di Monica Di Sisto*
Bocciare il trattato di liberalizzazione con il Canada nel Parlamento italiano. E notificare alla Commissione europea il no alla ratifica, che bloccherebbe l’applicazione provvisoria delle misure di abbattimento di dazi e dogane contenute nel Ceta, costringendo l’Unione a riaprire una riflessione più attenta sull’impatto dei trattati commerciali che sta continuando a stringere con sempre più Paesi. E’ l’impegno assunto da circa i due terzi dei candidati alle scorse elezioni politiche con la Campagna “No Ceta, non tratto”, promossa dalla Campagna Stop Ttip Italia insieme a organizzazioni tra cui Coldiretti, Cgil, Arci, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Fairwarch, Ari e un ampio schieramento di associazioni dei consumatori. Impegno che, essendo ormai insediati il nuovo Parlamento e il nuovo Governo, queste stesse organizzazioni chiedono che venga mantenuto.
Il neoeletto Governo, attraverso le parole del neoministro all’Agricoltura Gian Marco Centinaio e dell’Interno Matteo Salvini, ha annunciato l’intenzione di chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato commerciale tra Ue e Canada e “gli altri simili al Ceta, del resto è tutto previsto nel contratto di governo”, ha affermato Centinaio. Ma la Commissione europea è scettica rispetto alla vera volontà del Governo italiano di voler far cadere l’accordo.
In Parlamento, in realtà, i componenti dell’ex Intergruppo No Ceta si sono riattivati in vista della ricomposizione imminente delle commissioni: “Con la nuova legislatura, il capitolo della ratifica degli accordi commerciali tornerà alla ribalta – si legge in una lettera spedita a tutti i colleghi tra Camera e Senato dal deputato di Fi Paolo Russo e dalle senatrici M5S Elena Fattori e di LeU Loredana De Petris, già raccolta dal deputato di LeU Stefano Fassina e dalla presidente di Fdi Giorgia Meloni– e, anche se lascia ben sperare la posizione assunta dal ministro dell’Agricoltura, occorrerà riprendere i fili della questione per non disperdere il lavoro fatto fino ad oggi e soprattutto per fare in modo che emerga a chiare lettere e senza equivoci il motivo per il quale il fronte dell’indisponibilità ad accettare accordi calati dall’alto non si sgretola, anzi si rafforza”.
E’ importante battere un colpo significativo anche in vista del Consiglio europeo del 26 giugno 2018 dove dovrebbe atterrare per l’ok finale degli Stati membri il Jefta, il trattato di liberalizzazione degli scambi tra Ue e Giappone, che in volume vale il doppio del Ceta, un quarto del Pil globale, è stato negoziato in assoluta segretezza come il Ceta, e presenta le medesime criticità. Esso contiene, infatti, una minima difesa di appena 18 prodotti agroalimentari di qualità e non fa alcun riferimento all’obbligatorietà del rispetto del Principio di precauzione europeo. Crea, inoltre, dieci tavoli tra i regolatori dell’Ue e del Giappone in cui essi procederanno in autonomia e riservatezza a “semplificare” il commercio tra le due parti anche su questioni che riguardano le competenze nazionali come appalti pubblici, agricoltura, sicurezza alimentare, servizi, investimenti, commercio elettronico. Cosa già avvenuta come abbiamo verificato nel caso della prima riunione del Comitato per la sicurezza sanitaria e fitosanitaria convocato in ambito Ceta poche settimane fa.
Il Jefta, inoltre, semplifica gli iter di approvazione e sdoganamento delle merci, andando a limitare la capacità degli Stati europei di controllare le importazioni giapponesi di alimenti e mangimi, anche se ci sono molti casi già documentati di importazioni di mangimi Ogm illegali dal Giappone, il Paese con il più grande numero di colture Ogm autorizzate al mondo.
Il Jefta non è che il primo di una serie di trattati di cui la Commissione europea sta accelerando l’avvio o la conclusione, come quello con l’Australia e la Nuova Zelanda, che non passeranno dai Parlamenti nazionali. Una mossa che dovrebbe prevenire, nei piani della Commissione, lo stop ai negoziati in corso qualora la Corte europea di Giustizia accogliesse il ricorso del governo belga contro l’istituzione da parte del Ceta proprio grazie alle pagine sugli investimenti, di un “tribunale speciale” arbitrale (il cosiddetto Investor to state dispute settlement – Isds, o la sua versione rimaneggiata Investment court system-Ics) che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati senza tener conto della giustizia ordinaria di ciascun Paese, qualora una legge o decisione faccia problema ai suoi interessi. La prima udienza del processo si terrà a Strasburgo il 26 giugno prossimo, la sentenza si attende entro l’anno e potrebbe invalidare gran parte o parti di essi perché non compatibili con i trattati costitutivi dell’Unione stessa.
