I rapporti dell’Onu lo accusano di "aver sparato sui barconi dei migranti per affondarli", di averli aggrediti in mare e di averli venduti ai miliziani che controllano i centri di detenzione. La scorsa settimana le Nazioni Unite lo hanno inserito in una lista di soggetti sotto sanzione - sei in tutto - ai quali sono stati bloccati conti e proprietà all’estero e vietato l’espatrio. Oggi il Consiglio Ue ha ufficialmente adottato le misure nei suoi confronti
In qualità di comandante di una brigata della cosiddetta “Guardia costiera libica” ha fermato i barcone in mare per conto dell’Italia. I rapporti dell’Onu, almeno dal 2015, lo accusano di “aver sparato sui barconi dei migranti per affondarli”, di averli aggrediti in mare e di averli venduti ai miliziani che controllano i centri di detenzione. La scorsa settimana le Nazioni Unite lo hanno inserito in una lista di soggetti sotto sanzione – sei in tutto – ai quali sono stati bloccati conti e proprietà all’estero e vietato l’espatrio. Oggi il Consiglio Ue ha ufficialmente adottato le misure nei suoi confronti.
Il suo nome è Abdurahman al-Milad, detto al-Bija, 29 anni, uno degli uomini che più si è arricchito dal traffico di esseri umani. Lui si definirebbe thuwar, rivoluzionario, ma in realtà è un trafficante. Il suo gruppo etnico, gli Awlad Bu Hmeira, dalla caduta di Gheddafi si è impadronito dell’area tra Sabrata e Zawiya. Qui, gli uomini più potenti sono tutti accomunati da una stessa appartenenza tribale, al pari di un clan mafioso tenuto insieme dal vincolo familiare.
Al-Bija è stato molto attivo nella costa occidentale della Libia, vicino al confine tunisino, di certo fino alla fine del 2017. A marzo del 2018 la Procura generale di Tripoli ha spiccato oltre 200 mandati d’arresto nei confronti di miliziani e ufficiali tenuti coinvolti nel traffico di esseri umani. A marzo Tarok Alì, sedicente membro della Guardia costiera di Zawiya, è stato condannato a Catania in primo grado a sei anni per traffico di esseri umani. La Guardia costiera di al-Bija, ricordano i ricercatori della Global initiative against transnational organised crime Tuesday Reitano e Mark Micallef nel report The anti-human smuggling business and Libya’s political end game, tra gennaio e giugno 2017 ha recuperato con le sue due imbarcazioni 5.707 migranti sui 10.989 intercettati dalle 13 unità totali della Guardia costiera libica.
La sorte toccata alle persone “salvate” da al-Bija il più delle volte è stata quella di tornare dentro i centri di detenzione: questo aumenta i profitti dell’organizzazione criminale che gestisce sia il centro, sia la Guardia costiera perché spesso i migranti per essere liberati sono costretti a pagare, con denaro che viene richiesto tramite il sistema hawala ai loro familiari. Il centro a cui al-Bija ha sempre mandato più persone è quello controllato dalla Brigata al-Nasr, comandata da Mohammed Koshlaf, detto al-Qasseb, cugino di al-Bija. Anche lui compare nella lista dei trafficanti di uomini sanzionati dalle Nazioni Unite. È considerato dal panel di esperti delle Nazioni Unite il vero capo dell’organizzazione criminale che traffica uomini, di cui al-Bija è il braccio operativo. Non solo: Koshlaf utilizza al-Bija anche nel traffico di gasolio, rubato dalla raffineria di Zawiya. Le navi che non appartengono al cartello del trafficante, vengono fermate dal al-Bija, come dimostrano diversi episodi avvenuti tra il 2016 e il 2017.
Uno dei tanti casi è raccontato in un report della missione Onu in Libia, Unsmil. Lo racconta in un’intervista una ragazza eritrea di 14 anni, arrivata in Libia con la zia nell’ottobre 2015. Spiega ai ricercatori delle Nazioni Unite che il barcone su cui era a bordo la prima volta che ha cercato di attraversare il Mediterraneo è stato fermato da mezzi militari, quelli della Guardia costiera di Zawiya, al comando di al-Bija. Dice di essere stata picchiata e trasferita successivamente sulla motovedetta libica, per poi sbarcare di nuovo in Libia.
Nell’abbordaggio, i libici hanno ucciso il capitano dell’imbarcazione. Lei e gli altri sopravvissuti sono stati trasferiti al centro di detenzione di Zawiya. L’imbarcazione usata da al-Bija con maggiore frequenza in queste operazioni è la Talil, battezzata con il nome della spiaggia di partenza dei migranti, che si trova nel distretto turistico di Sabrata. Come hanno raccontato altre vittime della Guardia costiera ad Amnesty International, ci sono invece imbarcazioni che vengono scortate in un primo tratto da al-Bija. Sono quelle che pagano il trafficante per non essere attaccati.
Ad al-Bija e al gruppo di Mohammed Koshlaf si lega un altro personaggio della lista delle sanzioni Onu: Ahmad Oumar al-Dabbashi, detto al-Ammu. L’uomo che si ritiene sia stato pagato dall’Italia per fermare i traffici di uomini da Sabrata, la città storicamente controllata dalla sua famiglia. È sempre stato alleato dei Koshlaf e di al-Bija, ma la scorsa estate, dopo un lungo conflitto, è stato sconfitto dalla forza anti-Isis Operation Room. Nonostante questo, resta uno degli uomini più importanti nel traffico di esseri umani in Libia.