Valutare gli effetti a livello locale del patto di governo tra Lega e 5 stelle, vedere se la destra (o meglio il Carroccio) sfonda in Toscana e se i democratici riescono a risollevarsi o almeno a reggere il colpo. Ma anche testare la tenuta dei 5 stelle nei Comuni (pochi) in cui sono arrivati al secondo turno. I ballottaggi del 24 giugno non sono un test definitivo per la politica nazionale, ma di sicuro possono lanciare qualche segnale ai partiti nell’era dell’esecutivo Conte. L’Italia che si prepara alle vacanze torna al voto per scegliere il sindaco o la sindaca: 2 milioni e 793mila elettori oggi sono chiamati alle urne in 75 comuni e nel terzo municipio di Roma. Si vota in quattordici capoluoghi di provincia: Ancona – che è anche l’unico capoluogo di regione – Avellino, Brindisi, Imperia, Massa, Messina, Pisa, Ragusa, Siena, Siracusa, Sondrio, Terni, Trapani e Viterbo.
Se si guardano i grandi comuni, in 29 casi è avanti il centrodestra e in 20 il centrosinistra. I 5 stelle sono al ballottaggio in 7 comuni, di cui i principali sono Ragusa, Avellino, Imola e Terni. L’attenzione è alta soprattutto in Toscana dove il centrodestra, Salvini in testa, punta a strappare le storiche roccaforti guidate tradizionalmente dal centrosinistra. Ma anche a Imola, dove la sinistra governa da oltre 70 anni e la sfida è tra due candidate: Carmen Cappello, del centrosinistra, arrivata al 42% al primo turno e Manuela Sangiorgi dell’M5s al 29,3 per cento. Ci sono poi Terni, dove lo scontro è tra gli alleati di governo Lega e 5 stelle, e Avellino, dove invece gli ex Dc hanno scelto di “turarsi il naso” e sostenere i grillini. Corre persino e di nuovo l’ex ministro Claudio Scajola a Imperia, dove dice di battersi “contro le lobby di potere” e di fatto dovrà vedersela con il candidato del governatore azzurro Toti. Insomma facce nuove, ma anche tante vecchie conoscenze.
Quello che è sicuro, come evidenziato dal report dell’Istituto Cattaneo, è che sono in netto calo ai ballottaggi le sfide “classiche”, ovvero quelle fra centrodestra e centrosinistra. Se fino a qualche anno fa queste sfide bipolari erano, in alcuni casi, più dell’80% del totale, oggi sono soltanto il 56,6%. Ma questo non perché c’è stata l’irruzione sulla scena politica del Movimento 5 stelle, che sarà al ballottaggio solo in 7 dei 76 ballottaggi. In altri 17 casi, infatti, a sfidare il centrodestra o il centrosinistra saranno candidati di liste civiche. Certo è che il Movimento 5 stelle, rileva il Cattaneo analizzando la serie storica degli ultimi anni, ha un rapporto particolare con i ballottaggi per il sindaco: fa molta fatica ad arrivarci, ma quando ci arriva parte favorito. Nel periodo 2010-2017 i casi di rimonte (ovvero quando il candidato arrivato secondo al primo turno ha poi vinto il ballottaggio) sono stati circa il 30% dei ballottaggi. Una percentuale che però raddoppia quando il secondo arrivato è un candidato del M5s che sfida un esponente del centrodestra o del centrosinistra. Il Cattaneo ha anche evidenziato i casi dove il risultato per questa tornata è più incerto: in testa Ragusa, poi Siena, Pisa, Messina e Brindisi. Tra i più scontati: Avellino, Ancora e Terni. Vediamo le sfide principali caso per caso.
Siena (e Toscana) – Salvini spera di spazzare via “i cinquant’anni di sinistra”
Occhi puntanti sulla Regione Toscana, ex storica roccaforte della sinistra, dove il centrodestra e soprattutto il Carroccio sperano di insinuarsi. Il ministro dell’Interno ha passato gli ultimi giorni di campagna elettorale in queste zone: “Il voto”, ha detto ad esempio parlando con i giornalisti al termine di un comizio a Campi Bisenzio (Firenze), “è importante per i cittadini, per cambiare, per portare aria pulita, novità, concretezza e trasparenza dopo cinquant’anni di sinistra che ha combinate di tutti i colori, da Siena a Campi Bisenzio a Pisa”.
