In un'intervista al direttore dell'Huffington Post Lucia Annunziata, il vicepremier spiega nei dettagli la genesi della consulenza all'avvocato genovese, si assume le proprie responsabilità e contrattacca, facendo notare di aver chiesto immediatamente (ottenendolo) il passo indietro del consulente. "Questione morale nel M5s? I nostri anticorpi ci consentono sempre di affrontare i problemi delle persone che sbagliano"
Risponde alle domande (a tutte le domande) di Lucia Annunziata, spiega nei dettagli la genesi della consulenza a Luca Lanzalone, si assume le proprie responsabilità. Ma contrattacca, facendo notare di aver chiesto immediatamente (ottenendole) le dimissioni dell’avvocato dalla presidenza di Acea. Insomma, per Luigi Di Maio la vicenda dell’inchiesta sullo stadio della Roma e il sistema Parnasi non hanno creato una questione morale all’interno del Movimento 5 Stelle: “I nostri anticorpi ci consentono sempre di affrontare i problemi delle persone che sbagliano” ha detto il vicepremier nella lunga intervista rilasciata al direttore dell’Huffington Post.
Intervista in cui Di Maio ha raccontato anche il ruolo avuto dall’avvocato genovese all’interno del Movimento. “Non rinnego che Lanzalone sia una persona che ci ha dato una mano su dossier importanti – ha detto il capo politico del M5s – Ma quando si sfocia in un meccanismo per il quale le persone si accreditano usando il mio nome, ecco questo mi preoccupa, perché potrebbe valere per chiunque. In un ambiente tra l’altro a me estraneo. Io non ho mai conosciuto Parnasi – ha aggiunto Di Maio – non ho mai avuto niente a che farci, mentre da quel che leggo diceva di star facendo il governo per me”. In merito al numero di telefonate che Lanzalone diceva di fargli, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha spiegato: “Le tre volte al giorno è una cosa fuori dalla grazia di Dio. Ci sono stati periodi nei quali ci sentivamo spesso – ha detto – come quando ha contribuito alla stesura del nostro nuovo Statuto. Al di là del numero – ha concluso – era una persona che aveva lavorato bene con noi a Livorno, e che poi la sindaca Raggi aveva individuato come presidente di Acea“.
La nomina ai vertici di Acea come un premio politico? Un’ipotesi che Di Maio ha seccamente smentito: “È stato premiato il merito – ha sottolineato Di Maio – Una persona che gestisce il concordato in continuità di una partecipata a Livorno che stava morendo in maniera brillante, e che a Roma viene individuata come riferimento dalla sindaca, va premiata, ma perché è il merito ad esserlo. Non c’è nessun premio politico“. All’esterno, tuttavia, è passato un messaggio diverso, specie per via dei molti attacchi politici indirizzati ai 5 Stelle sulla questione. L’ex candidato premier ha replicato alle accuse, ma allo stesso tempo si è detto pronto ad ammettere eventuali responsabilità. Quali? Quella di essersi fidati della persona sbagliata. “È assurdo che il Movimento 5 stelle sia sotto attacco quando sono stati arrestati un ex esponente Pd della giunta regionale di sinistra, Michele Civita, e uno di Forza Italia, Adriano Palozzi” ha fatto notare Di Maio, prima di sottolineare che “noi siamo stati gli unici che in questa storia non hanno preso soldi”. Le responsabilità di Lanzalone? “Se verranno accertate, sono gravissime, sia dal punto di vista giudiziario sia da quello etico – ha detto il vicepremier – Se dobbiamo essere colpevoli di esserci fidati dell’avvocato sbagliato, allora, senza offesa per questi ultimi, siamo in compagnia di milioni di italiani“.
Altro che questione morale, quindi. “Ho sentito dire molto negli ultimi giorni che abbiamo perso la verginità – ha detto Di Maio all’Huffington – È un’accusa che abbiamo ricevuto molte volte in questi anni. È capitato negli scorsi anni che qualcuno nel Movimento, e parlo anche di esponenti politici oltre che dei professionisti che ci sono ruotati attorno, fosse coinvolto in inchieste. Noi abbiamo sempre reagito espellendole – ha ricordato il vicepremier – Di Lanzalone ho chiesto immediatamente le dimissioni, e in passato abbiamo avuto sindaci di partiti che hanno continuato a essere tali senza che nessuno gli chiedesse un passo indietro“. Di Maio poi ha posto l’esempio di Paolo Ferrara, capogruppo M5s in Campidoglio, “che si è autosospeso subito”.
Sul fronte interno, tuttavia, c’è molto malcontento, come fatto notare da Lucia Annunziata. “Il primo scontento sono io” ha risposto il capo politico del M5s, che poi ha invitato l’intervistatrice a rivolgere le domande sul ruolo di Lanzalone in Campidoglio direttamente al Comune di Roma: “Io so solo che era presidente di Acea, facendo toccare all’azienda il record storico delle sue azioni. Sul resto va chiesto al Campidoglio. Io a inizio dell’anno scorso mi sono un po’ allontanato nel seguire le vicende di Roma”. Il direttore dell’Huffington, poi, ha paragonato le conversazioni tra Parnasi e Lanzalone a quelle di Buzzi nell’ambito dell’inchiesta sul Mondo di mezzo: questioni puramente romane? Per Di Maio il problema è nazionale: “La corruzione è diffusa su tutto il territorio, con dinamiche simili – ha spiegato – Dobbiamo fare subito il daspo per i corrotti e il carcere per chi si rende protagonista di questi atteggiamenti, oltre all’agente provocatore“.
Ma chi ha segnalato Lanzalone al Movimento 5 Stelle? “La genesi è semplice – ha raccontato Di Maio – A Livorno nel 2015 c’è stata una breve crisi dei rifiuti che lo studio Lanzalone ha risolto. Del resto Filippo Nogarin ha sempre sostenuto di averlo scoperto lui – ha aggiunto – All’epoca io, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro eravamo nel team dei Comuni, quello che si occupava di Enti locali, e lo abbiamo conosciuto sul campo”. Indietro nel tempo: “A Nogarin chi lo ha presentato?” ha chiesto l’intervistatrice. “Evidentemente il sindaco di Livorno aveva un suo giro di conoscenze che glie lo suggerì – ha detto il vicepremier – Anche Bonafede conosceva bene il giro degli avvocati, e ce lo indicò più volte come una persona capace, con il suo studio, di gestire bene questo tipo di cose”.