.
Una circostanza che, sottolinea il giudice per le indagini preliminari Antonella Minunni, “determinava l’accertamento del reato di cui all’articolo 76, comma 8 del codice antimafia, avendo il sorvegliato speciale Lombardi svolto, con la complicità di Riccardo Agostino e D’Amico Gianluca, attività di propaganda elettorale”. Documentata, si legge ancora nell’ordinanza, da foto pubblicate su Facebook in cui Riccardo in compagnia di Samuele Di Silvio, anch’egli arrestato nella maxi operazione della Polizia, esponeva “manifesti dei candidati sopra citati“.
Un’attività della quale ha parlato anche il collaboratore di giustizia Renato Pugliese, che nel verbale del 26 gennaio 2017 racconta di una persona estranea all’indagine che “era con me nella campagna elettorale del 2016 a Terracina e a Latina, attaccava i manifesti elettorali di Salvini e Gina Cetrone per conto mio e di Agostino”.
“Fatti che, nella loro complessità – spiegava il procuratore aggiunto Prestipino questa mattina in conferenza stampa – sono indici importanti della mafiosità del gruppo, capace di stringere rapporti con la politica“.