La Camera dei deputati ha rinviato ad altra seduta la votazione sulle dimissioni da parlamentare di Guido Crosetto (Fratelli d’Italia). Una decisione annunciata lo scorso maggio “per motivi personali”. Lo slittamento è stato approvato con i sì delle opposizioni e della Lega, mentre soltanto il Movimento 5 stelle ha votato contro, chiedendo di procedere subito con il via libera. Il partito di cui lo Crosetto fa parte, invece, si è detto contrario alla sua stessa richiesta di dimissioni.
“C’è un momento per manifestare il proprio disagio, un altro per meditarlo. Ci auguriamo che Crosetto ci ripensi e mediti sulla sua scelta, per questo motivo Fratelli d’Italia, pur rispettando la sua personalità e i suoi sentimenti, chiede all’aula di respingere le dimissioni“. A dichiararlo è stato il capogruppo di Fdi Fabio Rampelli. Il deputato di Liberi e uguali Federico Fornaro, invece, ha chiesto alla Camera di rinviare la votazione anche perché, a suo parere, Crosetto deve “spiegare all’aula le ragioni per le quali intende dimettersi”.
Secondo la prassi parlamentare, infatti, in caso di rinuncia al seggio il deputato dimissionario interviene in aula per motivare la sua decisione. Ma così non è stato. Ulteriore “consuetudine” è quella di rinviare almeno una volta la votazione per concedere più tempo all’Aula per capire quali siano le reali motivazioni di chi decide di rassegnare le dimissioni. Una pratica che il Movimento 5 stelle non condivide: “Ho parlato con Crosetto – ha dichiarato il pentastellato Cosimo Adelizzi – e votiamo consapevolmente a favore delle dimissioni. Le richieste di rinvio sono legittime, ma non le condividiamo e riteniamo sia giusto assecondare la sua richiesta. La prassi di respingere la richiesta di dimissioni in prima istanza non la capiamo. Perché si devono impegnare 630 deputati per una formalità e fare la stessa cosa che potremmo fare oggi, in una successiva votazione?”.
Di parere opposto è il deputato Pd Enrico Borghi, che attacca la spaccatura nella maggioranza e spiega che “l’istituto del voto segreto previsto non è una pratica arcaica, come sostengono impropriamente i colleghi grillini. Esso è volto a tutelare il parlamentare, e quindi le istituzioni democratiche, da eventuali, possibili pressioni ricevute che potrebbero essere in astratto sia di un partito come di altri soggetti, esterni al Parlamento o addirittura alla Nazione”. Borghi conclude poi il suo intervento aggiungendo che “è per la salvaguardia delle prerogative sancite dall’articolo 67 della Costituzione che noi abbiamo sostenuto la richiesta di rinvio, che consentirà al diretto interessato di chiarire le ragioni di tale decisione e sgombrare il campo da qualsivoglia dubbio“.