di Andrea Cerabolini
Il presidente Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un si sono incontrati presso la “Cappella Singapore” un resort di lusso sull’isola di Sentosa. La scelta della località è ricaduta su Singapore perché il Paese asiatico è uno dei pochi a intrattenere rapporti diplomatici con entrambi gli Stati.
Nei giorni scorsi avevamo assistito all’arrivo di Kim e del suo entourage, tra le migliaia di fotografi occorsi per immortalare la storica occasione, su un boeing fornito dalla Cina, dato che l’aereo di Stato non era ritenuto idoneo ad affrontare una tratta così lunga. Il leader supremo è stato raggiunto da Trump il 10 giugno, precedentemente impegnato al G7 in Canada.
Di fronte alla stampa, i due si sono stretti la mano, prima dell’attesissimo faccia a faccia (durato circa 40minuti), per poi essere raggiunti dagli altri alti ufficiali. Oltre a Kim, la delegazione nordcoreana comprendeva Ri Su Yong, una dei massimi ufficiali del regime in politica estera e già ambasciatore in Svizzera nel periodo in cui si ritiene che Kim fosse iscritto in una scuola privata nei pressi di Berna. Erano inoltre presenti Kim Yong Chol, ex capo dei servizi di intelligence e adesso vicesegretario del Partito comunista nordcoreano, e il ministro degli Esteri Ri Yong Ho.
Al termine dell’incontro i due leader hanno firmato un’intesa diffusa solo in un secondo momento alla stampa internazionale, ma che contiene alcuni punti su cui si sarebbe trovato un preliminare accordo: l’impegno di entrambi gli attori al miglioramento delle relazioni tra i due Paesi così da assicurare la pace, l’impegno alla costruzione di un duraturo “regime di pace” nella penisola coreana e in linea con la precedente dichiarazione di Panmunjon, l’impegno a compiere i passi necessari al raggiungimento di una “completa denuclearizzazione della penisola coreana” oltre al rimpatrio di prigionieri di guerra e delle salme dei caduti, prevedendo (per coloro già identificati) il rimpatrio immediato. Nel testo della dichiarazione vengono preannunciati nuovi incontri tra alti funzionari nordcoreani e il segretario di Stato Mike Pompeo, ai quali viene affidato il compito di trovare la maniera di tradurre gli impegni presi in fatti.
Al termine del summit, in conferenza stampa il presidente americano ha detto di aver “instaurato un legame molto speciale” con Kim, mentre quest’ultimo ha riconosciuto le “grandi sfide da affrontare”, ma ha espresso il desiderio di collaborare con Trump. L’amministrazione americana può rallegrarsi dell’incontro e delle intese raggiunte ma, stando alle parole di Pompeo, il presidente non siglerà nessun accordo che non garantisca una effettiva protezione dalla minaccia nucleare nordcoreana.
Interrogato dalla stampa sull’impegno preso dal regime sulla denuclearizzazione, il presidente Trump ha assicurato che sarà un processo che avrà inizio “molto, molto presto”. Tuttavia, anche se nel documento finale si parla del mantenimento di buone relazioni tra i due Paesi, non si fa riferimento (almeno per ora) alla riapertura di un canale diplomatico. Si parla di denuclearizzazione ma non si fornisce alcuna indicazione su modi e tempi che tale processo dovrebbe seguire. Inoltre il documento non fornisce alcun dettaglio su come verranno condotte le verifiche, circa lo smantellamento dell’arsenale atomico di Pyongyang o che cosa sarà richiesto in cambio.
Per la Corea del Nord, l’incontro è uno straordinario successo d’immagine. Le foto dei due capi di stato fianco a fianco, con le bandiere americane che sventolano accanto a quelle del regime rappresentano un grande risultato per un leader che solo l’estate scorsa era considerato il paria della comunità internazionale. Nelle successive dichiarazioni Trump ha aggiunto che gli Stati Uniti sospenderanno le esercitazioni militari congiunte con la Corea del sud, definite provocatorie ed eccessivamente costose.
Veniamo inoltre a conoscenza della decisione di Kim di procedere alla distruzione di un sito di lancio missilistico come segno di buona volontà. Gesto particolarmente apprezzato da Trump ma che risulta poco più che simbolico dato che il 90% delle capacità di lancio nordcoreane sono installate su piattaforme mobili. Tali accordi, stando al presidente Trump, risultano essere esclusi dal documento siglato in quanto frutto di conversazioni occorse in un momento successivo alla firma dell’intesa. Trump ha anche menzionato la possibilità che l’armistizio siglato tra le due Coree nel 1953 possa trasformarsi presto in un trattato di pace, questione sulla quale è stato eletto il premier sudcoreano Moon Jae-in che si è congratulato del vertice attraverso un comunicato ufficiale.