L’Istituto della Enciclopedia Italiana vanta la pubblicazione di opere grandiose e durature: la Enciclopedia italiana – la cosiddetta Treccani (dal nome del fondatore, il conte Giovanni Treccani) avviata nel 1929 – e il Dizionario biografico degli italiani, varato nel 1960. Alla Enciclopedia si sono aggiunte, sull’arco dei decenni, alcune ampie appendici a loro volta articolate in più volumi. L’ottava e nona appendice portano il titolo Il contributo italiano alla storia del pensiero. La IX, uscita da poco, è in due volumi: Letteratura e Musica. Per la Musica (784 pagine di grande formato) è direttore scientifico Sandro Cappelletto, critico musicale de La Stampa di Torino e direttore dell’annuario Studi verdiani.
Che la musica contribuisca alla “storia del pensiero” non deve stupire. Se nell’opinione comune è intesa come suscitatrice di “emozioni” (cosa peraltro indiscutibile), va tuttavia sottolineato che in primis essa è esercizio intellettuale, pensiero che si rapporta alla cultura generale e ad alcuni saperi in particolare. Di questi, il principale è forse la poesia: il contributo della musica italiana al pensiero occidentale passa per larghi tratti attraverso il legame assai stretto che l’arte dei suoni ha instaurato in Italia con un linguaggio poetico singolarmente ricco e duttile sia per struttura fonetica e sintattica sia per articolazione ritmico-metrica. Le creazioni di musicisti supremi del Cinque e del Seicento, Luca Marenzio e Claudio Monteverdi, sono indissolubilmente legate ai componimenti poetici di autori stellari – Francesco Petrarca, Torquato Tasso, Giovan Battista Marino – che essi musicarono.
Nel Settecento, il fenomeno melodrammatico preponderante, in Italia quanto in Europa, risiede nel teatro di Pietro Metastasio: i suoi drammi fornirono agli operisti, da Johann Adolf Hasse a Giovanni Battista Pergolesi, da Georg Friedrich Händel a Niccolò Jommelli, da Christoph Willibald Gluck a Wolfgang Amadeus Mozart, la stoffa sgargiante – versi eleganti e sonori, affetti vividi e patetici – per un teatro di conflitti morali e sentimentali avvincenti. Lo stesso vale per l’opera buffa di impronta goldoniana, che nei libretti offerti da Lorenzo da Ponte a Mozart – Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte – toccò vertici assoluti nella storia del teatro europeo.
Proprio Metastasio e Da Ponte evidenziano un punto nevralgico nel rapporto fra l’Italia e il resto del mondo. Letterati italiani, il loro spazio d’azione era internazionale. Il poeta cesareo visse a Vienna per più di 50 anni. Da Ponte lavorò nella capitale austriaca ma pure a Praga, Philadelphia, New York. Dunque italiani per nascita, formazione, visione del mondo, tecnica poetica, estro inventivo, ma cosmopoliti nel profondo. In un libro famoso, L’italiano in Europa: esperienze linguistiche del Settecento (1983), l’italianista Gianfranco Folena ha documentato in che misura l’italiano sia stato in quel secolo la lingua “europea” del sentimento e dell’arte, diffusa dappertutto sulle ali del canto e del teatro. Nell’Ottocento il fenomeno non si arrestò, anzi il potere diffusivo del melodramma romantico italiano toccò l’acme, sebbene si profilassero tradizioni operistiche nazionali concorrenti, in Francia, in Germania, nei paesi slavi. Neppure nel Novecento il legame musica/poesia si è interrotto, ma nel bilancio complessivo la quota della musica strumentale si è notevolmente accresciuta.
Il volume Musica della Enciclopedia dedica vari capitoli a momenti incentrati sul connubio poesia/musica: la ballata del Trecento (Carlo Fiore), Monteverdi (Paolo Fabbri), la cantata e l’oratorio (Arnaldo Morelli), Lorenzo da Ponte (Daniela Goldin Folena), Vincenzo Bellini (Maria Rosa De Luca), Giuseppe Verdi (Markus Engelhardt), la musica leggera e la canzone d’autore (Serena Facci). Il contributo della musica italiana alla storia del pensiero si esplica anche nei generi della musica strumentale: i fermenti gettati da Girolamo Frescobaldi, Arcangelo Corelli, Antonio Vivaldi, Giuseppe Tartini hanno fertilizzato non soltanto il terreno del virtuosismo strumentale, ma anche quella visione intellettuale che intese l’arte musicale come discorso autonomo, da Johann Sebastian Bach a Franz Joseph Haydn a Ludwig van Beethoven.
Il volume affronta con apprezzabile ampiezza anche il Novecento: di Bruno Maderna, Luciano Berio, Luigi Nono, Salvatore Sciarrino e Franco Donatoni parla un testimone privilegiato come Mario Messinis. Vengono trattate anche le esperienze dell’elettronica, la musica popolare, la musica per film, la cosiddetta “popular music”. Il volume non trascura dinamiche di lunga durata o fenomeni congiunturali che in vario modo catalizzano l’efficacia intellettuale dell’arte musicale: editoria, regìa operistica, quadro normativo dell’organizzazione e promozione. In questo senso le paginette sulla pedagogia musicale e la didattica della musica meriterebbero di essere approfondite.
Nel complesso il volume, egregiamente curato dallo staff della Enciclopedia italiana, è utile tanto ai musicologi e ai melomani quanto ai cultori dell’arte e della storia.