Le recenti dichiarazioni di Emmanuel Macron e Angela Merkel “sono un segno importante della volontà dei due maggiori Paesi della eurozona di riformare l’Unione monetaria. La trattativa che si svolgerà durante l’incontro dei capi di governo la prossima settimana è quindi un momento da non sottovalutare e a cui l’Italia deve partecipare con una strategia chiara“. A scriverlo sono gli economisti Francesco Giavazzi, Lucrezia Reichlin e Luigi Zingales, in una lettera indirizzata al premier Giuseppe Conte e pubblicata sul Corriere della Sera in vista del Consiglio europeo in programma a Bruxelles il 28 e 29 giugno.
Sul tavolo dei 28 leader c’è infatti la proposta franco-tedesca di riforma dell’Unione monetaria, che secondo gli economisti è “un primo passo, certamente ancora incompleto, per migliorare il funzionamento dell’eurozona e dotarla degli strumenti necessari ad affrontare una crisi. Ma è un passo avanti dopo sei anni in cui i progressi sono stati pressoché inesistenti”. Per questo, spiegano Giavazzi, Reichlin e Zingales, “è cruciale per l’Italia entrare attivamente e in modo costruttivo nel negoziato politico e tecnico della prossima settimana, e in quelli che seguiranno”.
Nella lettera gli economisti evidenziano i quattro punti fondamentali della riforma. In primo luogo il bilancio dell’eurozona, per cui “si afferma per la prima volta la necessità di un meccanismo comune che serva a trasferire temporaneamente risorse a quei Paesi che hanno subito impatti ciclici più negativi di altri”. Poi l’Assicurazione comune alla disoccupazione, “una novità che introduce il principio della condivisione del rischio ciclico e va sostenuta”, dichiarano gli economisti.
Punto cruciale il Fondo di stabilità, in cui “ci sono progressi ma anche insidie”: sono giudicate in modo positivo l’eliminazione della regola dell’unanimità per le decisioni comunitarie e l’ipotesi di aprire “linee di credito precauzionali” per i Paesi in difficoltà “previa valutazione della sostenibilità delle politiche del Paese in questione, ma senza richiedere un vero e proprio programma”. Considerata rischiosa, invece, la proposta “di introdurre maggiore trasparenza nell’analisi di sostenibilità del debito” di una Nazione, perché secondo gli economisti “è cruciale affermare il principio che i criteri di sostenibilità del debito devono basarsi su variabili storiche e non prospettiche, per evitare – si legge ancora nella lettera – che una paura del mercato si trasformi in una condanna, come successe all’Italia nel 2011“.
A chiudere le linee principali del progetto di riforma sottolineate da Giavazzi, Reichlin e Zingales c’è l’Unione bancaria e dei mercati dei capitali, giudicata “al di sotto delle aspettative. Si afferma la volontà di far sì che l’Esm (il Meccanismo europeo di stabilità) possa erogare una linea di credito che alimenti il fondo di ricapitalizzazione delle banche, ma si condiziona l’introduzione di questo strumento ad una sostanziale riduzione del rischio delle banche in termini di crediti deteriorati ed altri criteri che non si specificano chiaramente. Si nega quindi che il principio che riduzione e condivisione del rischio debbano procedere insieme”.