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Sdl Centrostudi, fondatori a giudizio per truffa aggravata: “Cliente raggirata per farle fare causa a una banca”

Secondo il pm le perizie predisposte dalla società creata da Serafino Di Loreto e Stefano Pigolotti per dimostrare i presunti tassi usurari applicati dagli istituti erano “in realtà non adatte ad accertare, rilevare o analizzare i fatti inerenti l’oggetto della controversia e non utilizzabili in sede giudiziaria”. Secondo gli esperti presentavano "presupposti illogici e lacune"

Per anni hanno accusato le banche di vessare i clienti con tassi usurari. Ma ora sul banco degli imputati per truffa aggravata ci sono loro, Serafino Di Loreto e Stefano Pigolotti, soci fondatori di Sdl Centrostudi, società bresciana che ha agganciato migliaia di imprenditori e semplici cittadini grazie a una vasta rete commerciale a struttura piramidale. E li ha convinti a fare causa contro gli istituti di credito sulla base di perizie vendute dalla stessa società. Cause in diversi casi finite male, a volte anche con condanne per lite temeraria a chi le aveva intentate.

E male era finita pure la causa di Deborah Betti contro Banca Popolare di Milano. Ma Betti non c’è stata e nel 2014 ha presentato una denuncia accusando Sdl di averla “indotta a procedere in giudizio sulla base di conteggi assolutamente inattendibili e incompleti”. Dalla sua esperienza negativa, l’imprenditrice ha preso spunto per aprire un blog (www.deborahbetti.it) piuttosto seguito in cui ha dato aggiornamenti costanti sugli inciampi di Sdl. Mentre dalla denuncia è nata un’indagine della procura di Monza, poi trasferita per competenza a quella di Brescia, che ora manda a processo Di Loreto e Pigolotti.

Tra gli “artifizi e i raggiri” utilizzati contro Betti, nell’atto di citazione a giudizio il pm Fabio Salamone fa riferimento alle perizie predisposte da Sdl per dimostrare i tassi usurari applicati dalla banca, ma “in realtà non adatte ad accertare, rilevare o analizzare i fatti inerenti l’oggetto della controversia e non utilizzabili in sede giudiziaria”. Ecco, per esempio, il parere di un esperto raccolto in fase di indagine: “La modalità utilizzata per il rilevamento dell’usura è basata su presupposti illogici, fantasiosi e totalmente errati (…). L’elaborato peritale presenta gravi lacune dal punto di vista dei fondamenti e dei principi tecnici e giuridici in base ai quali è stata svolta l’analisi”.

Falso – aggiunge il pm – che Sdl, come prospettato a diversi clienti, fosse in possesso di un software certificato dal dipartimento di Economia dell’università di Bologna, circostanza già smentita a ilfattoquotidiano.it dall’ateneo. Sconfessata inoltre dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – si legge nell’atto del pm – l’esistenza di una certificazione dell’Università popolare di Milano, in passato legata a Sdl e sanzionata dall’Authority per pratiche commerciali scorrette (in quanto colpevole, come da provvedimento dell’Autorità, “di indurre i consumatori a ritenere che i titoli rilasciati dalla stessa abbiano il medesimo valore legale di quelli delle Università degli studi legalmente riconosciute in Italia ovvero un autonomo valore legale in Italia”).

Ora delle accuse della procura dovranno rispondere Pigolotti, che nel frattempo ha lasciato Sdl. E Di Loreto che, benché non compaia più tra i soci di Sdl, è sempre stato attivo in azienda, facendone bella mostra sul suo profilo Facebook, eliminato nei giorni successivi alla notifica della citazione a giudizio. Il tutto dopo che nell’ultimo periodo era riuscito a ottenere articoli di encomio su alcuni siti della società editoriale More News, quali torinoggi.it, sanremonews.it e targatocn.it. Articoli che, riprendendo i comunicati stampa pro Sdl inviati da Maurizio Scandurra (giornalista pubblicista e – si legge sul web – critico musicale), usavano per Di Loreto espressioni come “noto e stimato avvocato bresciano”, “noto per le battaglie contro banche e fisco ingiusti, al servizio di cittadini e imprese soffocati da debiti ormai ingestibili”, e via dicendo. Contattato in merito alla vicenda che lo vede imputato per truffa, Di Loreto, il cui nome non compare nell’elenco nazionale degli avvocati tenuto dal Consiglio Nazionale Forense, si limita a rispondere: “Con gente faziosa non ho nulla da esprimere”. E posa subito il telefono in faccia. Mentre in una seconda telefonata in cui gli chiediamo se sia opportuno che i clienti di Sdl sovraindebitati interessati all’esdebitazione vengano seguiti da Luca Barontini, commercialista radiato dall’albo e condannato lo scorso febbraio in primo grado per appropriazione indebita per essersi intascato in vicende non riguardanti Sdl oltre 270mila euro (altri 345mila riguardano un periodo finito in prescrizione) che una ventina di clienti gli avevano versato per pagare le tasse, Di Loreto risponde: “Barontini non è un dipendente di Sdl, è uno dei nostri fornitori. Quelle che sono le cose che riguardano lui, da noi non interessano”. Tornando al processo per truffa, un “no comment” più garbato arriva dall’altro imputato, Pigolotti.

E Sdl? Per la società non sono più i tempi d’oro in cui faceva utili per 4,3 milioni di euro, come nel 2014. Tanto che l’ultimo bilancio disponibile, quello del 2016, registra una perdita di 1,2 milioni. Oggi socio al 100% è, attraverso la Tax & Duty Consulting, Mauro Giacchini, cioè colui che ha ideato il kit H1, un dispositivo per veicoli pubblicizzato come utile a ridurre i consumi e venduto dai commerciali di Sdl, che non si limitano dunque ai pacchetti per difendersi dall’usura delle banche. Da tre mesi ha lasciato la presidenza della società l’ex magistrato Piero Calabrò, nominato nell’ottobre 2015, in epoca dunque successiva ai fatti contestati a Di Loreto e Pigolotti. Lo ha sostituito l’ultraottantenne avvocato romano Michele Anastasio Pugliese, che siede nel cda insieme al responsabile commerciale Pierfelice Minoia e Massimo Maria Amorosini, ex direttore generale di Confapi. Quest’ultimo, contattato al telefono, fa sapere che Sdl, sul processo ai sui soci fondatori, non ha intenzione di rilasciare commenti.

@gigi_gno

AGGIORNAMENTO
Segnaliamo che il Tribunale di Brescia ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Stefano Pigolotti, in ordine ai fatti descritti nell’articolo e a lui imputati nel processo, per remissione tacita della querela