Emmauel Macron “chieda scusa” e “passi dalle parole ai fatti”. E se l’Europa “c’è parli adesso o taccia per sempre”. E poi i numeri dell’accoglienza, gli “undici migranti su 100 che hanno diritto di rimanere” e “il business dei ricorsi”. Matteo Salvini interviene al Senato per informare sul caso della nave Aquarius e, oltre a ripercorrere le giornate di domenica e lunedì con il “mancato intervento di Malta”, ne approfitta per un intervento a tutto tondo sulla questione immigrazione, mentre dai banchi del Pd, Davide Faraone espone un cartello con scritto “Forte con i deboli”.
“Non abbiamo niente da imparare da nessuno in termini di solidarietà. La nostra storia non merita di essere apostrofata in questi termini da esponenti del Governo francese che spero diano scuse”, esordisce il ministro dell’Interno dopo le polemiche di lunedì e la convocazione dell’ambasciatore francese. Dopo, aggiunge Salvini, Macron dovrebbe “passare dalle parole ai fatti e accogliere i 9mila migranti che si era impegnato ad accogliere per dare un segno concreto” sottolineando che Parigi ha aperto le porte solo 340 dei 9.816 migranti che dovevano essere ricollocati in tre anni. “La Francia ci dice che siamo cinici – ha aggiunto – ma dal 1 gennaio al 31 maggio ha respinto alle frontiere 10.249 persone, comprese donne e bambini disabili”. Precisando che “non è un derby tra Italia e Francia”, la “nostra azione di volontariato – ripete – non merita di essere apostrofata in quel modo” da un rappresentante del Governo francese. Quindi, uscendo dal Senato, l’invito al premier Conte: “Senza scuse ufficiali fa bene a non andare a Parigi”.
Ricordando che l’Italia accoglie 170mila migranti e Madrid 16mila, il ministro ha ringraziato “la Spagna e ringrazio il buon cuore del presidente Sanchez. Mi auguro e spero che eserciti la sua generosità anche nelle prossime settimane, avendo spazio per farlo”. “Non voglio che bambini vengano messi su un gommone e muoiono nel Mediterraneo perché qualcuno li illude che in Italia c’è lavoro e casa per tutti. Sono stufo. Sono morti di Stato“, chiarisce il ministro riprendendo un’espressione usata diverse volte durante i governi Renzi e Gentiloni. “Se l’Europa c’è parli adesso o taccia per sempre – ha scandito – Non possiamo accogliere tutti noi”. Poi ha lodato il suo predecessore Marco Minniti, perché “chi ci ha preceduto ha fatto un buon lavoro” e “non siamo qui per smontarlo, se mai per migliorarlo”.
Esprimendo “dubbi” sulle Ong e le “voci di finanziamenti da parte di Soros”, Salvini ha detto che “è tempo che gli Stati tornino a fare gli Stati“, perché “è inaccettabile che siano associazioni private finanziate da chissà chi a dettare modi e tempi dell’immigrazione”. Poi l’attacco: “Che poi bisognerebbe vedere da dove arrivano certi finanziamenti, perché quando leggo che dietro ad alcuni c’è la Open Society di Soros mi viene qualche dubbio su quanto sia spontanea questa generosità”.
Un passaggio della sua informativa è stato dedicato anche ai tempi per l’analisi delle domande di asilo: “Dallo sbarco alla definizione passano tre anni. Troppo tempo. Nel 2018 ci sono state 42mila domande d’asilo, solo a 7 su 100 viene riconosciuto lo status di rifugiato politico, più un 4% di protezione sussidiaria. La maggioranza delle domande viene respinta perché non ha fondamento”. E anche qui, il ministro ha attaccato “il business degli avvocati d’ufficio che fanno milioni di euro alle spalle di questi disgraziati ed occupano i tribunali” con i ricorsi dopo il respingimento della prima domanda.