La cosa che più mi impressiona in questi tempi bui, è la “dittatura delle parole”. Un tribunale speciale (composto da editorialisti, esperti in risse televisive, popolo del web e dei vari bar sotto casa) ha decretato chi ha diritto alla parole e chi no. Può parlare chi sostiene il governo, soprattutto il suo lider maximo, il tripolavorista Matteo Salvini (segretario della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno), deve tacere chi non è d’accordo. Quest’ultima categoria (infima e deprecabile minoranza) appena accenna a dire un non ci sto, viene bollata come “Pariolina”, sinistra cachemire, élite, frequentatrice di Capalbio, triste arredo di terrazze romane. Seguono insulti. Il più quotato è “voi parlate con la pancia piena mentre il popolo ha fame”. Ed è questo il campo della volgarità, della semplificazione estrema imposta dalla propaganda.
A me interessano le censure più sottili. Se parli di Salvini fai il suo gioco, quindi taci. Salvini può giudicare l’odissea dei disperati dell’Aquarius come una crociera, e tu zitto, neppure della Spagna puoi parlare, perché loro sugli immigrati sparavano. Salvini parla del censimento dei rom e tu cerchi di argomentare dicendo che è una cosa aberrante e anticostituzionale, no devi far finta di nulla, fare silenzio, perché c’è l’invasione degli zingari. Oltre ogni raffinatezza immaginabile, c’è la censura di carattere psicologico. Riassumo: tu, orrendo uomo o donna di sinistra, inutile residuo del Sessantotto, zecca aggrappata alla criniera del nobile cavallo del populismo senza se e senza ma, parli perché vuoi sfogare le tue immense frustrazioni aggrappandoti a una tastiera. Per Renzi (ricordate?) eravamo gufi, per i nuovi padroni del Palazzo “rosiconi”.
Invece io non ci sto. Il lasciamoli lavorare è una truffa alla coscienza, un inganno. Stanno già lavorando, hanno già fatto delle scelte. E altre non le hanno fatte. Un esempio solo? La pancia del Paese. Ribolle e sta male, molto male, vive nelle periferie, quei luoghi che la sinistra terrazzata non frequenta, i populisti, ormai uniti sotto la bandiera del tripolavorista, sì. Le periferie hanno bisogno di poche cose: risanamento, politiche della casa, lavoro, sicurezza, integrazione con il cuore delle città. In una parola: normalità. Signori al governo, avete una idea, un piano, soldi da investire, uomini e intelligenze da impegnare? La risposta è facile: No. Come Cetto Laqualunque potete dire “cazzu io, non ci avevo pensato”.
Ma torniamo a Salvini, perché un cittadino democratico, civile, rispettoso della Costituzione e dei suoi valori, dovrebbe zittirsi ed evitare di rispondere alle sue cialtronate? Perché un essere con il tasso di umanità appena un millimetro sopra quello di un mostro, non dovrebbe dire che le sofferenze inflitte alla gente dell’Aquarius, sono state una vergogna. Una cosa vomitevole. Perché devo ritenere la porta sbattuta in faccia a questi esseri umani che ci vedono come l’ultima speranza una vittoria mia o dell’Italia? Quello che farà Salvini da ministro è già chiaro nelle sue parole. Lo ripeto avendolo già scritto su questo blog: userà il suo potere e la macchina della sicurezza che la funzione gli mette a disposizione (agenti, dossier e rapporti riservati), come uno strumento di propaganda. Salvini al Viminale è una minaccia alla convivenza civile, non lo dobbiamo scoprire, non dobbiamo fare altre valutazioni. Quindi parliamo, denunciamo, indigniamoci. Combattiamolo. Salvini usa il web, usiamolo anche noi. E’ lì che parla alla pancia del Paese, facciamolo anche noi.
Ma non basta. In queste settimane le parole stanno diventando azione. Sabato scorso a Roma c’erano più di diecimila persone contro il razzismo e per i diritti. Non tutti i giornali ne hanno parlato. La tv ancora meno. Nessuno ha tentato di capire. Ma quella gente ha ascoltato le parole di Aboubakar Soumahoro, il giovane sindacalista di colore, e si è entusiasmata. I sindaci di Napoli, Palermo, Trapani (eletti dai cittadini non da un algoritmo), hanno reagito con forza alla chiusura dei porti mostrando il volto di una Italia che non ci sta. Il mio amico Tommaso Sodano (ex senatore di Rifondazione comunista, per capirci quello che fece scoppiare lo scandalo dei rifiuti in Campania) ha riunito nella sua Pomigliano d’Arco operai, donne, uomini, ragazzi, per rimettere insieme i fili di un discorso a sinistra. In giro l’indignazione (sentimento che non vale solo per Berlusconi e Renzi) tenta di organizzarsi. Certo, la sinistra (e non parlo volutamente del Pd che considero perso alla causa) è frantumata, divisa, tramortita dal risultato elettorale, forse anche spaventata, ma c’è. Esiste e vuole parlare e muoversi.
Ps. Sono un uomo di sinistra, nato e cresciuto in un quartiere periferico di una città del Sud, residente a Roma ma non ai Parioli. Il cachemire non mi piace, costa troppo. Con Alberto Sordi preferisco la lana mortaccina.