Confusione. Mancanza di direttive certe. Rischi di nuove azioni legali. La questione migranti negli Stati Uniti sta diventando un problema di difficilissima gestione per l’amministrazione Usa. L’ordine esecutivo emesso da Donald Trump mercoledì scorso ha forse disinnescato parte delle polemiche, ma non ha fatto quasi nulla per risolvere la crisi dei migranti. Fonti della Casa Bianca descrivono un presidente al tempo stesso confuso e sprezzante. Trump avrebbe più volte cambiato idea sulla necessità e sulla forma dell’ordine esecutivo. A un certo punto, i suoi avvocati gli avrebbero dovuto spiegare che l’ordine esecutivo non poteva cambiare la legge sull’immigrazione Usa (come invece Trump voleva). Al tempo stesso, nonostante la scelta di riunificare le famiglie, la Casa Bianca continua a rivendicare la “tolleranza zero”. “Non possiamo consentire che il nostro Paese sia retto da migranti illegali, mentre i democratici raccontano le loro storie farlocche di tristezza e dolore”, ha scritto Trump in un tweet.

In realtà, la situazione è molto più complessa di quanto le stesse autorità dell’amministrazione pensassero in un primo tempo. Ci sono anzitutto i problemi legali. Venerdì Kevin K. McAleenan, responsabile della Customs and Border Protection, è arrivato alla Casa Bianca e ha messo sul tavolo il problema più urgente. Come detenere adulti e minori indefinitamente – secondo le disposizioni del Dipartimento alla Giustizia – quando una legge del 1997 obbliga a rilasciare i minori dopo 20 giorni? Cosa succederà dopo quei 20 giorni? Le famiglie verranno di nuovo separate? I minori dove verranno mandati? C’è poi il tema della gestione della macchina della “tolleranza zero”. L’arrivo dei migranti dal confine meridionale e la loro detenzione, senza eccezioni, richiede un enorme impiego di forze. Il mese scorso il Dipartimento alla Giustizia ha inviato 35 nuovi procuratori per gestire i casi di immigrazione illegale al confine sud-ovest. Il Dipartimento alla Difesa ha aggiunto altri 21 avvocati. Ma le cause si accumulano a una velocità impressionante e i tribunali non riescono a starci dietro. Secondo la Syracuse University, a maggio c’erano 700mila procedimenti da evadere. Un migrante accusato di entrata illegale negli Stati Uniti dovrà attendere anche fino al 2021 prima che il suo caso venga considerato. Questo significa, tra l’altro, dotarsi di campi sempre più numerosi e vasti per detenere gli illegali e i loro figli. Un portavoce del Pentagono ha spiegato che l’esercito si prepara a ospitare almeno 20mila minori in quattro strutture: a Little Rock, El Paso, San Angelo e Abilene. Non si sa però se gli adulti, famiglie e genitori, saranno ospitati nelle stesse strutture.

C’è poi l’altra, enorme questione dei ricongiungimenti. L’ordine esecutivo di mercoledì ha imposto di mettere fine alla separazione tra adulti e minori (sono circa 2.300 i bambini strappati alle famiglie al momento dell’entrata negli Stati Uniti e inviati in strutture gestite dallo Health and Human Services Department). Funzionari dell’amministrazione spiegano che si sta finalizzando il processo per far sapere alle famiglie dove sono stati inviati i bambini. Il problema è che il processo non sembra funzionare al meglio. Sono pochissimi i casi di minori già ricongiunti alle famiglie. I bambini – alcuni di questi hanno solo nove mesi – sono stati inviati in centri lontani dal confine: in Michigan, New York, South Carolina. Le strutture sono molte, oltre cento, distribuite in diciassette stati. Secondo avvocati e gruppi per i diritti civili, le autorità dell’amministrazione non starebbero facendo molto per favorire i ricongiungimenti. Jodi Goodwin, un’avvocata di Garlingen, Texas, ha spiegato che soltanto due tra i suoi clienti, su venticinque, hanno potuto contattare i figli. Nessuno comunque sa dove i minori siano ospitati. “Ho clienti che sono detenuti da due settimane e mezzo e non sanno esattamente dove si trovino i figli”. Ai migranti detenuti non viene fornito un numero di telefono da chiamare per avere le informazioni necessarie. Il risultato è che molti minori vengono ospitati chissà dove e il loro ritorno con le famiglie rimandato indefinitamente.

Altro problema. Ci sono città che non sapevano neppure di ospitare strutture detentive per i minori. E’ per esempio il caso di New York. Qui sono stati aperti centri – per esempio il Cayuga Center di Harlem – senza che le autorità federali informassero il sindaco Bill De Blasio. Ci sono centinaia di minori detenuti in città. Non si tratta soltanto di quelli separati dalle famiglie nei due mesi appena trascorsi. Si tratta di centinaia di minori, che hanno attraversato il confine da soli e che ora sono qui raccolti. Le cifre dello Health and Human Services Department dicono che l’81 per cento dei minori che attraversano il confine lo fa non accompagnato. Il 79 per cento di questi ha dai 13 anni in su. Sono ragazzi e ragazze che vengono arrestati, condotti nei centri, dove però possono restare fino al compimento del diciottesimo anno, per essere eventualmente espulsi. Si deve dunque provvedere per anni al loro sostentamento, alla loro educazione. In queste settimane si sono diffuse storie di bambini arrestati, ammanettati, trattati con calmanti e sedativi spacciati per vitamine. Molti dei centri che li ospitano sono a gestione privata, retti spesso da organizzazioni religiose. Non sempre gli standard sanitari sono all’altezza. Cimici e pidocchi infestano aule e dormitori. Frequenti i casi di bambini affetti da depressione e altre patologie legate alla salute mentale. Il sindaco di New York, De Blasio, ha espresso tutta la sua frustrazione con una frase: “Ora diciamo basta a questa politica fallimentare e inumana”.

Questi sono solo alcuni dei problemi più urgenti che la “tolleranza zero” e una politica quasi unicamente fondata sulla repressione e criminalizzazione dell’immigrazione hanno provocato. Ce ne sarebbero molti altri. Per esempio, c’è il fenomeno delle famiglie che al momento dell’espulsione decidono di lasciare negli Stati Uniti i figli minori. Meglio essere ospitati nelle strutture del governo Usa, dove comunque vengono forniti educazione e sostentamento, piuttosto che tornare nei Paesi d’origine. Per questi bambini si apre un futuro incerto. Forse l’espulsione, al compimento del diciottesimo anno d’età, forse la concessione del diritto d’asilo. In ogni caso, migliaia di nuove storie iniziano il loro percorso lento e incerto nel sistema giudiziario e nella società americana. Il Dipartimento alla Giustizia spiega che “non c’è alcun cambiamento alla linea sin qui seguita”; in realtà il sistema appare in forte sofferenza, poco capace di reggere l’urto degli arrivi e degli arresti. In tutto questo, Trump ha di nuovo cambiato posizione. Dopo avere, per mesi, chiesto al Congresso una nuova legge sull’immigrazione, ha ora ingiunto ai repubblicani di “non perdere tempo” e di rimandare la sua approvazione dopo “l’ondata rossa”, la vittoria del suo partito alle elezioni di midterm. Se la vittoria, a novembre, non pare certa, è invece certo il caos in cui la questione migranti sta sempre più affondando.

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