A cinque giorni dalla sentenza d’appello nel processo penale la Procura della Corte dei Conti della Lombardia ha disposto il sequestro di 5 milioni di euro a carico dell’ex governatore della Regione Roberto Formigoni per la vicenda Maugeri. I pm contabili hanno ordinati sequestri “conservativi” anche a carico degli altri imputati nel processo penale tra cui l’ex faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone. Questi ultimi due hanno scelto di concordare la pena, mentre per l’ex senatore di Ap l’accusa ha chiesto una pena di 7 anni e mezzo, più alta di quanto inflitto dal Tribunale di Milano in primo grado: sei anni per corruzione. In totale la cifra sequetrata supera i 30 milioni di euro. Secondo la difesa, invece, la teoria dell’accusa “prima ancora di essere provata non tiene sotto il profilo della logica. Qui i giudizi, le impressioni si sostituiscono ai fatti. E sostenere che a monte c’è un sistematico asservimento” di Roberto Formigoni “e a valle le pressioni che egli fa, è una invenzione”, ha dichiarato uno degli avvocati dell’ex governatore, Luigi Stortoni.
Le indagini della magistratura contabile: “Sistema illecito”
Ma anche la magistratura contabile condivide le conclusioni della Procura. Inoltre c’è stata “una complessa ed articolata attività istruttoria”, diretta da Salvatore Pilato, “perché fondata sugli analitici e puntuali riscontri di contabilità finanziaria, integrati dalle fonti probatorie provenienti dai giudizi penali, con la fondamentale collaborazione della Guardia di Finanza di Milano”, delegata ad eseguire i sequestri, i magistrati hanno definito “gli accertamenti relativi al finanziamento da parte della Regione Lombardia della Fondazione Salvatore Maugeri, ente ospedaliero accreditato con il sistema sanitario regionale”. Per i pm contabili, anche sulla base degli atti penali, è “emersa la distrazione dal finanziamento delle cosiddette funzioni non tariffabili, dei contributi regionali a finalità vincolata per l’importo stimato nell’invito a dedurre nella misura di euro 59.383.107″. Contestato un danno erariale, dunque, di quasi 60 milioni nei confronti della Regione Lombardia. Ed è emersa l’esistenza di “un sistema illecito composto da soggetti interni all’amministrazione regionale”, tra cui proprio l’ex governatore, “e da soggetti esterni, che hanno cooperato in consapevole concorso per la distrazione delle risorse economiche dalle finalità pubbliche”. Il “provvedimento cautelare” disposto dai magistrati “è stato limitato alle quote di profitto realizzate da ciascuno dei presunti responsabili”: 5 milioni a Formigoni, 4 milioni all’ex presidente della Fondazione Umberto Maugeri, 4 milioni all’ex direttore amministrativo Costantino Passerino e 10 milioni a testa a Daccò e Simone. I sequestri conservativi riguardano “beni immobili, crediti anche a titolo di vitalizio, conti correnti bancari” nei limiti “delle quote di arricchimento personale”. Per l’11 luglio è fissata l’udienza di convalida dei sequestri conservativi.
Formigoni “si adoperò per deviare la funzione pubblica a fini privati”
L’ex Governatore lombardo Roberto Formigoni “si è adoperato per ‘deviare’ la funzione pubblica a fini privati, avvalendosi dei ‘mediatori/agevolatorì Pierangelo Daccò e Antonio Simone, con interventi e pressioni sugli uffici regionali, mirati alla precisa finalità di drenare illecitamente una ingentissima quantità di risorse pubbliche, assegnate a copertura dei fondi destinati alle cosiddette funzioni non tariffabili”. La misura cautelare, spiegano i pm contabili, “è stata eseguita a garanzia del credito risarcitorio dell’Amministrazione regionale, a fronte della commissione di illeciti dolosi motivati da ragioni economiche“.
Allo “stato degli atti non risultano corrisposte le provvisionali” di risarcimento stabilite dal Tribunale di Milano con la sentenza del dicembre 2016 che ha condannato Formigoni anche a versare 3 milioni di euro, in solido con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e con l’ex assessore lombardo Antonio Simone, alla Regione Lombardia. Nel disporre ed eseguire i sequestri i pm contabili chiariscono anche che non hanno riconosciuto alcuna “rilevanza” alle confische disposte nel processo penale (oltre 6,6 milioni a carico di Formigoni) perché quelle confische penali “hanno una rilevanza esclusivamente sanzionatoria e non risarcitoria del danno pubblico“.
