Sono più di 18mila i minori stranieri non accompagnati ospitati nel sistema di accoglienza dell’Italia e oltre 1.200 hanno meno di 14 anni. Il 40% di loro oggi è accolto dalla sola Sicilia. Si tratta di bambini e ragazzi vulnerabili che giungono nel nostro Paese dopo viaggi spesso drammatici. Quasi 16mila quelli che sono arrivati solo nel 2017. Una presenza costante e significativa sul totale degli arrivi dei migranti via mare. Erano il 13% nel 2016 e nel 2017, oggi sono al 15% (2.171 bambini e adolescenti su 14.330 persone sbarcate fino all’11 giugno 2018). I dati sono contenuti nella seconda edizione dell’Atlante dei minori stranieri non accompagnati ‘Crescere lontano da casa’ di Save the Children, diffuso oggi a pochi giorni dalla Giornata mondiale del Rifugiato. Il dossier fa il punto sulla loro effettiva integrazione, analizzando nel dettaglio gli aspetti che riguardano l’apprendimento della lingua, la scolarizzazione e l’inserimento lavorativo. La nuova legge prevede l’affido familiare e la promozione della figura dei tutori volontari, ambito che ha registrato il maggiore impulso. Sono aspetti che avrebbero grande valore, ma che – si sottolinea nel rapporto – meritano di essere più ampiamente implementati.
“Da tempo denunciamo ripetutamente le condizioni di vulnerabilità di questi bambini e adolescenti, raccogliendo nei porti di sbarco le loro terribili testimonianze sulle violenze compiute dai trafficanti lungo tutto il percorso e durante la permanenza in Libia” ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia. Sottolineando che, anche oggi, “di fronte alle persone che continuano a rischiare la loro vita nel Mediterraneo e agli ostacoli frapposti ai soccorsi, l’Europa non trova una voce comune in difesa dei diritti di chi è più vulnerabile, preoccupandosi invece di rafforzare le proprie frontiere”.
CHI SONO I MINORI NON ACCOMPAGNATI – L’83,7% dei minori non accompagnati ha 16 e 17 anni, ma tra loro ci sono gruppi particolarmente vulnerabili come i piccolissimi, le ragazze e gli irreperibili. I minori sotto i 14 anni sono il 6,7%, mentre ha meno di sei anni lo 0,6% di loro (116 bambini). Particolarmente esposte al rischio di tratta e violenza sessuale le ragazze, che sono 1.247 (6,8% del totale) e arrivano per il 60% da soli due Paesi, Nigeria ed Eritrea. Tra di loro 191 (il 15%) hanno al massimo 14 anni (15% delle ragazze ospitate).
GLI ‘IRREPERIBILI’ – Poi ci sono le migliaia di minori soli che si rendono ‘irreperibili’. Le autorità competenti hanno segnalato al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali un loro allontanamento dalle strutture. Sfruttati nei cantieri e nei campi o, peggio, nel mercato della prostituzione, senza le tutele e la protezione offerte dal sistema di accoglienza nazionale. Al 31 dicembre 2017 erano 5.828 minori, in calo rispetto ai 6.561 registrati un anno prima, ma sempre moltissimi considerando la sensibile riduzione registrata invece negli arrivi via mare, diminuiti del 39% rispetto al 2016. Per la prima volta quest’anno è possibile sapere quanti sono i minori che si sono resi irreperibili solo nel 2017: sono 2.440 sugli oltre 15.770 minori soli arrivati nel corso dell’anno. Un calo rispetto al 2016, anno record, quando hanno raggiunto il nostro Paese 25.846 minori non accompagnati, più del doppio del 2015 (12.360). In molti casi questi bambini e ragazzi hanno conosciuto violenze, torture, schiavitù, privazioni e sono accomunati dall’esperienza di un viaggio lungo mesi, se non anni, compiuto senza un adulto di riferimento per raggiungere l’Europa. “Vivono di frequente senza protezione e assistenza – racconta il rapporto – esposti a isolamento e pericoli, con l’intenzione di attraversare da soli il confine tra l’Italia e il resto d’Europa, a Ventimiglia, a Chiasso o al Brennero”. Frontiere alle quali vengono spesso respinti dalle autorità francesi, svizzere e austriache.
“L’Europa non ha saputo dare una risposta a questi minori – sottolinea Save the Children – e anche la procedura di Relocation, che prevedeva la ridistribuzione in sicurezza dei richiedenti asilo di alcune nazionalità tra gli Stati dell’Unione e che è stata sospesa il 26 settembre 2017, ha rappresentato un’occasione perduta”. Al 7 marzo 2018, infatti, risultano essere stati ricollocati dall’Italia solo 222 minori non accompagnati, di cui 174 già trasferiti in altri Paesi europei e altri 48 in attesa di trasferimento. Altri 106 hanno concluso la procedura di ammissione e attendono la risposta di uno Stato europeo. “Ma anche volendo considerare la felice conclusione del procedimento per tutti – è l’amara osservazione di Save the Children – i 328 minori che avranno raggiunto un altro Paese in modo legale e sicuro rappresentano una goccia nel mare degli oltre 40mila giunti negli ultimi due anni in Italia”.
