“Mediocri di tutto il mondo, io vi assolvo!”. Suonava così il finale capolavoro di uno dei film eterni del compianto Miloš Forman, quell’Amadeus assoluto come tale fu il genio di Mozart. Ed è proprio per celebrare il grande regista ceco scomparso due mesi fa che l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha deciso di organizzare due serate (ieri 20 e oggi 21 giugno) “evento”: la proiezione della versione Director’s Cut del film (2002, la prima è datata 1984) musicata e cantata dal vivo dall’Orchestra e dal Coro dell’Accademia di Santa Cecilia.
Sul podio a trionfare seguendo le gestualità che furono di Wolfgang Amadeus lo svizzero Ludwig Wicki, compositore e direttore innovativo particolarmente attento al rapporto fra cinema e musica. Fra le sue invenzioni, infatti, è la 21st Century Orchestra and Chorus fondata nel 1999 con la quale spesso si è trovato a eseguire live concert di accompagnamento a visioni cinematografiche. Per carità, il cinema delle origini – quello cosiddetto “muto” – utilizzava tale pratica per necessità, ma il caso dell’orchestrazione live laddove la pista audio è sonorizzata (dagli anni ’30 in poi praticamente..) è un’elaborazione “meta-artistica” di altissimo livello, degna di essere intesa quale nuova opera d’arte a tutti gli effetti perché pone in essere dei contributi creativi aggiuntivi, con l’effetto di un ripensamento anche concettuale del linguaggio sia musicale che cinematografico. Se dunque è vero che negli ultimi anni diversi film sono stati “ri-musicati” live – quindi la pratica non è né nuova né rara – difficilmente i risultati sono stati paragonabili a quelli ottenuti per Amadeus. Il motivo è semplice e risponde al fatto che il monumentale biopic di Mozart osservato da Salieri e vincitore all’epoca di ben 8 Oscar sia di per sé la rappresentazione visiva della musica intesa in ogni suo stadio “fisiologico” possibile: da quello ideativo (nella mente di WA Mozart) a quello grafico (le numerose partiture mostrate nel film), da quello performativo diretto (Mozart e/o Salieri che suonano) a quello performativo indiretto (Mozart e/o Salieri che dirigono i musicisti).
Certamente l’analisi paradigmatica della musica “che si vede” riferisce ad ogni film su compositori o musicisti ma raramente ha raggiunto la perfezione di Amadeus, ove l’arte musicale è pregnante, materica, intrisa di una passione ribelle e folle: esperire tale perfezione in una rivisitazione live, dunque partecipativa all’ennesima potenza, ha sortito un trionfo di bellezza non lontano dal sublime. L’operazione di complessità semiotica (e realizzativa per la particolare e necessaria attenzione alla sincronizzazione) che pone in parallelo “Mozart e la sua orchestra” a “Wicki e la propria orchestra” i quali si trovano tutti e quattro a compiere i medesimi gesti in quanto richiesti dall’interpretazione delle stesse partiture ha generato un effetto prodigioso, qualcosa di cui un certo tipo di cinema dovrebbe tentare di avvalersi più spesso.