Dopo mesi di minacce e mentre il mondo è ancora sotto choc per gli audio dei bambini strappati alle famiglie messicane nei centri immigrazione, gli Stati Uniti mantengono la promessa ed escono dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. La decisione, annunciata martedì 19 giugno dall’ambasciatrice americana all’Onu Nikki Haley e dal segretario di stato Mike Pompeo è un segno di protesta dell’amministrazione Trump per l’atteggiamento nei confronti di Israele: “Quando questo organo approva più di 70 risoluzioni contro Israele, un Paese con una forte posizione sui diritti umani, e solo sette risoluzioni contro l’Iran, che invece ha una pessima reputazione in materia, sai che qualcosa è profondamente sbagliato”, ha detto la Haley, che ha accusato l’istituzione di essere “un protettore dei molestatori dei diritti umani e un pozzo nero di pregiudizi politici”. Un altro segno evidente della volontà del presidente Trump di distruggere, soprattutto in politica estera, tutto ciò che il suo precedessore Barack Obama aveva costruito, come confermato in questi ultimi mesi prima dall’uscita dall’accordo sul clima di Parigi e poi dall’abbandono di quello sul nucleare iraniano. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres “avrebbe preferito che gli Stati Uniti rimanessero nel Consiglio per i diritti umani”, come riferito dal portavoce del Palazzo di Vetro, sottolineando che “l’architettura delle Nazioni Unite sui diritti umani svolge un ruolo molto importante nella loro promozione e protezione in tutto il mondo”.
Tra critiche mosse dall’ambasciatrice americana al Consiglio ci sono anche l’ammissione tra i suoi membri del Congo e l’incapacità, secondo la Haley, di affrontare le violazioni dei diritti umani in Venezuela e in Iran. “Quando abbiamo chiarito che avremmo fortemente perseguito la riforma del Consiglio, Paesi come Russia, Cina, Cuba ed Egitto hanno tentato di minare i nostri sforzi”, ha aggiunto la ambasciatrice. Pompeo ha tenuto a chiarire che “questo passo non significa che ci ritiriamo dai nostri impegni sul fronte dei diritti umani, anzi facciamo questo passo perché il nostro impegno non ci consente di rimanere parte di un’organizzazione ipocrita e egoista che si fa beffe dei diritti umani”, ha detto il Segretario.
L’ambasciatore di Israele all’Onu Danny Danon ha accolto con soddisfazione la decisione degli Stati Uniti: “Il Consiglio dei Diritti Umani è da tempo nemico di coloro che veramente hanno a cuore i diritti umani nel mondo”, ha affermato Danon. “Gli Stati Uniti hanno dimostrato ancora una volta il loro impegno alla giustizia e alla verità e la loro riluttanza a consentire all’odio cieco nei confronti di Israele nelle istituzioni internazionali di restare incontrastato”.
Gli Stati Uniti avevano già boicottato il Consiglio dei Diritti Umani durante l’amministrazione di George W. Bush, rimanendone fuori per tre anni e tornando a farne parte con Obama. Washington avrebbe potuto anche scegliere di stare all’interno dell’organizzazione come osservatore non votante, ma ha preso invece una decisione definitiva, rimanendo fuori dall’organo che ha sede a Ginevra e di cui fanno parte 47 nazioni.