Ecco perché è importante fermare questo tipo di trattati commerciali e riaprire la partita delle liberalizzazioni in Europa: non per protezionismo o altra posizione ideologica, ma per decidere una volta per tutte se e come essere o meno coerenti con le regole che si sono scelte a fondamento dell’Unione. Da anni la società civile di tutta Europa, gli imprenditori responsabili, i lavoratori e i sindacati, gli ambientalisti, i cittadini consapevoli, chiedono al nostro Governo di scegliere da che parte stare, se con i diritti e il futuro o con i profitti di pochi. E’ arrivato il momento di dimostrarlo con i fatti.
*Portavoce della Campagna Stop TTIP/Stop CETA Italia
Stop TTIP
Campagna Stop TTIP Italia
Zonaeuro - 21 Giugno 2018
No alla ratifica del Ceta: bocciamolo non per protezionismo, ma per essere coerenti con i principi europei
di Monica Di Sisto*
Bocciare il trattato di liberalizzazione con il Canada nel Parlamento italiano. E notificare alla Commissione europea il no alla ratifica, che bloccherebbe l’applicazione provvisoria delle misure di abbattimento di dazi e dogane contenute nel Ceta, costringendo l’Unione a riaprire una riflessione più attenta sull’impatto dei trattati commerciali che sta continuando a stringere con sempre più Paesi. E’ l’impegno assunto da circa i due terzi dei candidati alle scorse elezioni politiche con la Campagna “No Ceta, non tratto”, promossa dalla Campagna Stop Ttip Italia insieme a organizzazioni tra cui Coldiretti, Cgil, Arci, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Fairwarch, Ari e un ampio schieramento di associazioni dei consumatori. Impegno che, essendo ormai insediati il nuovo Parlamento e il nuovo Governo, queste stesse organizzazioni chiedono che venga mantenuto.
Il neoeletto Governo, attraverso le parole del neoministro all’Agricoltura Gian Marco Centinaio e dell’Interno Matteo Salvini, ha annunciato l’intenzione di chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato commerciale tra Ue e Canada e “gli altri simili al Ceta, del resto è tutto previsto nel contratto di governo”, ha affermato Centinaio. Ma la Commissione europea è scettica rispetto alla vera volontà del Governo italiano di voler far cadere l’accordo.
In Parlamento, in realtà, i componenti dell’ex Intergruppo No Ceta si sono riattivati in vista della ricomposizione imminente delle commissioni: “Con la nuova legislatura, il capitolo della ratifica degli accordi commerciali tornerà alla ribalta – si legge in una lettera spedita a tutti i colleghi tra Camera e Senato dal deputato di Fi Paolo Russo e dalle senatrici M5S Elena Fattori e di LeU Loredana De Petris, già raccolta dal deputato di LeU Stefano Fassina e dalla presidente di Fdi Giorgia Meloni– e, anche se lascia ben sperare la posizione assunta dal ministro dell’Agricoltura, occorrerà riprendere i fili della questione per non disperdere il lavoro fatto fino ad oggi e soprattutto per fare in modo che emerga a chiare lettere e senza equivoci il motivo per il quale il fronte dell’indisponibilità ad accettare accordi calati dall’alto non si sgretola, anzi si rafforza”.
E’ importante battere un colpo significativo anche in vista del Consiglio europeo del 26 giugno 2018 dove dovrebbe atterrare per l’ok finale degli Stati membri il Jefta, il trattato di liberalizzazione degli scambi tra Ue e Giappone, che in volume vale il doppio del Ceta, un quarto del Pil globale, è stato negoziato in assoluta segretezza come il Ceta, e presenta le medesime criticità. Esso contiene, infatti, una minima difesa di appena 18 prodotti agroalimentari di qualità e non fa alcun riferimento all’obbligatorietà del rispetto del Principio di precauzione europeo. Crea, inoltre, dieci tavoli tra i regolatori dell’Ue e del Giappone in cui essi procederanno in autonomia e riservatezza a “semplificare” il commercio tra le due parti anche su questioni che riguardano le competenze nazionali come appalti pubblici, agricoltura, sicurezza alimentare, servizi, investimenti, commercio elettronico. Cosa già avvenuta come abbiamo verificato nel caso della prima riunione del Comitato per la sicurezza sanitaria e fitosanitaria convocato in ambito Ceta poche settimane fa.
