Operazione della Digos e del Ros, coordinati dalla procura di Napoli. L'uomo bloccato nei giorni scorsi era sbarcato in Sicilia ed era arrivato a Napoli dopo essere passato per la Puglia. Secondo gli inquirenti era pericoloso e pronto a colpire sul territorio italiano. L'indagine è il seguito dell'operazione che ad aprile portò al fermo di un altro giovane
Era stato addestrato nei campi della Libia per colpire. Per portare a termine azioni terroristiche, usare armi da fuoco, esplosivi, coltelli, e uccidere con gli automezzi. Si chiama Sillah Osman il gambiano fermato nei giorni scorsi dal Dipartimento antiterrorismo della Procura di Napoli grazie alle indagini della Digos e dei Ros coordinate dal pm Gianfranco Scarfò. Il decreto di fermo è statao convalidato dal gip. Osman, 34 anni, bloccato nei giorni scorsi, era sbarcato in Sicilia ed era arrivato a Napoli dopo essere passato per la Puglia. Secondo gli inquirenti era pericoloso e pronto a colpire sul territorio italiano. Secondo gli inquirenti l’uomo. arrivato in Italia nel dicembre del 2016 già radicalizzato, nei giorni precedenti al fermo è stato in preda “a un delirio religioso”. Chi indaga ha accertato che aveva assunto sostanze stupefacenti. Come alcuni degli attentatori che hanno colpito nel resto d’Europa e poi “adottati” da Isis come loro soldati. Intercettato al telefono con la sua compagna l’uomo le aveva detto: “Sono un soldato di Dio“.
Gli inquirenti: “Progetto di attentato in Spagna o Francia”
Al nuovo arresto si è arrivati anche grazie alla collaborazione di un altro gambiano. L’indagine, infatti, è il seguito dell’operazione che portò al fermo il 2o aprile scorso di Alagie Touray, 21 anni. Il giovane (nella foto), stando alle indagini, doveva lanciarsi con un’auto contro la folla e aveva ricevuto l’ordine di uccidere come già avvenuto in altri attentati nel resto d’Europa da Nizza a Berlino. Osman e Touray, secondo gli inquirenti, dovevano compiere un attentato in Spagna o Francia.
Touray, titolare di un foglio di soggiorno provvisorio, era stato bloccato all’uscita della moschea di Licola. Aveva chiesto asilo politico ma la pratica per la concessione era ancora in valutazione. Il fermo dell’uomo era stato convalidato dal gip il 26 aprile che aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa “di partecipazione all’associazione terroristica denominata Islamic State o Daesh”. All’uomo era stato trovato anche un video in giurava fedeltà all’Isis e al califfo Al Baghdadi. Quel filmato era stato pubblicato su Telegram, e sempre tramite Telegram il ragazzo avrebbe ricevuto l’ordine di attivare l’attentato. “Giuro di prestare fedeltà al Califfo dei musulmani Abu Bakr Al Quaraishi Al Baghdadi, nei momenti difficili e facili, nel mese di Rajab giorno 2 e Allah è testimone di quello che dico” la formula del giuramento. Osman però, stando alle nuove indagini, non avrebbe prestato giuramento di fedeltà al Califfato. Anche a lui è consteatato il reato di “partecipazione all’associazione terroristica denominata Islamic State o Daesh”.
La segnalazione all’Italia dell’intelligence spagnola
Per quanto riguarda Touray le indagini avevano permesso di ricostruire i suoi spostamenti: era sbarcato a Messina con altre centinaia di migranti il 22 marzo 2017, partiti dalla Libia, e da un anno risiedeva a Pozzuoli (Napoli). Il ragazzo aveva spiegato che non intendeva dar corso alla richiesta arrivati gli attraverso il social network Telegram, ma tra gli elementi contro Touray anche la richiesta di una chat i confratelli islamici di pregare per lui. “Sono in missione”, scriveva. L’inchiesta era partita da una segnalazione dell’intelligence spagnola. Le autorità di Madrid avevano scoperto su Telegram il video del giuramento di fedeltà al califfo girato dal giovane. Dal suo telefonino aveva cancellato il video, che però è stato recuperato dagli esperti informatici.
Militanti di Isis addestrati nei campi libici
Gli inquirenti sottolineano come il dato nuovo sia l’arresto di due uomini considerati due militanti di Isis e non di foreign fighter come avvenuto in passato. L’arresto del “fratello Touray” fu anche pubblicato dalla rivista che fa diretto riferimento ai terroristi dello Stato islamico. Nei campi libici, secondo la Procura guidata da Giovanni Melillo, c’era un database in cui si registravano i nomi dei partecipanti. Quindi qualcuno sa i nomi di chi ha partecipato agli addestramenti e dove si trova ora. L’ipotesi è che i due indagati lavorassero “a un progetto terroristico in Francia o in Spagna“. Anche Touray, ed è una novità rispetto a quanto ricostruito in aprile, sarebbe stato addestrato in un campo in Libia.