A Siena in particolare, città colpita dalle vicende legate al Monte dei Paschi, e dove il Movimento 5 stelle non è riuscito a trovare la quadra per presentare il suo candidato, la sfida è tra centrosinistra e centrodestra: da una parte il sindaco uscente Bruno Valentini (27,4 per cento al primo turno) e dall’altra Luigi De Mossi (24,2%). A sostegno di entrambi fin dall’inizio una lista civica ciascuno, “In Campo” con Valentini e “Voltiamo Pagina” con De Mossi. Ma domenica 24 giugno a dare manforte al sindaco uscente sarà un ex sindaco: Pierluigi Piccini. Anche lui si era candidato arrivando terzo al primo turno (21,3%), ma registrando con la sua lista civica “Per Siena” il maggior numero di preferenze (19,5%). Nella settimana che porta alle nuove urne Piccini ha siglato l’accordo con Valentini con un apparentamento che potrebbe rivelarsi cruciale nell’esito elettorale: l’ex sindaco, ex iscritto al Pci e poi ai Ds, ha dimostrato di avere ancora molto seguito in città. Nessun apparentamento invece per De Mossi che punta sul tracollo del Pd sceso al 18% cedendo il trono di primo partito e, soprattutto, spera nell’onda lunga della crescita di consenso per la Lega in Italia.
Imola – La sinistra al ballottaggio dopo 70 anni e i 5 stelle sperano nella rimonta
Il centrosinistra a brandelli sogna di ripartire dalla Romagna. Qui per la prima volta dopo 70 anni, la sinistra non ha vinto al primo turno e ora la sfida è tra la democratica Carmen Cappello (42% al primo turno) e la grillina Manuela Sangiorgi (29,3 per cento). I grillini sperano nell’effetto pigliatutto e di riuscire a ribaltare il risultato. In sostegno della candidata 5 stelle è intervenuta anche la prima cittadina di Torino Chiara Appendino: “Da quanto ho capito e da come me l’hanno raccontato c’è una grossa similitudine tra qui e Torino, dove ha governato per 30 anni il centrosinistra. C’era un sistema e quando ti proponi per cambiare il sistema non esiste l’interruttore on-off. Bisogna riuscire a governare la transizione e questa è la cosa più difficile. Ci vuole una grande forza e sono sicura che lei ce l’ha. E’ molto determinata”. Appendino ha anche ricordato che Sangiorgi “ha presentato la squadra prima, e credo sia una risposta di trasparenza nei confronti dell’elettorato. E ha basato la campagna elettorale sul suo programma e chi vuole il cambiamento non può che trovarlo in lei”. Per i dem invece è arrivato, durante la campagna elettorale, addirittura il segretario reggente Maurizio Martina: “E’ importante che città come queste che sono città forti, non seguano dei percorsi rischiosi come quelli che abbiamo visto in altre realtà. Io credo nel buon Governo proposto dal centrosinistra, nelle novità proposte dal centrosinistra qui a Imola e quindi siamo qui a dare il nostro contributo”.
Terni – Lega contro i 5 stelle, la sfida tra alleati di governo (qui il reportage del Fatto Quotidiano)
Gli alleati di governo si sfidano direttamente a Terni in Umbria, dove il candidato leghista Leonardo Latini ha perso il primo turno per una manciata di voti (49,22%) e ora se la gioca con il grillino Thomas De Luca (24,4%). Si è invece fermato al 14,99 Paolo Angeletti candidato del Pd (12,57%) e del centrosinistra che aveva guidato la città per 19 anni. I dem, in una nota diffusa a pochi giorni dal secondo turno, hanno detto che saranno “equidistanti” dai due candidati e “non daranno indicazione alcuna su come esprimere il proprio diritto di voto”: “Anche in coerenza con la linea democratica nazionale, il Partito democratico di Terni sottolinea il suo essere alternativo politicamente e culturalmente sia alla coalizione di centrodestra a trazione leghista, sia al Movimento 5 stelle”.