Il Jefta, inoltre, semplifica gli iter di approvazione e sdoganamento delle merci, andando a limitare la capacità degli Stati europei di controllare le importazioni giapponesi di alimenti e mangimi, anche se ci sono molti casi già documentati di importazioni di mangimi Ogm illegali dal Giappone, il Paese con il più grande numero di colture Ogm autorizzate al mondo.
Il Jefta non è che il primo di una serie di trattati di cui la Commissione europea sta accelerando l’avvio o la conclusione, come quello con l’Australia e la Nuova Zelanda, che non passeranno dai Parlamenti nazionali. Una mossa che dovrebbe prevenire, nei piani della Commissione, lo stop ai negoziati in corso qualora la Corte europea di Giustizia accogliesse il ricorso del governo belga contro l’istituzione da parte del Ceta proprio grazie alle pagine sugli investimenti, di un “tribunale speciale” arbitrale (il cosiddetto Investor to state dispute settlement – Isds, o la sua versione rimaneggiata Investment court system-Ics) che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati senza tener conto della giustizia ordinaria di ciascun Paese, qualora una legge o decisione faccia problema ai suoi interessi. La prima udienza del processo si terrà a Strasburgo il 26 giugno prossimo, la sentenza si attende entro l’anno e potrebbe invalidare gran parte o parti di essi perché non compatibili con i trattati costitutivi dell’Unione stessa.
Ecco perché è importante fermare questo tipo di trattati commerciali e riaprire la partita delle liberalizzazioni in Europa: non per protezionismo o altra posizione ideologica, ma per decidere una volta per tutte se e come essere o meno coerenti con le regole che si sono scelte a fondamento dell’Unione. Da anni la società civile di tutta Europa, gli imprenditori responsabili, i lavoratori e i sindacati, gli ambientalisti, i cittadini consapevoli, chiedono al nostro Governo di scegliere da che parte stare, se con i diritti e il futuro o con i profitti di pochi. E’ arrivato il momento di dimostrarlo con i fatti.
*Portavoce della Campagna Stop TTIP/Stop CETA Italia
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Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato che l'Europa è consapevole che i suoi legami con gli Stati Uniti sono entrati in una "nuova fase", dopo aver partecipato a una riunione di emergenza sulla sicurezza con altri leader europei a Parigi. "Tutti a questo incontro sono consapevoli che le relazioni transatlantiche, l'alleanza Nato e la nostra amicizia con gli Stati Uniti sono entrate in una nuova fase. Lo vediamo tutti", ha detto Tusk ai giornalisti a Parigi.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha invitato gli Stati Uniti a fornire "una garanzia di sicurezza" in Ucraina, affermando che è "l'unico modo" per dissuadere la Russia dall'attaccare nuovamente il Paese.
"Sono pronto a prendere in considerazione un impegno delle forze britanniche sul terreno insieme ad altri se si raggiungerà un accordo di pace duraturo", ha dichiarato il leader, dopo un incontro di emergenza a Parigi con i suoi omologhi europei. “Ma deve esserci il sostegno degli Stati Uniti, perché una garanzia di sicurezza da parte degli Stati Uniti è l’unico modo per scoraggiare efficacemente la Russia dall’attaccare nuovamente l’Ucraina”, ha aggiunto.
Milano, 17 feb. (Adnkronos) - Luca Tomassini, ex rappresentante legale della Vetrya, che si era aggiudicata l'incarico per lo sviluppo dei servizi digital delle Olimpiadi e Paraolimpiadi Milano-Cortina 2026, si è presentato in procura a Milano e si è riservato di tornare per spiegare alcuni aspetti dell'inchiesta per turbativa d'asta e corruzione. Accompagnato dal difensore Giordano Balossi, l'indagato ha interloquito con i titolari dell'indagine - l'aggiunta Tiziana Siciliano e coi pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis - e si è riservato su un possibile interrogatorio più approfondito. Confronto atteso a breve e comunque prima della scadenza del termine delle indagini che è previsto per metà marzo.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato di voler creare un'agenzia speciale per la "partenza volontaria" dei residenti di Gaza, dopo l'impegno del primo ministro a rispettare il piano del presidente americano di prendere il controllo del territorio palestinese e di sfollarne gli abitanti.
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Almaty, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Sette persone sono rimaste intrappolate in una miniera di rame nel Kazakistan centrale a causa di un crollo. Lo hanno reso noto le autorità locali, aggiungendo che sono in corso le operazioni di soccorso. Secondo quanto riportato dai media kazaki, l'incidente è avvenuto a una profondità di circa 640 metri.
