Sono state ridotte le condanne per disastro colposo contro tre dirigenti e amministratori del polo chimico Ausimont e Solvay, società che dal 1995 in poi, secondo l’accusa, hanno avvelenato le falde acquifere della zona di Spinetta Marengo (Alessandria) per via delle perdite degli impianti e dei rifiuti tossici interrati. Queste contaminazioni potrebbero aver causato un’impennata di tumori nella zona. Per questo otto persone, tra amministratori e dirigenti delle due società, erano accusati di avvelenamento doloso delle acque e omessa bonifica, ma molti di loro sono stati scagionati. Lo ha stabilito la Corte d’assise di appello di Torino condannando Giorgio Carimati, Luigi Guarracino e Giorgio Canti a un anno e otto mesi di reclusione, mentre in primo grado erano stati condannati a due anni e sei mesi. La procura generale di Torino riteneva già molto bassa la pena stabilita dal tribunale di Alessandria nel 2015 e per questo il sostituto procuratore generale Marina Nuccio aveva chiesto per tutti pene dai 15 ai 17 anni. Tuttavia la corte è stata di parere diverso: oltre alla tre condanne ridotte, ha confermato quattro assoluzioni (Carlo Cogliati, Bernard de La Guiche, Jacques Joris e Giulio Tommasi) e prosciolto un altro imputato, Francesco Boncoraglio (condannato in primo grado), per la prescrizione del reato.

Il processo riguardava l’emergenza “cromo” scoppiata ad Alessandria nel 2008, quando da alcune analisi dell’Agenzia regionale per l’ambiente su dei terreni di Spinetta Marengo, confinanti con l’area che appartenne alla Montedison, poi all’Ausimont e infine alla Solvay, emersero dei valori di sostanze nocive (nichel, cromo e idrocarburi) fino a cento volte superiori ai limiti di legge. Ricevuta la segnalazione dell’Arpa, il sostituto procuratore di Alessandria Riccardo Ghio aveva avviato l’inchiesta ipotizzando il reato di inquinamento doloso delle acque e omessa bonifica, ma la sua accusa non ha retto di fronte alla corte d’assise alessandrina. Quelle ipotesi, però, sono state sostenute anche nel processo d’appello, concluso oggi. Prima della sentenza uno degli imputati, il tecnico ambientale Carimari, ha cercato di discolparsi e ha preso la parola per una dichiarazione spontanea in cui ha respinto tutte le accuse, soprattutto quella di avere tenuta nascosta la situazione agli organi pubblici di controllo: “Lo dimostrano i documenti e le stesse intercettazioni telefoniche”, ha detto. Il tecnico ha fatto presente che Solvay, al contrario, ha “impiantato 248 piezometri, realizzando 740 sondaggi, oltre 12000 campionamenti di terreni e 11 interventi di risanamento del sito”: “Sono stati spesi 29 milioni di euro – ha aggiunto – e altri 28 se ne spenderanno da qui al 2029”. Sarebbero stati invece gli enti, secondo quanto si ricava dall’intervento di Carimati, ad essere “responsabili di ritardi”.

Nonostante le condanne più lievi, l’avvocato Giuseppe Lanzavecchia, rappresentante di circa sessanta residenti di Spinetta, si è detto soddisfatto: “Le pene sono state ridotte ma a noi questo non riguarda. L’importante è che la l’impianto accusatorio sia rimasto tale. È stata riconosciuta la sussistenza del disastro sia pure a titolo colposo. Questo determinerà l’apertura di un fascicolo pendente in procura Alessandria per i casi di malattia e di morte”. Secondo uno studio epidemiologico del professor Ennio Cadum, tra gli abitanti del sobborgo di Spinetta Marengo si registra una maggiore incidenza di neoplasie tumorali rispetto al resto del territorio.

“Pur accogliendo con soddisfazione il fatto che la sentenza abbia riconosciuto l’infondatezza delle gravi accuse sostenute dalla procura di Alessandria, Solvay ritiene ingiustificata la condanna, anche se ridotta, e ribadisce la propria fiducia nella correttezza dell’operato dei propri dirigenti. L’inquinamento del sito alessandrino –  si legge in una nota diffusa dall’azienda – ha origini lontane ed è stato causato da produzioni chimiche dismesse da decenni, prima della acquisizione nel 2002 da parte di Solvay da Montedison degli stabilimenti produttivi Ausimont di Spinetta Marengo, Bussi sul Tirino (Pescara) e Porto Marghera (Venezia). Successivamente all’acquisto in due stabilimenti, a Spinetta e a Bussi, erano emerse delle pesanti criticità ambientali storiche, causate da produzioni chimiche dismesse da decenni prima dell’acquisizione da parte di Solvay”.  Solvay, prosegue la nota, ha avviato, con importanti investimenti, un concreto piano di efficaci interventi ambientali nel polo industriale di Spinetta, che oggi opera in assoluta sicurezza“.

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