In Umbria si vota anche a Spoleto, dove il ballottaggio è tra Umberto De Augustinis, candidato del centrodestra che al primo turno ha ottenuto il 37,21% dei voti, e Camilla Laureti, centrosinistra, 33,94 al primo turno, sostenuta anche da Maria Elena Bececco (25,53). Infine per diventare sindaco di Umbertide sono in corsa Paola Avorio, centrosinistra 25,37, e Luca Carizia, centrodestra, 21,69.
Brindisi, sfida tra Forza Italia e centrosinistra. Lega: “Non votate Fi”
Nel capoluogo pugliese, chiamato al voto per la terza volta in sei anni, dopo un sindaco arrestato per corruzione (e condannato a 4 anni e 4 mesi) e una giunta durata appena 11 mesi, si sfidano Roberto Cavalera, candidato di Forza Italia, e il civico di sinistra Riccardo Rossi, sostenuto da Pd, Leu, Brindisi Bene Comune e una lista di Under 35. Parte in vantaggio Cavalera, che ha dalla sua anche diverse civiche – nelle quali sono confluiti quasi tutti i sostenitori delle precedenti giunte crollate tra scandali e liti – e il Partito Repubblicano italiano. Che qui sembra essere risorto, avendo raggiunto l’8,55% grazie al lavoro dell’ex sindaco Giovanni Antonino, travolto dalle accuse di tangenti nel 2003 (ha patteggiato 3 anni e 9 mesi) e tornato sulla scena politica attraverso il figlio, capace di raccogliere oltre 1.800 preferenze al primo turno. Presenze e ombre del passato che hanno spinto il candidato sindaco della Lega, Massimo Ciullo, scelto da Matteo Salvini a Capodanno, a dichiarare: “Non votate Cavalera”. Resta Rossi, che deve recuperare 5mila voti e ha puntato tutto sul “passato contro il futuro”, potendo contare in caso di vittoria su 15 “facce” nuove su 20 nella propria maggioranza in consiglio comunale. “Dall’altra parte, ci sono tutti i soliti noti”, ha detto più e più volte nelle ultime due settimane. “Rossi dovrà dire sì a Emiliano”, ha risposto Cavalera cavalcando il malumore della città nei confronti del presidente della Regione Puglia. Durante la campagna elettorale, però, il governatore non si è mai visto a Brindisi, come pure i vertici nazionali del Pd. Si dice, addirittura, che la segreteria comunale abbia risposto “no, grazie” al reggente Maurizio Martina che voleva arrivare in Puglia per sostenere la candidatura di Rossi.
Sicilia, i 5 stelle sperano di reggere a Ragusa. A Messina guerra nel centrodestra
Sono tre i capoluoghi di provincia siciliani al ballottaggio: Messina, Ragusa e Siracusa sono le città dove nessun candidato è riuscito a superare al primo turno la soglia del 40 per cento necessaria per l’elezione. Nella città dello Stretto, che nella sfida a sette del primo turno ha bocciato il sindaco uscente Renato Accorinti con solo il 14,21% dei voti, la partita si gioca nel campo del centrodestra, o quasi. Dino Bramanti, sostenuto da Lega, Fdi, Forza Italia, DiventeràBellissima e Popolari autonomisti, sfiderà il deputato regionale, eletto nella fila dell’Udc ma poi passato al gruppo misto, Cateno De Luca: 33683 voti per Bramanti al primo turno (28,26%) e 23616 (19,81%) per De Luca. Quest’ultimo ha conquistato notorietà nazionale nel novembre scorso quando era stato arrestato due giorni dopo l’elezione al consiglio regionale per evasione fiscale. Tornato libero dopo la revoca dei domiciliari, si era fatto immortalare mentre suonava la zampogna all’Assemblea regionale siciliana.
