Il grosso della spesa è andata per costruire i 12 impianti. A parte lo scandalo di San Pietroburgo (la struttura sportiva è costata 1 miliardo, il quintuplo rispetto al progetto iniziale), in molti casi le arene sono delle cattedrali nel deserto e tra qualche anno pagare i costi di gestione sarà un miraggio. In poche parole: un lusso, come tutta la manifestazione, la seconda più costosa di sempre
Il rischio è quello di fare la fine delle Olimpiadi: i Mondiali di Russia 2018 trasformeranno definitivamente la manifestazione in un grande evento insostenibile, che solo pochi e megalomani Paesi sul pianeta possono permettersi, un po’ come successo già nel 2014 per i Giochi invernali di Sochi da quasi 50 miliardi. Spese incontrollabili, ritorni eventuali, problemi di ogni genere: per ospitare le 32 nazionali che dal 14 giugno al 15 luglio si giocheranno il trofeo e consentire a Putin di far bella figura davanti al mondo, la Russia stavolta di miliardi ne spenderà “solo” 11 (al conto in dollari). Come minimo, visto che sono solo le stime ufficiali (sempre un po’ ottimistiche, altri giornali locali lo sono meno) e mancano ancora tutta una serie di extra che esploderanno nei prossimi anni. Se non sarà il Mondiale più caro della storia, è solo perché quattro anni fa il Brasile si era lasciato prendere la mano, arrivando a spendere quasi 15 miliardi. Ma è comunque abbastanza per far sì che la manifestazione diventi un lusso: non a caso le ultime tre edizioni si sono disputate nei cosiddetti “Brics” (Sudafrica, Brasile e appunto Russia), il futuro immediato nel 2022 porta nel ricchissimo Qatar, mentre per il 2026 se la giocano la corazzata Usa-Canada-Messico e il Marocco che promette di indebitarsi fino al collo per sfidare i più ricchi avversari.
CONTO DA 11 MILIARDI – Per il momento tocca alla Russia, il cui percorso di avvicinamento alla partita inaugurale di giovedì è stato tutt’altro che lineare. Il budget è stato rivisto, tagliato, di nuovo aumentato, e alla fine ovviamente è risultato comunque superiore rispetto alle previsioni di partenza del 2010, anno dell’assegnazione, quando lo stesso Putin aveva parlato di una spesa tra i 7 e gli 8 miliardi. L’ultimo assegno, invece, il governo lo ha dovuto staccare solo lo scorso ottobre: altri 34 miliardi di rubli (poco meno di 600 milioni) di costi non previsti e tantomeno giustificati, che hanno portato il conto totale alla somma piuttosto indicativa di 11 miliardi. Di questi 6,7 provengono dal governo centrale, 1,5 da quelli regionali. I restanti 3,4 arrivano da privati, in cui però vengono annoverate anche le compagnie di Stato e le tante aziende rette interamente o quasi dal Cremlino. Dunque per il Mondiale è stato una specie di salasso per le casse del Paese, che per altro da anni attraversa una fase economica non semplicissima. Per fare cosa siano stati spesi tutti questi soldi non è molto chiaro: le stime approssimative fornite dal governo parlano di circa 3-4 miliardi in infrastrutture (principalmente rinnovamento di aeroporti, strade e ferrovie), un paio di miliardi di costi operativi. Ma il grosso, oltre 5 miliardi, se ne è andato per impianti sportivi, costosissimi e spesso inutili.
11 CITTÀ, 12 STADI (E TANTE CATTEDRALI NEL DESERTO) – Il torneo si giocherà in 12 stadi di 11 città sparse in giro per la Russia, per la quasi totalità nella sua parte “europea”, con la sola eccezione della sperduta Ekaterinburg, e uno sconfinamento nella propaggine baltica di Kaliningrad. Tutti impianti hanno dovuto essere ristrutturati o costruiti ex-novo, ma quello di San Pietroburgo li batte per distacco: a causa di ritardi nei lavori, errori e contenziosi vari, il nuovo Krestovsky Stadium è costato oltre un miliardo, rispetto ai 200 milioni previsti in partenza; persino il primo ministro Medvedev ha definito “scandaloso” il progetto che ha trasformato quello che è solo il secondo centro del torneo nello stadio più costoso del mondo. Gli altri impianti secondari sono decisamente più modesti, ma pongono non meno problemi: in particolare per la manutenzione, che nessuno vuole accollarsi. Il governatore di Kaliningrad ha già chiesto aiuto allo Stato per mantenere uno stadio da 35mila spettatori in cui non giocherà nessuno: come a Volvograd, Nizhny o Samara, le squadre locali militano al massimo in Serie B e non hanno più di 5mila spettatori. Il piano era che ogni Regione sarebbe poi stata responsabile del proprio impianto, ma ciò avrebbe praticamente mandato in bancarotta gli enti locali: così Putin è dovuto intervenire personalmente, promettendo che il governo centrale si farà carico del 90% delle spese fino al 2023. Poi si vedrà, ma intanto i costi finali saranno già aumentati.
MASCHERA D’ORO – La Russia ha dovuto spendere e spandere per ottemperare ai costosi obblighi imposti dalla Fifa, ma soprattutto per coprire tutta una serie di macchie che potrebbero trasformare da un momento all’altro il sogno mondiale in un incubo in diretta planetaria: la violenza degli hooligans locali, che minacciano un’accoglienza speciale nei confronti di altre tifoserie; il mancato rispetto dei diritti civili, in particolare della comunità Lgbt e di altre minoranze; la scarsa democraticità interna, le proteste delle opposizioni politiche, i complessi rapporti con le diplomazie internazionali. Nonostante tutto, la Fifa, che in questi anni è sempre stata al fianco del Cremlino prima con Blatter e poi col nuovo presidente Gianni Infantino, resta ottimista: “La Russia è pronta”, ha detto il grande capo del pallone. “Il mondo intero scoprirà il vero volto di questo Paese”. O forse solo la sua maschera d’oro.