Il professore ordinario di Letteratura greca all'Università di Pisa spiega che il brano scelto dal Miur, visto che non è un testo letterario, "non può che contenere difficoltà molto concrete per i ragazzi", tra "ellissi, genitivi assoluti e alcune concessive tutte da intuire"
Torna Aristotele al liceo classico per la maturità 2018. Con un brano tratto dall’Etica Nicomachea, una raccolta di memorie considerata il primo trattato sull’etica. È la terza volta in quarant’anni che viene scelto il filosofo greco, proposto anche nel 1978 e nel 2012. Quattro anni fa il brano da tradurre, tratto dal De partibus animalium, fu un vero scoglio per molti studenti. Ma anche questa volta i maturandi avranno avuto i loro bei problemi ad affrontare una versione “molto diversa da quella di Isocrate proposta due anni fa, che era un testo letterario”, sottolinea Mauro Tulli, professore ordinario di Letteratura greca all’Università di Pisa e presidente della Consulta universitaria del greco.
“Quello di Aristotele, invece, non è un testo letterario e lo stile utilizzato non può che contenere difficoltà molto concrete per i ragazzi. È richiesta una certa abitudine con questo tipo di prosa, che è una prosa non formalizzata. Aristotele scrive i suoi trattati soprattutto come memorie in preparazione della didattica all’interno della sua scuola e lo stile ne risente”. Conseguenza è che i termini a volte mancano: “Non possiamo non notare numerose ellissi, ci sono poi numerosi genitivi assoluti e alcune concessive tutte da intuire. Spesso l’organizzazione sintattica non è lineare”.
In una scala di difficoltà, secondo il docente, siamo nella media di Aristotele. Ma gli studenti rischiano di avere grattacapi sin dalla prima frase: “Andrebbe tradotta con ‘sarebbe opportuno sviluppare a questo punto una trattazione sull’amicizia’, ma sono convinto che numerose proposte dei ragazzi andranno in altre direzioni, visto che questa prima minima sequenza presenta di per sé delle difficoltà. Per i ragazzi spesso l’inizio è decisivo, perché prendono coraggio o al contrario si fermano”.
Al centro del passo c’è una citazione di Omero e anche questa può risultare ostica: “É tratta dall’Iliade, non una citazione insolita perché largamente usata nella tradizione e dallo stesso maestro di Aristotele, ovvero Platone. Ma va riconosciuta. In ogni caso crea difficoltà nell’organizzazione del periodo perché comporta un duale (numero grammaticale distinto dal singolare e dal plurale, ndr) che si connette al plurale che domina l’intero periodo. Ai ragazzi si chiede la capacità di capire questa asimmetria”.
Chiaro invece il tema generale affrontato nel brano, esplicitato anche nella breve introduzione fornita dal ministero: “Siamo all’inizio dell’VIII libro dell’Etica Nicomachea – spiega Tulli -. Il libro è dedicato all’amicizia, discorso che poi Aristotele prosegue nel IX. Il concetto che Aristotele indica dell’amicizia è molto lontano da quello del suo grande successore in termini temporali, Epicuro. Quella di Aristotele è un’idea dell’amicizia ancora legata ai paradigmi classici e a Platone. Viene data una definizione dell’uomo in sé e dunque cosa l’amicizia comporti all’interno di questa definizione”. Al termine del passo il discorso si allarga alla funzione politica dell’amicizia, che – spiega il docente – sarà poi centrale nella riflessione di Aristotele.
La scelta di un brano non di letteratura, secondo Tulli, non ha conseguenze solo sullo stile, ma anche sul nostro modo di intendere la formazione: “Non posso non esprimere un certo rammarico nei confronti di una preferenza per un testo che riguarda molto più la storia del pensiero rispetto alla letteratura greca, che a mio parere dovrebbe avere una funzione centrale nella formazione degli studenti”.