A Ragusa gioca in difesa il M5s che, dopo cinque anni di amministrazione e la decisione del sindaco Federico Piccitto di non ricandidarsi, cercherà di mantenere la fascia tricolore. Antonio Tringali, per il quale sono arrivati in Sicilia sia il vicepremier Luigi Di Maio che il ministro per il Sud Barbara Lezzi, sfiderà Giuseppe Cassì, gloria del basket ragusano, alla sua prima esperienza politica e che potrà contare sul sostegno di Fdi. Fra i due, al primo turno, uno stacco di appena 647 voti: 7942 per Tringali, 7295 per Cassì.
A Siracusa la sfida è tra il candidato del centrodestra Paolo Ezechia Reale, ex assessore nel 2014 nel governo Crocetta, e Francesco Italia, vice sindaco uscente. Elezioni, quelle di Siracusa, che hanno visto il centrodestra spaccarsi con tre candidati sindaci al primo turno: Reale, sostenuto da Forza Italia e Fdi, Fabio Granata candidato di DiventeràBellisima e Francesco Midolo di Noi con Salvini. Frattura che è costata all’ex assessore la mancata elezione a primo turno con il 37,1% delle preferenze. Adesso Reale se la dovrà vedere con Italia che il 10 giugno ha ottenuto il 19,62% dei voti e al ballottaggio potrà contare sull’appoggio di tre candidati sindaci sconfitti: Fabio Moschella (candidato del Pd), Giovanni Randazzo e Fabio Granata di DiventeràBellissima.
Ancona, i dem cercano la conferma dopo lo choc delle elezioni nazionali
Unico capoluogo di regione dove si va al ballottaggio per eleggere il nuovo sindaco, qui lo scontro è tra la prima cittadina uscente Pd Valeria Mancinelli, sostenuta dal centrosinistra (48% al primo turno) e il candidato civico sostenuto dal centrodestra Stefano Tombolini (28,4%). Una sfida che ha tutto il sapore di un test politico, dopo il voto del 4 marzo, che ha visto l’avanzata travolgente di M5s in tutte le Marche e l’affermazione della Lega e in vista delle regionali del 2020. Ad Ancona, guidata da 25 anni a questa parte da Pds, Ds, Pd, Il Pd ha retto al primo turno, distanziando Tombolini, che ha tentato, sinora invano, di apparentarsi con i pentastellati e il candidato della sinistra.
Imperia, l’ex ministro di Berlusconi Scajola contro il suo ex delfino
Sfida fratricida tutta interna al centrodestra a Imperia, dove l’ex ministro del governo Berlusconi Claudio Scajola (che si presenta con una lista civica) arrivato al 35,3% se la vedrà col suo ex delfino Luca Lanteri (centrodestra e modello Toti) al 28,7%. “Mi candido a essere sindaco di Imperia con un progetto che è completamente civico”, ha detto Scajola, “slegato da qualunque sigla partitica e distante da tutte le piccole o grandi lobby di potere locale. Io intendo metterci impegno, tenacia, esperienza, determinazione, autorevolezza, decisionismo, e molto, molto amore”. Scajola corre da solo con l’appoggio di liste civiche e, qualora vincesse, diventerebbe sindaco di Imperia per la terza volta.
Avellino, i 5 stelle contro il centrosinistra. Con il sostegno della destra (qui il reportage del Fatto Quotidiano)
Nello Pizza (cs) al 42,9% se la deve vedere con Vincenzo Ciampi (M5s) 20,2% col quale si sono schierate due liste civiche una riconducibile all’ex candidato Luca Cirpiano ex Pd e l’altra Dino Preziosi ex manager della società si trasporto pubblico della Regione; con il M5s anche Sabino Morano, candidato per il centrodestra che si è piazzato al terzo posto con appena il 10% dei voti. Ma il coordinatore provinciale di Forza Italia ha preso le distanze da questa decisione considerata “a titolo personale”, e ha lasciato libertà di voto agli iscritti.