Evito di scrivere qualcosa di eccessivamente argomentato sulla questione Aquarius o su Emmanuel Macron, hanno scritto tutto e tutti in questi gironi. Ovviamente a esclusivo beneficio della strategia comunicativa di Matteo Salvini, che continua a salire come uno scalatore l’arrampicata dei sondaggi. Non che la cosa non sia grave da meritare fiumi di parole, la situazione è talmente drammatica che viene da piangere. Soprattutto se si pensa alla disumanizzazione progressiva della nostra società.

I social contribuiscono a renderci distanti, nelle relazioni, nei giudizi, nella capacità di empatizzare con il prossimo. Si parla di questi temi come se fossimo in un videogame, dove la morte e la sofferenza sono solo una parte del gioco. E lo dico indipendentemente dal merito della discussione sull’immigrazione. Sono certo che la stessa gente che inveisce dal divano di casa, non lo farebbe se fosse, anche ugualmente nel ruolo di spettatore, sul ponte di una nave di salvataggio.

Proporrei un esperimento, consiglio a tutti di visitare (almeno una volta) una struttura Sprar, o una struttura di prima accoglienza, o una nave della guardia costiera impegnata a sud della Sicilia, o un campo di raccolta di pomodori nel calabrese. Si può fare, ci sono molte associazioni che organizzano gratuitamente delle visite davvero illuminanti. L’osservazione da vicino dei problemi aumenta la capacità di giudizio, diminuisce le distanze e permette di fissare nella discussione almeno un limite che stia nel parametri dell’umanità.

Ecco, voglio parlare di questo più che del merito della questione “gestione dell’immigrazione”, perché su quello, sulle quote, su quanti, come e dove devono arrivare o stanziare i richiedenti asilo, si può tranquillamente discutere. Qualcuno può arrivare fino a sostenere che sia necessario rivedere i trattati europei, gli accordi internazionali. Come sono stati fatti possono essere disfatti, anche arretrando da quelle che, per me, sono conquiste irrinunciabili della civiltà moderna. Per altri possono legittimamente apparire degenerazioni di un mondo decadente dove si stava molto, molto, ma proprio molto meglio quando si stava peggio. Del resto è l’eterna dialettica tra progressisti e conservatori, tra sinistra e destra. Le considero opinioni, mi spaventa la sconfitta su questo campo ma sono in grado di accettarla.

Quello che invece non riesco ad accettare è la tracotanza dei potenti, che hanno l’ossessione di essere sempre in contatto diretto con il proprio elettorato e sono disposti a tutto per mantenerlo. Per farlo, ovviamente, utilizzano un vecchio, arcinoto, metodo: la straordinaria durezza e nettezza nell’essere forti con i deboli e deboli con i forti.

In una logica di trattativa con soggetti terzi (l’Europa? Altri Stati?), si è scelto di utilizzare come strumento di negoziazione la vita di alcuni essere umani. Deboli, lontani, sufficientemente diversi da non riuscire a smuovere le coscienze dei commentatori da divano. Nessun colpo è arrivato all’Europa o ad altri Stati (peraltro non si capisce quali, visto che l’obiettivo dovrebbero essere gli Stati che si rifiutano di accogliere, i quali invece, a oggi, sembrano essere i principali alleati del governo), non si sono minacciate conseguenze economiche, diplomatiche, non si è minacciato di far saltare qualche poltrona, qualche accordo.

Si è scelto, come strategia di trattativa, di tenere gli interessi dei forti al sicuro e di lasciare quelli dei deboli alla deriva. Ecco, questa, amici miei, è la destra. Prima lo si capisce e prima si tornerà a parlare con categorie comprensibili, evitando le fregature del “è finita la caratterizzazione novecentesca di destra e sinistra”. Certe vicende rendono plasticamente l’idea che destra e sinistra forse non sono esattamente la stessa cosa.

Ora, mentre aspettiamo che il Pd torni a essere un partito di sinistra e la sinistra-sinistra-supersinistra capisca che forse c’è qualcosa di leggermente prioritario del far fuori quel cattivone di Matteo Renzi, intanto cominciamo a chiamare con il suo nome e a qualificare politicamente questo esecutivo: Governo Salvini, di destra.

A chi obietterà faccio due nomi: Filippo Nogarin e Giuseppe Conte.

Il primo viene smentito da Luigi Di Maio e da Danilo Toninelli e costretto a rimangiarsi una dichiarazione di condivisibile umanità “per non creare problemi al governo” (e quindi a Salvini). Il secondo, in pieno dibattito nazionale, si abbandona a un fragoroso silenzio, se non per svegliarsi solo per ribattere (giustamente) all’interferenza di Macron, come se non fosse che un semplice ministro del governo (a guida Salvini) e non il capo dello stesso.

Non so se vi ricordate i rapporti di forza maturati alle politiche, nel caso ve li ricordo io: 32-17, a favore dei grillini ovviamente. Beh, complimenti davvero a Salvini, con questi numeri era impensabile che riuscisse a fare il premier.

@lorerocchi

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