"A causa della rottura dei cavi, al momento non c'è comunicazione con i lavoratori", ha affermato in una nota il gestore della miniera, Kazakhmys. Non è stato specificato quando è avvenuto l'incidente, ma si è verificato presso lo stabilimento "Zhomart" dell'azienda, inaugurato nel 2006 nella regione centrale di Ulytau.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni ha lasciato il vertice di Parigi senza alcuna dichiarazione all'uscita. Per il momento non c'è una valutazione in chiaro da parte della presidente del Consiglio. Ma a Roma, a Montecitorio, le opposizioni incalzano e chiedono alla premier di venire in aula a chiarire in Parlamento cosa sta accadendo e quale è la linea dell'Italia nello sconquasso provocato dalle mosse dell'amministrazione Trump in Europa e sul fronte del conflitto ucraino. Pd, Movimento 5 Stelle e Avs si fanno portatori della richiesta. I 5 Stelle chiedono comunicazioni in aula con un voto.
"La presidente Meloni deve venire in aula a riferire su quanto sta accadendo. Su quella -dice Nicola Fratoianni- che potrebbe diventare la road map per una pace, per un cessate il fuoco, per un accordo in Ucraina. Si annuncia a Riad l'incontro tra la delegazione americana e quella russa. Un incontro in cui l'Europa non esiste e penso che questo sia un problema di cui il Parlamento, tutto il Parlamento, dovrebbe discutere. Non c'è tempo da perdere".
A nome del Pd parla il responsabile Esteri, Peppe Provenzano: "Giorgia Meloni deve venire in Aula, perché siamo alla fine del mondo di ieri", esordisce. "Gli alleati che ci avevano aiutato a liberarci dall'abisso del nazifascismo, oggi spalleggiano gli estremisti di destra, nostalgici del nazismo, in Germania. L'idea di escludere l'Europa dal negoziato per la pace in Ucraina è un attacco diretto al nostro continente". Di fronte a tutto questo, incalzano i dem, la premier "deve dirci da che parte vuole stare". Provenzano richiama "l'improvvida solitaria presenza della premier alla cerimonia giuramento di Trump", modo per sottolineare un "rapporto privilegiato" con la nuova amministrazione. Ma "in pochi giorni si è aperta una voragine nell'Atlantico" E "l'Italia deve scegliere da che parte stare. Il governo deve dirci da che parte vuole stare. Se partecipare al rilancio di un necessario protagonismo dell'Europa o continuare a stare dalla parte di chi vuole picconare la nostra costruzione comune".
E se il Pd conferma la linea del supporto a Kiev insieme alla richiesta di uno sforzo diplomatico europeo, i 5 Stelle rivendicano di sostenere "da tempo che andava trovata una soluzione diplomatica". Fino "a pochi mesi fa la premier Meloni diceva che con Putin era inutile parlare. Mi chiedo se ora direbbe lo stesso anche a Trump. Vogliamo delle comunicazioni del governo sulle novità della situazione ucraina, e le vogliamo con voto. Vorremmo sentire almeno per una volta Giorgia Meloni. La aspettiamo''.
Sul punto è poi tornato anche il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi, quando tutta l'aula si è alzata per una standing ovation in solidarietà al presidente Sergio Mattarella per gli attacchi subiti da parte del governo russo. Ricciardi nel dare solidarietà sottolinea però che il passaggio fatto dal capo dello Stato a Marsiglia, "che sicuramente è stato male interpretato, è un passaggio che noi non avremmo fatto perché dà la leva alla narrazione che da più due anni si sta facendo in Italia e in Europa, che giustifica il continuo invio di armi per continuare una guerra che ora si rendono tutti conto dovrà arrivare a una trattativa".
A stretto giro la replica in aula del capogruppo Fdi, Galeazzo Bignami: "Sono maldestri i tentativi di qualcuno di aprire, anche su questo, una distinzione che non ha ragione d’essere perché ci sarà tempo e modo di poter discutere se la trattiva di pace” sull’Ucraina “si aprirà grazie magari all’invio delle brigate del reddito di cittadinanza o grazie al fatto che qualcuno è stato al fianco di Kiev, grazie alla postura di questo governo, in continuità anche rispetto a quando voi avevate votato a favore dell’invio di armi".
Riad, 7 feb. (Adnkronos/Afp) - La delegazione russa, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, è arrivata in Arabia Saudita per colloqui di alto livello con funzionari statunitensi. Lo ha riferito la televisione di Stato russa.
Il canale di notizie Rossiya 24 ha mostrato i funzionari sbarcare da un aereo nella capitale saudita Riad. "La cosa principale è iniziare una vera normalizzazione delle relazioni tra noi e Washington", ha detto Ushakov a un giornalista dopo l'atterraggio.