La decisione del Comune di Roma arriva negli stessi minuti in cui anche il ministro ai Beni culturali e turismo, Alberto Ambrosoli, appresa l’indagine sul Soprintendente Francesco Prosperetti, ha avviato una “procedura ispettiva volta a verificare la linearità dell’azione di competenza degli organi periferici deputati alla tutela degli specifici interessi pubblici governati da questa amministrazione”
L’iter burocratico capitolino per la realizzazione dello stadio dell’As Roma è “congelato a tempo indeterminato”. Dopo oltre 24 ore di riflessione, la conferma è arrivata pomeriggio dalla sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante una riunione di maggioranza convocata a margine dell’Assemblea Capitolina svoltasi nel pomeriggio in Campidoglio, Assise alla quale la prima cittadina non ha partecipato. Il motivo ufficiale lo rivela Pietro Calabrese, consigliere pentastellato che ha seguito da vicino la pratica sull’impianto giallorosso: “È venuto a mancare il rapporto fiduciario con Eurnova – ha spiegato ai giornalisti nella buvette di Palazzo Senatorio – non si può votare una roba col dubbio che possa essere viziata da questo caos. Si dovranno fare prima le verifiche, sia interne che esterne, capire come evolve l’inchiesta della magistratura e poi decidere se e come andare avanti. Noi siamo coscienti del fatto che l’iter amministrativo sia stato fatto correttamente. Ovvio che adesso ci sia un problema con il proponente”. Quindi si blocca tutto? “Per ora i nostri uffici staranno fermi. Hanno già lavorato a lungo”. La decisione del Comune di Roma arriva negli stessi minuti in cui anche il ministro ai Beni culturali e turismo, Alberto Ambrosoli, appresa l’indagine sul Soprintendente Francesco Prosperetti, ha avviato una “procedura ispettiva volta a verificare la linearità dell’azione di competenza degli organi periferici deputati alla tutela degli specifici interessi pubblici governati da questa amministrazione”.
IL PARERE DELL’AVVOCATURA E I DUBBI DEI CONSIGLIERI – Insomma, se questi stop non rappresentano una pietra tombale sul progetto dello Stadio di Tor di Valle, quanto meno ne ritarderanno fortemente la realizzazione. Nelle ore successive agli arresti, il procuratore aggiunto Paolo Ielo aveva fatto sapere alla stampa come l’iter procedurale non fosse stato investito dall’inchiesta. A Porta a Porta, la stessa sindaca ha spiegato che “non sappiamo che fine farà lo stadio, gli atti procedurali sembrano tutti validi. Se non ci sono irregolarità a mio avviso si potrà andare avanti”. Secondo fonti qualificate de IlFattoQuotidiano.it, l’Avvocatura Capitolina sta predisponendo un parere in cui si afferma che proprio le procedure sarebbero state rispettate senza elementi di possibile illiceità e come il largo coinvolgimento di soggetti “altamente qualificati” nella conferenza dei servizi possa garantire l’assenza di soluzioni perpetrate indebitamente a vantaggio del proponente, in questo caso il gruppo imprenditoriale legato al costruttore Luca Parnasi. “Il progetto stadio deve andare avanti. L’eventuale corruzione è sulla volontà politica, non sull’iter. Anche perché così come Comune si rischia di incorrere a richieste di risarcimento danni”, commentavano dal Tempio di Giove. Una posizione dell’Avvocatura che – come già accaduto dopo ai tempi dell’inchiesta sul Mondo di Mezzo – non tranquillizza i tecnici capitolini e gli stessi consiglieri, i quali rispondono sono chiamati a rispondere penalmente e contabilmente degli atti approvati in Aula. “Intanto bisogna capire come andrà avanti l’inchiesta – ha ripetuto Calabrese ai cronisti – e poi andranno fatte delle verifiche con l’Anac”. Probabilmente, servirà anche una due diligence interna, l’unica in grado di capire se l’influenza di Luca Lanzalone, consulente senza incarico ufficiale ai tempi delle decisioni sullo stadio, abbia in qualche modo “drogato” in favore del proponente atti poi approvati da tutti in Campidoglio, a cominciare dalla sindaca Raggi.
L’UOMO DI PARNASI INTERCETTATO: “VIABILITA’ IN CRISI? NON LO DIRE” – A questo proposito, va considerato come Luca Parnasi e i suoi fossero coscienti che l’eliminazione dal progetto del Ponte di Traiano mettesse in seria crisi la viabilità nell’area di Tor di Valle. In una conversazione del febbraio 2017 fra Caporilli e un progettista, Luigi Vergelli, quando quest’ultimo gli rappresenta il fatto che “levando il ponte sul Tevere quello che si viene il creare è che sulla via del Mare la viabilità va in crisi”, il costruttore gli risponde chiaramente: “va beh pero’ questo tienitelo per te”. Vergelli si stava preparando a una riunione con il dirigente di Roma Servizi per la Mobilita’, Alessandro Fuschiotto, al quale avrebbe dovuto sottoporre delle simulazioni “con e senza ponte”. Va detto che alla fine la conferenza dei servizi ha avuto esito positivo solo una volta arrivata una telefonata da Palazzo Chigi in cui gli allora ministri Graziano Delrio e Luca Lotti assicuravano il finanziamento da parte del Governo italiano per la realizzazione del collegamento viario sul Tevere, ritenuto “fondamentale” da tutti gli altri organi istituzionali.
LA RABBIA DI RAGGI E LA “DEPRESSIONE” POLITICA – Al fattore stadio si aggiunge il momento politico complicato del M5S capitolino. Virginia Raggi è imbufalita per aver visto accostato il suo nome a un presunto “sistema” di cui in realtà pare essere del tutto estranea, e si è sfogata minacciando querele alla stampa in generale: “Non sono lo sfogatoio d’Italia”. Poi non si è presentata in Assemblea Capitolina preferendo andare a registrare la puntata di Porta a Porta. A differenza di Raffaele Marra, persona di sua fiducia, l’avvocato genovese le fu calato dall’alto direttamente dai vertici pentastellati – “lo presentò Bonafede”, ripete Cristina Grancio, ex consigliera M5S “ribelle” – circostanza di cui la stessa sindaca si sarebbe lamentata. “Me lo presentarono Fraccaro e Bonafede”, dice a Bruno Vespa, specificando anche che “si tratta di un ottimo professionista, noi ci basiamo sui curriculum”. In realtà, quello che da più parti le si rimprovera – specie dall’opposizione – è il fatto di aver ceduto per un periodo lo scettro decisorio a Luca Lanzalone, in quel momento avvocato esterno senza alcun incarico formale, “ripagato” solo successivamente con la presidenza di Acea.