I magistrati: “Danno erariale di oltre 73 milioni di euro”
La Procura contabile spiega, inoltre, di aver eseguito i sequestri perché “l’ingente danno contestato rende assai probabile l’esecuzione di atti in grado di diminuire la garanzia patrimoniale del credito erariale” vantato dalla Regione Lombardia “da parte dei membri del sodalizio criminoso”. I magistrati, in particolare, hanno calcolato il danno erariale in relazione alle somme “retrocesse” a favore dei “partecipanti al sistema illecito”, tra cui Formigoni, e su un “complessivo finanziamento regionale” alla Maugeri, tra il ’98 e il 2010, di oltre 73 milioni di euro. Da questa cifra, però, è stato detratto il risarcimento di 14 milioni già corrisposto dalla Fondazione Maugeri alla Regione e, dunque, il danno finale è di circa 60 milioni. I presunti intermediari della corruzione, Daccò e Simone, tra l’altro, avrebbero girato “parte delle somme ricevute” dalla Maugeri “al Presidente Formigoni sia in contanti, sia sotto forma di utilità patrimoniali di vario genere e natura“, tra cui l’ormai famoso uso di yacht per le vacanze. Alla Maugeri, nel frattempo, “in violazione degli obblighi di imparzialità ed esclusivo perseguimento dell’interesse pubblico, sono state assegnate ingenti somme del fondo sanitario regionale”. Il “complesso sistema illecito”, infine, come emerso anche dall’inchiesta della Procura di Milano, era basato anche su una “rete di società italiane ed estere (anche in centri offshore)”.
La sua risposta: “Fake news, non ho nulla”
L’ex governatore della Lombardia bolla come “fake news” il sequestro cautelare di 5 milioni di euro disposto nei suoi confronti dalla Procura Regionale della Corte dei Conti. Formigoni fa sapere che “nulla” gli è stato sequestrato “perché nulla posseggo. E tutto quanto possedevo (poco in verità) mi è stato già sequestrato da anni, per ordine della magistratura e che la notizia che vuol far credere che io possegga un tesoretto da 5 milioni che può essere sequestrato è falsa”. “Poiché vivo di sola pensione (tutt’altro che d’oro), se anche questa mi venisse tolta vivrò d’aria. Ne guadagnerà certamente la mia linea”, afferma in una nota. L’ex senatore di Ncd spiega anche di aver “rinunciato da tempo” ai vitalizi e che se “da ora in poi non percepirò più quanto mensilmente ricevo come trattamento pensionistico (…) vivrò d’aria“.
Giustizia & Impunità
Caso Maugeri, Corte dei Conti sequestra 5 milioni a Roberto Formigoni: “Deviò la sua funzione pubblica per fini privati”
Coinvolti anche l’ex faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone: in totale la cifra sequestrata è di 30 milioni di euro. Proprio per i casi San Raffaele e Maugeri, l'ex governatore della Lombardia condannato in primo grado a 6 anni con l'accusa di corruzione. Tra cinque giorni la sentenza d'appello. Lui: "Fake news, non ho nulla. Se mi tolgono pensione, vivrò d'aria"
A cinque giorni dalla sentenza d’appello nel processo penale la Procura della Corte dei Conti della Lombardia ha disposto il sequestro di 5 milioni di euro a carico dell’ex governatore della Regione Roberto Formigoni per la vicenda Maugeri. I pm contabili hanno ordinati sequestri “conservativi” anche a carico degli altri imputati nel processo penale tra cui l’ex faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone. Questi ultimi due hanno scelto di concordare la pena, mentre per l’ex senatore di Ap l’accusa ha chiesto una pena di 7 anni e mezzo, più alta di quanto inflitto dal Tribunale di Milano in primo grado: sei anni per corruzione. In totale la cifra sequetrata supera i 30 milioni di euro. Secondo la difesa, invece, la teoria dell’accusa “prima ancora di essere provata non tiene sotto il profilo della logica. Qui i giudizi, le impressioni si sostituiscono ai fatti. E sostenere che a monte c’è un sistematico asservimento” di Roberto Formigoni “e a valle le pressioni che egli fa, è una invenzione”, ha dichiarato uno degli avvocati dell’ex governatore, Luigi Stortoni.
Le indagini della magistratura contabile: “Sistema illecito”
Ma anche la magistratura contabile condivide le conclusioni della Procura. Inoltre c’è stata “una complessa ed articolata attività istruttoria”, diretta da Salvatore Pilato, “perché fondata sugli analitici e puntuali riscontri di contabilità finanziaria, integrati dalle fonti probatorie provenienti dai giudizi penali, con la fondamentale collaborazione della Guardia di Finanza di Milano”, delegata ad eseguire i sequestri, i magistrati hanno definito “gli accertamenti relativi al finanziamento da parte della Regione Lombardia della Fondazione Salvatore Maugeri, ente ospedaliero accreditato con il sistema sanitario regionale”. Per i pm contabili, anche sulla base degli atti penali, è “emersa la distrazione dal finanziamento delle cosiddette funzioni non tariffabili, dei contributi regionali a finalità vincolata per l’importo stimato nell’invito a dedurre nella misura di euro 59.383.107″. Contestato un danno erariale, dunque, di quasi 60 milioni nei confronti della Regione Lombardia. Ed è emersa l’esistenza di “un sistema illecito composto da soggetti interni all’amministrazione regionale”, tra cui proprio l’ex governatore, “e da soggetti esterni, che hanno cooperato in consapevole concorso per la distrazione delle risorse economiche dalle finalità pubbliche”. Il “provvedimento cautelare” disposto dai magistrati “è stato limitato alle quote di profitto realizzate da ciascuno dei presunti responsabili”: 5 milioni a Formigoni, 4 milioni all’ex presidente della Fondazione Umberto Maugeri, 4 milioni all’ex direttore amministrativo Costantino Passerino e 10 milioni a testa a Daccò e Simone. I sequestri conservativi riguardano “beni immobili, crediti anche a titolo di vitalizio, conti correnti bancari” nei limiti “delle quote di arricchimento personale”. Per l’11 luglio è fissata l’udienza di convalida dei sequestri conservativi.