CHI LI OSPITA – Quasi la metà dei 18.303 minori non accompagnati presenti in Italia (7.988, pari al 43,6% del totale) è ospitato in una sola regione, la Sicilia. Seguono Calabria (1.443), Lombardia (1.216), Lazio (1.049), Emilia Romagna (1.017). Nove minori su dieci sono ospitati in strutture di accoglienza e solo il 3,1% da privati (generalmente affidati a famiglie). Nel dettaglio, quasi uno su tre si trova in strutture di prima accoglienza, mentre la maggioranza (il 60,2%, pari a 11.022) è ospitata in strutture di seconda accoglienza. “Uno dei limiti principali che andrebbe superato – spiega il rapporto – è quello della concentrazione dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati in alcune aree del paese”. Quasi la metà dei minori accolti (il 48,7%) proviene da soli 5 paesi: Gambia (2202, 12%), Egitto (1807, 9,9%), Guinea (1752, 9,6%), Albania (1677, 9,6%) ed Eritrea (1459, 8%).
IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA IN ITALIA – Al 31 dicembre 2017 risultano essere in affido familiare solo 567 minori stranieri non accompagnati su 18.300, ossia il 3%, mentre nel corso dello stesso anno sono stati emessi in Italia appena 306 provvedimenti di affido. La regione in cui questa buona prassi è più diffusa è l’Emilia Romagna con 40 provvedimenti (13,1%); seguita da Veneto e Piemonte con 24, (7,8%); Toscana con 22 (7,2%); Lombardia con 20 (6,5%). La nuova legge di accoglienza e protezione dei minori migranti (legge 47/2017) incoraggia fortemente l’affido familiare, come prima opzione rispetto all’inserimento in comunità.
LA NUOVA LEGGE E I TUTORI – La legge 47 ha introdotto molte innovazioni nel sistema di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati. “A più di un anno dalla sua approvazione, il sistema delineato dal provvedimento è come una casa in costruzione – ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – un architrave di regole e responsabilità che, una volta completato da una piena attuazione, fornirà ai minori migranti una tutela organica, favorendo un percorso solido di inclusione nella società”. L’ambito che ha registrato il maggiore impulso da parte degli enti attuatori è stato quello dei tutori volontari, rappresentanti legali e portavoce degli interessi del minore, ponte con le istituzioni e persone di riferimento, con cui confidarsi e a cui chiedere aiuto o consiglio nel quotidiano. Come spiega il rapporto “il reclutamento, la formazione e l’inserimento dei nominativi degli aspiranti tutori nelle liste costitute presso i Tribunali per i Minorenni sono proceduti celermente”.
Sono 4.110 le candidature dei cittadini che hanno dato la loro disponibilità a diventare tutore volontario e 1.070 i nominativi trasmessi ai Tribunali per i Minorenni di coloro che, avendo terminato la formazione, sono pronti ad assumere una tutela. Alcune lacune sono da colmare nel sistema di accertamento dell’età in caso di ragionevole dubbio, attività cruciale per l’individuazione dei minori all’interno dei flussi migratori, sia per quanto riguarda le procedure, sia per il coinvolgimento del Tribunale per i minorenni. Prassi non uniformi caratterizzano, poi, l’iter per il rilascio dei permessi di soggiorno e per il riconoscimento della protezione internazionale. Ampio ritardo si registra nel campo del diritto alla salute. Lacune dovute alla mancata emanazione, a un anno dall’entrata in vigore della legge, dei regolamenti di attuazione.
L’INTEGRAZIONE – L’iscrizione a un corso di lingua italiana o a scuola rappresentano per i minori migranti i principali strumenti per l’inserimento nella comunità ospitante e per l’avvio di un effettivo progetto di integrazione. Per quanto riguarda l’apprendimento della lingua, la situazione non è uniforme. Nella maggior parte dei casi, infatti, i minori in prima accoglienza frequentano corsi di alfabetizzazione nella struttura stessa o sono iscritti a un corso esterno. Secondo l’ultimo rapporto annuale Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati del Ministero dell’Interno), quasi 3mila minori hanno potuto frequentare un corso di lingua italiana. Tuttavia, solo in 1.585 hanno terminato il percorso formativo. Una situazione più complessa è quella relativa all’accesso al sistema dell’istruzione pubblica per l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Secondo il monitoraggio di Save the Children, i problemi più frequenti riguardano l’iscrizione alla scuola pubblica dei minori che hanno più di quindici anni (e quindi la maggioranza di quelli presenti in Italia). Una prassi diffusa è quella di procedere indiscriminatamente all’iscrizione presso i Cpia (Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti) che li pone in un ambiente frequentato anche da adulti, non sempre adatto didatticamente alla loro età e, soprattutto, separati dai loro coetanei e dal contesto della scuola.
L’EUROPA – Colpisce il confronto dei dati dell’Italia con quelli europei. Le richieste d’asilo da parte dei minori stranieri non accompagnati in Europa hanno registrato nel 2017 un forte calo (del 50% in meno rispetto al 2016), ma in Italia sono state 9.945 (con un aumento del 65% rispetto alle 6.020 del 2016), il 31,3% di tutte le domande di asilo da parte di minori non accompagnati registrate in Ue. Relocation, Resettlement scheme, Corridoi umanitari hanno cercato di rappresentare delle prime risposte comuni dell’Europa per far fronte al flusso di rifugiati e migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. “Risposte solo parziali e insufficienti – ha sottolineato Raffaela Milano – che rispondevano più ai bisogni degli Stati di gestire l’emergenza che alla necessità di tutelare e accogliere i profughi in fuga”. Tuttavia, nonostante in due anni e mezzo queste azioni abbiano interessato appena 70mila persone a fronte delle centinaia di migliaia di profughi giunti in Europa “la loro implementazione – ha aggiunto – ha imposto un dibattito tra gli Stati Membri dell’Ue, la Commissione e il Parlamento europeo sulla necessità di riformare la legislazione sull’asilo e, in particolare, il sistema di Dublino”.