È una porzione di cosmo finora rimasta invisibile agli occhi degli scienziati, perché fatta di sottili filamenti di gas debolissimi da percepire. Alla base ci sono i barioni (le particelle che costituiscono tutta la materia visibile), che nel corso del tempo si sono "nascosti" in questo materiale gassoso. La scoperta, pubblicata su Nature, si deve a Fabrizio Nicastro dell'Inaf
Non sarà la tanto agognata “materia oscura“, ma anche di questo tipo di materia si sapeva ben poco. E a trovarla è stato Fabrizio Nicastro, scienziato all’Osservatorio di Roma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), svelando uno dei grandi misteri degli studiosi del cielo. Si tratta di una parte di “materia ordinaria” che compone il nostro universo, ma finora è rimasta “invisibile” agli occhi dei ricercatori. Perché? È fatta di sottili filamenti di gas, che si intrecciano fra loro e sono debolissimi da percepire. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve ai dati del telescopio Xmm-Newton dell’Agenzia spaziale europea e alla collaborazione con diversi centri di ricerca sparsi in tutto il mondo. Fra questi, l’Università di Trieste, la sezione triestina dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), l’Università di Roma Tre e l’Osservatorio di Bologna.
“Le nostre osservazioni, giunte dopo 18 anni di incessanti tentativi da parte di diversi gruppi di ricerca nel mondo, hanno finalmente individuato la materia ordinaria mancante dell’Universo”, ha dichiarato Nicastro. Le ultime tracce di questa materia, spiegano gli scienziati, sono visibili solo nelle galassie lontane, cioè nelle prime fasi di vita del cosmo (dal Big Bang fino ai due-tre miliardi di anni). Poi iniziano a scomparire in modo del tutto incomprensibile. Almeno fino a oggi.
La spiegazione sta nei barioni, cioè le particelle che costituiscono tutta la materia visibile: nel corso del tempo enormi quantità di barioni si sono nascoste in un materiale gassoso, fatto di idrogeno ionizzato, metalli e ossigeno caldissimo (che può raggiungere temperature di milioni di gradi). Questi filamenti si estendono per milioni di anni luce tra una galassia e l’altra. “È stata una scoperta molto complessa”, spiega Nicastro, “perché il segnale emesso da questa materia è debolissimo e perché gli strumenti a nostra disposizione sono al limite”. In futuro, però, con il prossimo telescopio a raggi X allo studio dell’Esa si potranno capire molte cose dell’evoluzione dell’universo. Magari anche di quell’energia oscura che rappresenta uno dei misteri più ambiti dagli scienziati.