di Isabella Pedicini*

Se è vero che gli esami non finiscono mai, è vero anche che da qualche parte essi dovranno pur cominciare e il punto di partenza è, senza dubbio, l’esame per antonomasia: l’Esame di Stato.

Più precisamente, a dare il via alle verifiche che ci accompagneranno per tutta la vita, è la prima delle tre prove scritte, identica da Nord a Sud, in tutti gli istituti superiori, per tutte le studentesse e gli studenti della penisola: il compito d’Italiano.

Primo atto dell’esame che sigilla ufficialmente i due cicli del nostro ordinamento scolastico e spalanca le porte a un avvenire ancora tutto da costruire, l’Esame di Stato è un rito di passaggio dalle mura ovattate dell’aula di scuola alle possibilità offerte al di fuori della finestra della propria classe. E la Maturità – che, non a caso, porta questo nome – da sempre è accompagnata da un corredo di notti insonni e programmi da ripetere, appunti propri o altrui, fotocopie e post-it, bottigliette d’acqua e dizionari, timori e tremori, penne che non scrivono, temperature altissime e fogli che si appiccicano ai palmi delle mani.

Inoltre, l’Esame di Stato ha il misterioso potere di non concludersi mai del tutto poiché ritornerà, a distanza di lustri, nel sogno, a dimostrare come gli anni scolastici siano sedimentati ineluttabilmente nella nostra psiche e come, a intervalli regolari, si riaffaccino ansiogeni alla vigilia delle grandi prove dell’esistenza.

Luogo dell’inconscio collettivo, d’altra parte la scuola riemerge spesso nel sonno col suo potente carico di simboli e probabilmente, per questo motivo, nel giorno della prima prova della Maturità, nessuno resiste dal gettare un occhio alle tracce d’Italiano decise dal Ministero.

Pertanto stamattina, trepidante, mi sono precipitata a cercare notizie sugli argomenti in cui oggi si sarebbero imbattuti i miei studenti dell’ultimo anno, mentre li immaginavo arrivare in aula, con le facce pallide e un po’ stravolte, prendere posto nelle file di banchetti, separati l’uno dall’altro, sotto l’occhio vigile dei colleghi di Italiano, emozionati e tesi anch’essi, come scolari, come se l’esame toccasse a loro.

Fuori o dentro la scuola, le tracce del compito d’Italiano non risparmiano, infatti, nessuno e sono parte di un rituale collettivo davanti al quale è difficile restare indifferenti.

Solitamente, rivelano inoltre l’atmosfera che si respira nel Paese, fornendo spesso il polso della situazione politica e sociale – anche per questo, nei giorni della vigilia, i docenti possono lanciarsi in arditi pronostici cui si intersecano, inevitabilmente, le minuziose statistiche degli studenti.

E dunque, oggi, gli alunni si sono misurati con il tema delle persecuzioni razziali a partire da un brano de “Il giardino dei Finzi Contini”, capolavoro dello scrittore Giorgio Bassani, a ottant’anni dalla promulgazione delle leggi sulla razza; con il principio di uguaglianza nella Costituzione italiana, di cui ricorrono i settant’anni; con la cooperazione internazionale, per il tema storico, con un approfondimento sugli statisti Alcide De Gasperi e Aldo Moro a quarant’anni dal rapimento del presidente della DC.

Interessanti anche le tematiche dei quattro saggi brevi: massa e propaganda per l’ambito storico-politico; la solitudine nell’arte e nella letteratura per l’ambito storico-artistico; il dibattito bioetico sulla clonazione per l’ambito tecnico-scientifico; la creatività, risultato di talento e caso, per l’ambito socio-economico.

Argomenti importanti che meritano, di questi tempi, una riflessione approfondita da parte dei ragazzi e anche degli adulti, spunti su cui non smettere di riflettere, tematiche mai come oggi attuali, supportate dalle opere di grandi autori. Testimonianze che, per l’edificazione di un presente decente e di un futuro migliore, non possiamo permetterci di dimenticare.

Dunque l’augurio che rivolgo ai miei studenti al termine delle sei ore della prima prova, degli altri scritti e del temibile orale, quando usciranno saltellando dal portone della scuola col diploma in mano e un’estate irripetibile ad attenderli, è quello di non smettere mai di studiare, di informarsi, di leggere e di approfondire per essere in grado di orientarsi nel mondo (come recita un mantra del Miur), di alimentare il proprio spirito critico, di avere un’opinione individuale e di essere in grado di argomentarla poiché il sapere è un imbattibile strumento di emancipazione personale e di infinita libertà. In bocca al lupo, ragazzi!

* Isabella Pedicini, classe 1983, è scrittrice e docente precaria di storia dell’arte negli istituti superiori. Quest’anno, per ilfattoquotidiano.it, ha seguito le gesta del Benevento calcio con il blog “Tacchetti a spillo”. Da qualche mese ha dato alle stampe, per Laterza, il suo ultimo libro dal titolo “Vita ardimentosa di una prof”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Esami di maturità 2018, commenti alla prima prova. “Tema sulla Costituzione? La nostra classe dirigente non saprebbe farlo”. “Sulla clonazione traccia difficile”

next
Articolo Successivo

Maturità 2018, le tracce artistico-letterarie del Miur erano bellissime. Ma i ragazzi non possono conoscerle

next