Formigoni “si adoperò per deviare la funzione pubblica a fini privati”
L’ex Governatore lombardo Roberto Formigoni “si è adoperato per ‘deviare’ la funzione pubblica a fini privati, avvalendosi dei ‘mediatori/agevolatorì Pierangelo Daccò e Antonio Simone, con interventi e pressioni sugli uffici regionali, mirati alla precisa finalità di drenare illecitamente una ingentissima quantità di risorse pubbliche, assegnate a copertura dei fondi destinati alle cosiddette funzioni non tariffabili”. La misura cautelare, spiegano i pm contabili, “è stata eseguita a garanzia del credito risarcitorio dell’Amministrazione regionale, a fronte della commissione di illeciti dolosi motivati da ragioni economiche“.
Allo “stato degli atti non risultano corrisposte le provvisionali” di risarcimento stabilite dal Tribunale di Milano con la sentenza del dicembre 2016 che ha condannato Formigoni anche a versare 3 milioni di euro, in solido con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e con l’ex assessore lombardo Antonio Simone, alla Regione Lombardia. Nel disporre ed eseguire i sequestri i pm contabili chiariscono anche che non hanno riconosciuto alcuna “rilevanza” alle confische disposte nel processo penale (oltre 6,6 milioni a carico di Formigoni) perché quelle confische penali “hanno una rilevanza esclusivamente sanzionatoria e non risarcitoria del danno pubblico“.
I magistrati: “Danno erariale di oltre 73 milioni di euro”
La Procura contabile spiega, inoltre, di aver eseguito i sequestri perché “l’ingente danno contestato rende assai probabile l’esecuzione di atti in grado di diminuire la garanzia patrimoniale del credito erariale” vantato dalla Regione Lombardia “da parte dei membri del sodalizio criminoso”. I magistrati, in particolare, hanno calcolato il danno erariale in relazione alle somme “retrocesse” a favore dei “partecipanti al sistema illecito”, tra cui Formigoni, e su un “complessivo finanziamento regionale” alla Maugeri, tra il ’98 e il 2010, di oltre 73 milioni di euro. Da questa cifra, però, è stato detratto il risarcimento di 14 milioni già corrisposto dalla Fondazione Maugeri alla Regione e, dunque, il danno finale è di circa 60 milioni. I presunti intermediari della corruzione, Daccò e Simone, tra l’altro, avrebbero girato “parte delle somme ricevute” dalla Maugeri “al Presidente Formigoni sia in contanti, sia sotto forma di utilità patrimoniali di vario genere e natura“, tra cui l’ormai famoso uso di yacht per le vacanze. Alla Maugeri, nel frattempo, “in violazione degli obblighi di imparzialità ed esclusivo perseguimento dell’interesse pubblico, sono state assegnate ingenti somme del fondo sanitario regionale”. Il “complesso sistema illecito”, infine, come emerso anche dall’inchiesta della Procura di Milano, era basato anche su una “rete di società italiane ed estere (anche in centri offshore)”.
La sua risposta: “Fake news, non ho nulla”
L’ex governatore della Lombardia bolla come “fake news” il sequestro cautelare di 5 milioni di euro disposto nei suoi confronti dalla Procura Regionale della Corte dei Conti. Formigoni fa sapere che “nulla” gli è stato sequestrato “perché nulla posseggo. E tutto quanto possedevo (poco in verità) mi è stato già sequestrato da anni, per ordine della magistratura e che la notizia che vuol far credere che io possegga un tesoretto da 5 milioni che può essere sequestrato è falsa”. “Poiché vivo di sola pensione (tutt’altro che d’oro), se anche questa mi venisse tolta vivrò d’aria. Ne guadagnerà certamente la mia linea”, afferma in una nota. L’ex senatore di Ncd spiega anche di aver “rinunciato da tempo” ai vitalizi e che se “da ora in poi non percepirò più quanto mensilmente ricevo come trattamento pensionistico (…) vivrò d’aria“.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
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Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.