Giuseppe Totaro, dopo una laurea in informatica con 110 e lode ha lavorato come programmatore. Ma la sua prof di dottorato lo ha incoraggiato a proseguire il percorso da ricercatore. "Non esiste altra organizzazione al mondo con questa storia, ma il mio pensiero rimane sempre quello di servire il mio Paese in futuro"
“Se vai siamo orgogliosi di te, se non vai siamo orgogliosi di te”. Queste le parole di suo fratello e del suo migliore amico dopo che Chris Mattmann, dirigente tecnologo della Nasa, dal riquadro di Skype ha detto: “Ok Giuseppe, come here”. Era il 2015 e la vita di Giuseppe Totaro stava per cambiare per sempre. “La prima volta che ho messo piede alla Nasa pensavo fosse un sogno. Non nascondo che ancora oggi, superati i controlli di sicurezza all’entrata, mi volto sempre alla mia destra e guardo sorridente il grande simbolo dell’agenzia spaziale”. Tutto è iniziato proprio tre anni fa, quando il messinese è stato selezionato dapprima per una internship di sei mesi e dopo per una posizione full time presso la Nasa a Pasadena in California. Ma forse questa storia inizia ancora prima, quando una professoressa dell’università lo ha spinto a non perdere di vista la ricerca.
Dopo una laurea in informatica con 110 e lode all’Università degli Studi di Messina, infatti, Giuseppe per sei anni ha lavorato come programmatore sia nel settore pubblico che privato. “Eppure, la professoressa Dora Magaudda ha continuato a seguirmi, incoraggiandomi a intraprendere un percorso di ricerca. Così nel 2012 ho iniziato il dottorato in informatica alla Sapienza di Roma, conseguito nel 2015 sotto la supervisione del professore Massimo Bernaschi”. Ci aveva visto lungo quella docente tenace, perché durante l’ultimo anno di dottorato è arrivata l’internship all’agenzia spaziale americana e poco dopo una nuova proposta da parte della Nasa per una posizione full time in qualità di Scientific Applications Software Engineer al Jet Propulsion Laboratory, il laboratorio che si occupa di costruire i sistemi e le sonde spaziali senza equipaggio della Nasa come Curiosity, il robot utilizzato per esplorare Marte. “Sono circondato da scienziati straordinari. La sezione in cui lavoro è responsabile di ricercare e sviluppare le tecnologie software per l’esplorazione planetaria e la scienza della Terra”. In poche parole, quando i dati delle missioni “tornano” sulla Terra, il compito di elaborarli è dato in mano al gruppo a cui appartiene il siciliano. “Non esiste altra organizzazione al mondo con questa storia, dove sia possibile contribuire a missioni spaziali come Cassini, Curiosity e Rosetta”.
Oggi Giuseppe vive in un piccolo appartamento circondato dal verde a Pasadena, in California, e lavora per la ricerca e lo sviluppo di algoritmi complessi per analizzare dati di missioni spaziali. Inoltre, collabora a progetti finanziati dal dipartimento della difesa statunitense come Memex, programma per realizzare un nuovo sistema di intelligence in grado di contrastare il traffico di essere umani tramite l’analisi del deep e dark web. “La Nasa ha un fascino tutto suo”. Mentre è all’aeroporto di Los Angeles, in attesa di un volo di lavoro per Washington D.C., il 36enne racconta di come ogni centro federale della Nasa sia strutturato in maniera diversa. Il suo laboratorio, per esempio, è forse il più accademico, ispirato a un campus universitario, con molti spazi all’aperto e in mezzo al verde, dove puoi lavorare con i colleghi e bere un caffè. “Uno spirito di collaborazione stimolante, che permette di lavorare con scienziati che provengono da vari settori come astrofisici, matematici e ingegneri meccanici”.
E pensare che tutto è iniziato da un Commodore 64. “Ero in quinta elementare e quando ho ricevuto in regalo questo home computer mio padre racconta che il mio primo pensiero fu quello di studiare il manuale del linguaggio Basic per programmare le soluzioni degli esercizi di matematica”. Cosa ha permesso a quel bambino di Roccalumera, un piccolo paese siciliano bagnato dallo Ionio, di essere oggi uno dei ricercatori dell’agenzia spaziale più ambita al mondo? “Impegno e passione per la scienza. Mio padre è un funzionario pubblico e mia madre un’impiegata postale. Non mi hanno spinto verso l’informatica ma insieme a mia nonna e mia zia mi hanno sempre incoraggiato a dare il meglio nello studio con grande spirito di sacrificio”. Un incentivo, poi, derivava dalla dolce severità di sua madre, che non gli perdonava voti bassi a scuola. “Per questo sono sempre entusiasta per coloro che si impegnano e ottengono risultati importanti sia in Italia che all’estero, perché non credo che sia il posto a rendere un risultato speciale bensì l’impegno e la passione per ottenerlo”.
Felice perché lavora con passione a nuove sfide spaziali, uniche al mondo, pensieroso invece quando pensa al prezzo da pagare. “Vorrei passare più tempo con la mia famiglia, la mia fidanzata, e la mia figlioccia Gaia. Vorrei respirare l’aria del mare della mia meravigliosa Sicilia. Sono venuto qui con grande entusiasmo, non per fuggire dal mio Paese e dall’Europa. Vivo questa esperienza al massimo ogni giorno ma il mio pensiero rimane sempre quello di servire il mio Paese in futuro”. E mentre sogna un abbraccio familiare e l’aria di mare, Giuseppe si prepara per continuare questo dialogo che ogni giorno la Nasa gli chiede di portare avanti con lo spazio. “Vuoi sapere qual è il più grande insegnamento che mi hanno trasmesso le stelle? Che siamo infinitamente piccoli, ma anche abbastanza grandi per poter dare un contributo determinante”.