La scuola è finita, gli scrutini terminati. Fatta eccezione per gli alunni delle terze che stanno sostenendo l’esame finale, si attendono i quadri con le ammissioni alle classi successive e, quindi, i voti. Per le statistiche c’è tempo, ma intanto qualche considerazione si può fare.
La bocciatura è sempre più una misura estrema, presa in considerazione e percorsa solo in rari casi. Quando i numeri sono impietosi. Quando è davvero impossibile farne a meno. Se ne parla a lungo nel corso dell’anno e poi negli ultimi mesi, ma al momento di decidere si cambia. Anche chi sembrava più sicuro, rivede le sue posizioni, si fa meno intransigente. Si sforza di trovare piccoli progressi nel percorso dell’alunno a rischio. Si adopera perché gli si offra ancora una chance. Si tenta quasi l’impossibile.
Accade di frequente durante gli scrutini finali. Discussioni, spesso interminabili tra colleghi. “Jessica? In italiano, storia e geografia ha quattro, come al primo quadrimestre”, dice il professore di lettere. “Con me, cinque”, interviene la professoressa di matematica. Quando il discorso sembra chiuso c’è qualcuno che interviene a perorare la causa dell’alunna, “Jessica? Con me è una delle più brave! È geniale in certe occasioni” sostiene un’altra insegnante. Così, a questo punto, inizia la disputa.
Di casi come quelli di Jessica la scuola media abbonda, anzi straripa. La bocciatura è uno spettro. Così per evitarla si fa di tutto. Lo fanno moltissimi tra professori e genitori. Tanti insegnanti, per scongiurare la non ammissione alla classe successiva durante gli scrutini, hanno messo in campo molteplici strategie nel corso dell’anno: attività di recupero e interrogazioni programmate, più in generale, un’attenzione particolare. I genitori non infrequentemente giocano tutte le carte a propria disposizione.
E alla fine, se l’esito sembra nonostante tutto scritto, ecco il colpo di teatro: la documentazione della Asl del territorio che attesta disturbi psicosomatici, fobie, disagi, difficoltà insormontabili. Aspetti che fino a quel momento erano evidentemente rimasti nascosti. Figurarsi se si può pensare che quei disturbi non siano reali. Piuttosto quel che appare davvero poco comprensibile è perché mai si attendano le ultime settimane di lezione, qualche volta addirittura gli ultimi giorni, per presentare alla scuola la documentazione medica.
La bocciatura è evidentemente un fallimento. Complessivo. Generalizzato. Ma è anche un’occasione per crescere. Un “No” che costringe a fare i conti con le difficoltà. Per questo il fallimento di un anno può tramutarsi in un successo futuro. Quel che sembra davvero indubitabile è che i professori che decidono una bocciatura non sono “cattivi”, così come quelli che non vorrebbero farlo non sono “buoni”. Ma è pur vero che bisogna scegliere. È necessario farlo per i ragazzi. Sono loro a chiedere regole. Sono loro più o meno consapevolmente a chiedere che si rispettino. Sono loro a cercare esempi da seguire.
Bisogna insegnare anche questo, altrimenti non si è ne “buoni” né “cattivi”, ma inadeguati. A quel punto bisognerebbe bocciare se stessi.